La costruzione della fortezza veneta risale alla fine del 1500 / primi anni del 1600 e fu decisa per tutelare i confini orientali della Serenissima contro le scorrerie dei Turchi e le continue pressioni della Contea di Gorizia e quindi dell’Austria, una volta perduta definitivamente la fortezza di Gradisca, poderosa struttura veneta anch’essa, che gli stessi Turchi, quando giunsero sino alle porte di Vienna non osarono attaccare e che i veneti non riuscirono più a riconquistare, pur possedendone i piani, dopo averla dovuta cedere agli “arciducali” (Austria) con i quali erano frequentissime delle “pesanti” scaramucce di confine. Molto interessante è il confronto tra i due sistemi difensivi di Gradisca e Palma ad un secolo di “differenza progettuale” (fine 1400 per Gradisca). Conviene visitarli entrambi vista la breve distanza tra le due strutture.
Palmanova, a
differenza della stragrande maggioranza delle altre città murate, che nascono
dapprima come nuclei abitativi che vengono fortificati in un secondo momento,
viene progettata come vera e propria formidabile “macchina da guerra”
finalizzata in primo luogo alla funzione di fortezza imprendibile ed in
subordine a centro abitato (che ovviamente ci doveva essere per poter
accogliere una guarnigione stabile in maniera confortevole).
Palmanova, che
tra gli architetti costruttori ha visto anche lo Scamozzi, che, al servizio dei
Gonzaga progettò anche la piazzaforte di Sabbioneta (MN), è stata un’opera
altamente innovativa dal punto di vista militare, di concezione incredibilmente
avanzata per l’epoca e deriva dalle esperienze che la Serenissima si era fatte
nelle strutture difensive di Gradisca, dei suoi possedimenti in oriente (fortezze
di Nicosia e Famagosta) ed in Dalmazia (fortezza di Curzola). Nell’ideazione di
Palma sparisce del tutto il concetto strategico bimillenario (dalle fortezze
preromane a quelle medioevali) della necessità di “dominare il territorio
circostante con mura poderose a vista” in quanto la potenza delle artiglierie,
ormai sufficientemente evolute da distruggere qualsiasi struttura visibile,
aveva reso obsoleto tale concetto.
L’idea
fondamentale del Savorgnan, progettista di Palmanova era quella della
“sorpresa” (sgradevole per eventuali aggressori) di trovarsi di fronte ad un
sistema difensivo totalmente invisibile dal piano di campagna (e quindi
impossibile a studiarsi in precedenza) in quanto costruito tutto più in basso
di esso (la ricognizione aerea non esisteva), che non offrisse alcun bersaglio
alle artiglierie e dove i difensori potessero muoversi e spostarsi per “linee
interne” con tutte le attrezzature (cavalleria già montata ed artiglierie
comprese) in qualsiasi punto della struttura dalle difese più interne alle opere
più esterne senza esser visti o correre il rischio di venir colpiti.
Palmanova, una
delle prime strutture (e praticamente la più antica rimasta intatta) a mettere
in pratica la teoria rinascimentale della “fortezza poligonale”, fece “scuola” in
tutta Europa: dapprima se ne ispirarono gli architetti militari di Filippo II
di Spagna (cittadelle poligonali di Pamplona e di Jaca) ed in seguito anche il
grande architetto militare di Luigi XIV Sebastien Le Prestre Marchese di
Vauban, che ai suoi tempi era considerato un genio dell’arte fortificatoria ed
ossidionale (tecniche d’assedio, tecnicamente note nel loro insieme con il
termine di “poliorcetica”), ben cent’anni dopo se ne ispirò ampiamente per le
fortezze da lui progettate (Neuf Brisach in Alsazia) limitandosi semplicemente
a migliorarne i concetti (come ben si sa, un qualsiasi prototipo ha sempre
bisogno di perfezionamenti e nel frattempo gli armamenti subiscono comunque
un’evoluzione della quale va tenuto gran conto nella progettazione di
successive strutture difensive).
Tantissime furono
le fortezze erette in Francia, Germania, e nel nord Europa (XVIII sec) quali ad
esempio Fredericia (DK) che presero a modello le strutture poligonali a tiro
radente con le ultime realizzazioni di tale “scuola” risalenti alla prima metà
del XIX secolo.
Lo stesso
Napoleone I (fine del XVIII secolo, cioè ben 200 anni dopo la progettazione e
la costruzione di Palma) ne rimase favorevolmente impressionato e, da quel
genio di tattica militare che era, la considerò ancora perfettamente attuale
limitandosi ad ampliarne il perimetro difensivo inserendo nello schema dei
punti di resistenza avanzati (lunette) collegati con camminamenti coperti alla
struttura veneta principale, che rimase comunque invariata. Ciò in
considerazione dell’evoluzione delle strategie militari ossidionali (tecniche
d’assedio) e della maggior gittata e potenza degli armamenti rispetto a quelli
per i quali la struttura era stata a suo tempo concepita (si parte dai 200/300
mt. circa di tiro utile d’artiglieria dei tempi del primo progettista Savorgnan
proseguendo ai circa 500 all’epoca del Vauban, per arrivare ai circa 1.500
dell’artiglieria d’assedio napoleonica che, alla maggior portata, univa una
cadenza di fuoco da 4 a 5 volte più rapida rispetto ai “pezzi” veneti in
funzione dei quali la struttura era stata costruita; una gran bella differenza
in capacità distruttiva!).
Quello che è
importante sottolineare è l’intrinseca inutilità militare di piazzeforti così
concepite perché Palma non fu mai
conquistata militarmente in quanto eventuali nemici si guardavano bene dal
tentare di forzarne le difese; ogni “passaggio di mano” di Palma fu dovuto
esclusivamente alla sua perdita di importanza strategica in quanto veniva
semplicemente “oltrepassata”, “scavalcata” dall’esercito attaccante durante le
varie operazioni militari e perdeva quindi ogni sua deterrenza o significato
difensivo. E’ la sorte di tutte le fortezze statiche distribuite sul territorio a
“pelle di leopardo” senza opere di collegamento tra esse; vedasi l’esempio
eclatante dell’esercito dell’Asse che, durante la II^ Guerra Mondiale, non
tentò neppure di attaccare la “CORF/Maginot” fornita di strutture di
modernissima tecnologia, altamente protette e ben collegate tra loro, ma
letteralmente “filtrò” attraverso la maglia dei forti belgi i quali, pur
essendo poderosamente armati e protetti, non erano collegati tra loro,
aggirandone le posizioni e limitandosi a conquistarne il solo Eben Emael (che
essendo sul Canale Alberto ed in un punto strategico avrebbe potuto disturbare
moltissimo l’avanzata) permettendo così il dilagare quasi indisturbato delle
truppe tedesche in Francia: era l’inizio della sconfitta franco-britannica che
portò a Dunkerque.
A Palmanova,
dal 1987 lo S.M.E. Arma del Genio Militare, ha istituito un museo storico che
ingloba tutte le strutture fortificate che così vengono conservate e
restaurate; il museo è affidato in cura alla Brigata di Cavalleria “Pozzuolo
del Friùli” di stanza in Palma ed è visitabile previ accordi telefonici allo
0432-928175.
Un altro
recapito utile è quello del Museo civico allo 0432-929106.
La 2^
domenica di Luglio in Palma si svolge il “Palio della Rotella” con corteo
storico realmente interessante in quanto rievocazione dei fasti della fortezza
veneta.
CONCETTI DIFENSIVI E COSTRUTTIVI APPLICATI A PALMANOVA
LA TECNICA D’ASSEDIO (POLIORCETICA)
Il significato e
l’utilità di una fortezza stava nell’ essere in grado di reggere il tempo
necessario e sufficiente a consentire ad un esercito amico di poter
intervenire; le sorti della guerra poi venivano risolte direttamente sul campo.
In un assedio quindi per prima cosa l’aggressore doveva guardarsi da questi
tipi di intervento e l’esercito assediante doveva organizzare in tutta fretta e
subito un efficiente sistema fortificato esterno per far fronte a minacce di
eserciti giunti a supporto della fortezza. Una volta assicuratasi la protezione
contro l’esterno, l’esercito assediante iniziava a scavare delle trincee radiali
a zig-zag (per impedire il tiro d’infilata) che ogni 50 metri circa venivano
collegate tra loro da una trincea trasversale; attraverso questi camminamenti
coperti venivano fatti avanzare i pezzi d’artiglieria, i quali, giunti a
portata utile, eseguivano il cosiddetto “tiro di breccia” concentrato in un
solo punto delle mura, che serviva a far crollare soprattutto l’incamiciatura
in pietra, che, rovinando, faceva franare anche la terra di riporto rendendo
così possibile la scalata della fortificazione all’esercito aggressore; in
contemporaneità si tentava di scavare delle gallerie (mine) sotto le strutture
della fortezza per farle crollare e per questo motivo in tutte le fortezze vi
sono nello spessore dello spalto e della scarpa numerose gallerie cieche
cosiddette di “contromina”: durante un attacco, in queste gallerie c’erano
giorno e notte sempre delle sentinelle che avevano il preciso ed esclusivo
compito di ascoltare con la massima attenzione se sentivano rumori “strani” che
facessero supporre tali pericolosissimi lavori di scavo (ricordate l’episodio
di Pietro Micca? Qui però la cosa fu diversa: i francesi per un vero e proprio
“colpo di fortuna” nel loro scavo sotto le mura di Torino imboccarono
direttamente una “contromina” e non vi fu tempo per la sentinella di dar
l’allarme per organizzare la difesa; l’unica soluzione possibile, eroica ma
perfettamente logica, fu quella di far saltare immediatamente la galleria per
impedire maggiori danni).
In funzione di
questi concetti, la “fortezza imprendibile” non è mai esistita (la poliorcetica
si era talmente evoluta che prima o poi qualunque “piazza” sarebbe caduta, era
solo una questione di tempo); esistevano invece fortezze ben progettate e
congegnate (come Palma) in modo da far perdere all’aggressore tantissimo tempo
per aggredirne le difese (e l’aggressore ne aveva sempre poco) in maniera da
logorarlo talmente da agevolare al massimo l’intervento di un’ “armata di
soccorso” esterna (che rappresentava il maggior pericolo per un assediante) o
rendergli così “antieconomica” la prosecuzione dell’assedio da costringerlo a
desistere.
GLOSSARIETTO
PORTA: apertura che permetteva l’entrata e
l’uscita dalla fortezza; quelle di Palma sono un progetto dello Scamozzi. La
porta era il punto più vulnerabile di tutta la struttura fortificata e quindi
il suo sistema difensivo era particolarmente sofisticato con strade di accesso
protette da un rivellino (o barbacan) mai dritte ma angolate per evitare tiri
diretti di artiglieria e che potevano essere battute da più postazioni in
contemporaneità, con ponti levatoi, grate di ferro (quelle originali di Palma
ora smontate, sono esposte e visibili sotto una loggia nella piazza centrale
della città) e portoni corazzati in grado di resistere ai colpi
dell’artiglieria dell’epoca (a Palma gli originali sono ancora in posto e
presso Porta Udine sono visibili ancora i ruotismi originali di sollevamento
dei ponti levatoi); la stessa porta era una piccola fortezza nella fortezza,
con un cortile interno chiuso verso l’accesso alla fortezza principale da una
controporta corazzata e dominato dal “cassero”, struttura fortificata dalla
quale i difensori potevano colpire eventuali aggressori penetrati dalla prima
porta colpendoli da tutti i lati. E’ molto importante notare che le porte di Palma
sono poste nel luogo “sbagliato” ed il medesimo “errore”, se così si può dire,
lo Scamozzi lo commise in precedenza anche a Sabbioneta : esse infatti si
trovano al centro della cortina, sono difendibili ottimamente dal tiro
incrociato dei baluardi, ma così dove sono impediscono un’uscita dalla città
senza esporsi al fuoco degli aggressori; questo fatto impose la quasi immediata
realizzazione dei tre rivellini davanti alle porte (in Sabbioneta esistono solo
due rivellini proprio davanti elle porte ed in funzione dell’ “errore”
progettuale citato). In seguito ed in funzione di ciò, le porte delle fortezze
non verranno più posizionate in mezzo alla cortina, ma decentrate a ridosso di
un baluardo per riceverne maggior protezione e “copertura” di fuoco.
FALSAPORTA: struttura esternamente simile ad
una porta e talvolta in posizione più evidente della porta vera, che doveva
attirare l’attenzione del nemico portandolo a tentarne la conquista per
penetrare nel corpo principale della fortezza; la falsaporta invece conduceva a
delle trappole mortali per gli aggressori. A Palma ne erano dotati tutti i
rivellini e le lunette (con due porte per ogni struttura fa un totale di 36
“ingressi alla città” di cui solo 3 “veri” che davano realmente accesso alla
fortezza …un bel rompicapo veramente per chi non conoscesse il “trucco”!).
Purtroppo oggi quasi tutte le falseporte di Palma sono scomparse.
CORTINA: tratto di muro che collega due
baluardi; può essere “cieca” cioè a muro continuo senza aperture oppure munita
di porta; come si è visto, nelle concezioni difensive dell’epoca, una cortina
con porta, per essere considerata difendibile con successo, doveva essere
fiancheggiata sempre da due cortine cieche una per ogni lato (nel caso di Palma
con 3 porte sarebbe bastata secondo questa teoria una fortezza esagonale, ma la
Serenissima, dopo la “scottata” presa con la perdita di Gradisca e volendo
cautelarsi al massimo, fece le cose “in grande” con la successione: porta /
cortina cieca / cortina cieca / porta etc. originando quell’incredibile
meraviglia di architettura militare che oggi possiamo ammirare).
BALUARDO: punto forte d’angolo dalla
caratteristica forma a freccia con due “orecchie” laterali a sporto che
servivano a coprire le vie di sortita. Nella progettazione della sua geometria
moltissima cura veniva messa nel ridurre al minimo se non nel tentar di
eliminare del tutto i cosiddetti “angoli morti” (dove in cui il fuoco di difesa
non poteva arrivare e che potevano costituire pericolosissimi punti di
attestazione del nemico che, giunto a ridosso della struttura, ne veniva da
essa stessa riparato) caratteristici delle precedenti torri sia tonde sia
quadrate; per questo motivo i baluardi hanno generalmente tutti una forma
tendente al pentagonale.
SORTITA O POTERNA: uscita dal corpo principale
della fortezza nascosta alla vista ed ai tiri degli attaccanti (serviva per
movimentare uomini ed armamenti dentro e fuori dai recinti fortificati con
protezione totale).
CAVALIERE: Terrapieno alla base del baluardo
verso l’interno: serviva per piazzarci le artiglierie più potenti che, nascoste
alla vista, potevano sparare a “cavallo” della struttura del baluardo.
FALSABRAGA: Terrapieno posto di fronte alla
cortina; serviva ad attutire ed assorbire i colpi in arrivo e ad offrire riparo
ai difensori usciti dalla “sortita” e pronti a contrattaccare o a rinforzare
con personale o attrezzature le strutture più esterne.
CAMICIA: Rivestimento in pietra perfettamente
liscio dei muri delle strutture difensive (ne rendeva difficile la scalata e
contemporaneamente tratteneva la terra di riporto messa a difesa della
struttura per smorzare i colpi in arrivo) non visibile da un attaccante il
quale si trovava sempre di fronte dei bassi terrapieni che non rendevano
affatto l’idea della complessità della struttura difensiva che stava più in
basso.
FOSSA: umida (allagata) o secca; a Palma troviamo tutti e due i sistemi:
umida al di fuori della prima cerchia difensiva, secca al di fuori delle altre
(rivellini e lunette); serviva ad impedire un rapido avvicinamento alle
strutture difensive da parte degli aggressori.
LUNETTA: Struttura in asse con il baluardo all’esterno della cerchia dei
rivellini; a Palma è ben evidente la loro costruzione posteriore nel tempo alla
luce di concetti tattico-difensivi più evoluti infatti, oltre a presentare la
medesima struttura del rivellino ha al centro una casamatta dotata di
artiglierie. Anche nella lunetta è applicato lo “scherzetto” delle false porte;
qui il “comitato di ricevimento”, oltre che nella struttura principale della
lunetta, si trovava in due caponiere che potevano battere tutta la fossa secca
sparando alle spalle degli aggressori che, una volta caduti nella trappola, non
avrebbero avuto scampo in quanto ogni via di fuga era preclusa dalla muratura
perfettamente liscia ed alta più di 5 metri dell’incamiciatura della fossa.
SCARPA: Muro della fortezza prospiciente alla fossa (solitamente incamiciato per
impedirne la scalata); al suo opposto (dall’altra parte della fossa) la CONTROSCARPA anch’essa solitamente
incamiciata.
TRADITORE: Postazioni di artiglieria poste dietro l’“orecchio” del baluardo,
parallele alla cortina ed in posizione del tutto invisibile per il nemico: servivano
a “battere” con tiro a “mitraglia” la spianata tra la falsabraga e la cortina e
costituivano una trappola mortale per eventuali aggressori che fossero riusciti
a penetrare sino a quel punto delle difese.
CASERMA FORTIFICATA: (di origine napoleonica) posta alla base del baluardo in funzione di
ultimo “blocco” nei confronti di aggressori che fossero giunti sino a quel
punto (a Palma ne sono dotati solo alcuni baluardi). Interessante notare che la
scuderia qui è al primo piano per permettere l’uscita diretta della cavalleria
sulla spianata de baluardo.
LOGGIA FORTIFICATA: (di origine veneta) a Palma ne esistono due per ogni baluardo e
servivano per l’alloggiamento del “Corpo di Guardia”; dall’interno della loggia
di sinistra di ogni baluardo si ha accesso alla “sortita” con una rampa coperta
ricavata nello spessore del muro percorribile, oltre che da truppa a piedi sia
da pezzi di artiglieria sia da cavalleria già montata.
CAPONIERA: piccola ridotta fortificata poco visibile ad uso di armi leggere (fucileria)
posta a difesa di particolari passaggi e “fossati secchi” della fortezza (a Palma
ce ne sono presso le porte e presso le lunette ma sono generalmente molto
rovinate).
TRAVERSE: terrapieni che “spezzavano” la spianata interna del bastione
parallelamente alla “linea capitale” per intercettare le cannonate al traverso
con tiro smorzato (le più temibili) eseguite con una tecnica poi perfezionata
dal Vauban (nota come “tir a ricochet”) che portava la palla a rimbalzare più
volte sul terrapieno azzoppando uomini ed animali e distruggendo o danneggiando
tutto quanto riusciva a colpire; a Palma stranamente non ce ne sono, ma esse
sono presenti in tutte le fortezze poligonali successive. Non si comprende
neppure perchè Napoleone I non ne abbia fatte erigere, e anche le lunette da
lui costruite sono prive di questa fondamentale struttura difensiva che
scomparve dalle tecniche fortificatorie appena alla fine del XIX secolo.
SPALTO: terrapieno a “scivolo” in leggera pendenza verso l’esterno e con un
marcato gradino verso l’interno posto davanti ad una qualsiasi struttura
fortificata; serviva a proteggere fucilieri ed artiglieria (che da esso
sporgevano di pochissimo, quel tanto che bastava a vedere l’avversario) dai
colpi in arrivo. A Palma evidenti i resti all’esterno dei fossati secchi sia
delle lunette napoleoniche sia dei rivellini veneti.