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Estate 2003 – Viaggio in Croazia

 

Camper: Laika Lasercar 590 del 1994, motorizzato Fiat Ducato 2400 diesel.

Equipaggio: noi quattro, e cioè, Giuseppe e Anna e i nostri due ragazzi Alessia e Simone.

Meta finale: rivedere Dubrovnik, all’estremo sud della Croazia (Hrvatska), dov’eravamo stati 22 anni fa in viaggio di nozze.

 

Note: dopo oltre vent’anni di campeggio, con tenda, prima, e roulotte, poi, questa è la prima esperienza in camper; pur essendo avvezzi al campeggio itinerante, e non stanziale, dovevamo sperimentare il diverso modo di muoversi e di campeggiare col camper, anziché con la roulotte, e, inoltre, dovevamo scoprire i molteplici piccoli difetti di un mezzo usato che sfuggono al consueto controllo generale prima della partenza; il viaggio, pertanto, decidiamo di farlo tutto via terra, effettuando in tal modo il percorso più lungo ma anche più vario, per addestrarci all’uso ottimale del camper.

 

 

 

Diario di bordo

 

 

          22.7.2003

Partiamo da Nola (25 km da Napoli) alle 13.10, col puntuale ritardo dovuto anche al fatto di aver smesso di lavorare alle 3.00 del mattino; imbocchiamo l'autostrada A30 Salerno-Caserta, in direzione Roma, e da lì passiamo sulla A1 Napoli-Milano fino a Caianello.

Lasciata l'autostrada, prendiamo in direzione Venafro e poi Isernia, Castel di Sangro e Roccaraso, per attraversare l'Appennino. Dopo breve sosta per il pranzo, il viaggio riprende lungo la via tortuosa ma agevole e veloce.

In una curva con sobbalzo più dura delle altre la caraffa termica, detta "spruzzo", che ci aveva accompagnato in tutti i precedenti viaggi, prende il volo dalla mensola dov'era riposta e si fracassa tra i sedili della cabina guida. Ci fermiamo per raccattare i cocci e ripartiamo dimenticando il portellone posteriore aperto. Nessuno ci avvisa che seminiamo roba e quando ce ne accorgiamo facciamo l'inventario delle cose perse: ciabatte, ombrello, ombrellone e forse qualcos'altro.

Passata Sulmona e Popoli, a Chieti imbocchiamo l’autostrada A25 che percorriamo fino alla confluenza con l’autostrada adriatica A14, dove l’interminabile teoria di camion che occupa la corsia di destra mi costringe a mantenere una media superiore ai 110 km/h, nonostante il forte vento, per evitare di restare imbottigliato tra i grossi mezzi che ogni tanto si superano l’un l’altro pericolosamente. Alle 20.00 ci fermiamo per fare il pieno di carburante e poi, seguendo il consiglio del benzinaio, anziché prendere la statale adriatica, verso Trieste, proseguiamo in autostrada in direzione Bologna, effettuando una lunga deviazione verso l'interno ma guadagnando notevolmente tempo rispetto ad un percorso, esterno, lungo il quale non avremmo potuto mantenere la stessa media. Percorsi i primi 572 km, con ancora addosso la stanchezza degli ultimi giorni di lavoro, ci fermiamo in un'area di servizio in prossimità di Bologna per cenare e dormire.

 

          23.7.2003

Alle 8.00 ripartiamo in direzione Trieste seguendo l’autostrada A13, Bologna-Padova, e poi l’autostrada A4, Torino-Milano-Venezia-Trieste; lungo la strada, però, prendiamo contatti con parenti in campeggio a Caorle e decidiamo di raggiungerli.

Dopo 270 km raggiungiamo il campeggio (Laguna Village) verso le 11.00 e ci fermiamo per un bagno. Il campeggio è bello e ben attrezzato; il mare è quello tipicamente italo-adriatico, dove un po' di nuoto lo si può fare solo dopo aver camminato a lungo, e, pertanto, non fa per noi.

Nell'abbondante pranzo distruggiamo tutto quanto c'eravamo portati da casa (pane di forno a legna, mozzarella di bufala, ricotta, ecc.), rassegnandoci, da quel momento in poi, a contentarci di quello che di volta in volta avremmo trovato sul posto.

Nel pomeriggio torniamo al mare ma il tempo, che si comincia a guastare, e le zanzare, che affollano il campeggio a tutte le ore, ci convincono a non restare oltre la notte. La sera si va a cena fuori e poi si visita il po' il centro di Caorle, cittadina turisticamente molto attraente.

 

          24.7.2003

L'idea era quella di rimettersi in viaggio di prima mattina ma la pioggia battente ritarda le operazioni, bagna e inzacchera un po' di tutto e ci lascia ripartire soltanto alle 11.00; il campeggio ci costa, per una sola giornata, 36,70 euro.

Decidiamo di raggiungere Trieste senza utilizzare l’autostrada e a Monfalcone incappiamo in una segnaletica alquanto insufficiente e dopo lunghi giri inutili che ci riportano allo stesso posto.

Consumato un pranzo veloce, ripartiamo per Trieste, accompagnati da vaghi accenni di pioggia, e lì giunti decidiamo di allungarci a visitare il castello di Miramare mentre la pioggia diventata più consistente.

Dopo la visita al castello, facciamo il pieno di carburante e di acqua in bottiglia; al benzinaio chiediamo indicazioni per la direzione da prendere per la Croazia. Imbocchiamo una superstrada che, di fatto, è la prosecuzione dell'autostrada e che, passando fuori del centro abitato di Trieste, conduce direttamente alla frontiera con la Slovenia. Nella distrazione generale che segue ogni partenza, quando ognuno sta sistemando le sue cose per il viaggio pensando che la direzione la guardi un altro, la superstrada la imbocchiamo nella direzione sbagliata; alla prima uscita invertiamo la rotta e riprendiamo la strada nel senso giusto ma senza rallegrarcene a lungo: la segnaletica stradale, poco chiara, e le idee che c'eravamo fatte in merito ai percorsi, anch'esse poco chiare, ci portano di nuovo fuori strada e cioè verso la Slovenia centrale (Ljubljana) anziché quella meridionale. Questa volta azzardo una spazientita retromarcia sul raccordo autostradale e finalmente dirigiamo verso la frontiera slovena, guardando Trieste dall'alto, tra pioggia insistente e preoccupanti raffiche di vento.

Alle 18.30, circa, raggiungiamo la frontiera slovena dove imprudentemente cambio 100 euro in kuna (la moneta croata) alle condizioni peggiori e cioè 1 € per 7,20 kn, mentre il cambio ufficiale dà 1 € = 7,44 kn. Ci fermiamo al free shop per comprare qualche cosa e poi riprendiamo la corsa verso la Croazia col tempo che peggiora.

Dopo 35 km superiamo nuovamente la frontiera ed entriamo finalmente in Croazia, imboccando la statale 8 (E65), ossia la parallela della nostra adriatica, che, correndo lungo la costa, porta fino a Dubrovnik; dirigiamo verso Fiume (ora Rijeka) e sbagliando strada per l'ennesima volta - ma, stavolta, provvidenzialmente - evitiamo il centro abitato e sotto una pioggia per niente rassicurante, su strade strette e con discese da montagne russe, col sole ormai calato, raggiungiamo la vicina Bakar, accoccolata in una delle miriadi di insenature della costa dalmata, centro turistico abbastanza attraente, da quel che si può intuire a quell'ora e con quel tempo, nonostante sia collocato in zona industriale sede di raffinerie.

Seguendo le indicazioni di camperisti che ci avevano preceduto – prese da Internet - ci fermiamo a cenare e dormire sul molo, in parte adibito a cantiere nautico e, pertanto, dotato di ampi spazi per la sosta ma solo notturna.

 

          25.7.2003

Al mattino ci accorgiamo di esserci fermati in prossimità di un panificio dove, quindi, ci rechiamo per comprare del pane; il gestore si sforza a descrivere e nominare i vari tipi di pane; noi lo compriamo più semplicemente indicandogli quale vogliamo.

Alle 9.30, fatta colazione, ripartiamo e ci dirigiamo all'isola di Krk, dove si arriva attraversando un ponte con pedaggio (20 kn), evidente orgoglio dell'ingegneria locale in quanto lo rivediamo su innumerevoli cartoline.

Seguiamo la strada che percorre l’isola da un capo all’altro.

Superata Krk, cittadina attraente quanto impraticabile, perché la sosta è consentita solo in parcheggi a pagamento per poi bagnarsi nei porticcioli antistanti, occupati da barche, proseguiamo verso sud, lungo una strada che – avremmo poi scoperto – non è delle migliori; deviamo per Punat, dove, seguendo istintivamente una strada sterrata, giungiamo in un posto segnalato come "plaka", ossia spiaggia. Lì riusciamo a parcheggiare comodi e a fare un buon bagno.

Sul posto ci contatta un acchiappaturisti che ci propone un gita in motonave per l'isola di Rab, con partenza l'indomani, alle 9.00, da Baska, posta all'estremità meridionale dell'isola, raggiungibile, ci dice, in 20 minuti, e ci raccomanda di non prendere la strada per Stara Baska, ossia la vecchia Baska, cosa che, invece, avremmo puntualmente fatto.

Dopo pranzo, infatti, decidiamo di metterci direttamente in viaggio per Baska, sia perché il posto non si prestava per un pernottamento e sia perché, prevedendo difficoltà di parcheggio col rischio di mancare l'appuntamento con la motonave, riteniamo opportuno anticipare il raggiungimento di detta località.

Con l'idea di andare a sud, deviamo subito a destra, anziché a sinistra, verso Krk, dove c'era la deviazione per Baska, e ci facciamo una dozzina di chilometri su strade molto panoramiche ma strette e tortuose in direzione, invece, della vecchia Baska. Lungo la strada incontriamo file di auto ferme in prossimità di discese a mare raggiungibili attraverso interminabili sentieri da capra e la cosa ci insospettisce.

Poco più in là, infatti, entriamo nella vecchia Baska, e i vaghi messaggi di una incomprensibile segnaletica cominciano ad assumere significato quando ci rendiamo conto che la strada, che si andava insinuando tra le case aggrappate ai fianchi della parete a strapiombo sul mare, era praticamente senza uscita. Nella ricerca di un posto dove poter fare inversione di marcia con i nostri 6 metri, non ci restava che proseguire ed i malcapitati che venivano in senso inverso dovevano buttarsi di qua o di là per farci passare; ma fin dove? Rocambolescamente riusciamo a far passare anche un furgone di dimensioni uguali alle nostre e proseguiamo per raggiungere il posto dove quest'ultimo aveva invertito la rotta, e cioè in uno spazio antistante ad un ristorante situato alla fine della strada, unica, che stavamo percorrendo. Il ritorno avviene con le stesse vicissitudini dell'andata, tra volenterosi che si buttavano fuori strada e accaldati prepotenti che avrebbero preteso una mia improponibile ed inutile retromarcia prima di rassegnarsi a farla loro, la retromarcia.

Raggiunta di nuovo Punat e poi Krk, deviamo finalmente per la nuova Baska che raggiungiamo dopo una mezz’ora di viaggio. All'ingresso del paese compriamo una cartina della Croazia, essendo insufficiente l'atlante stradale europeo portato da casa, e chiediamo informazioni per una possibile sosta, in uno dei parcheggi che l’acchiappaturisti di aveva segnalato, e per un carico d'acqua. Per quest'ultima comincia a maturare la preoccupazione che di fontane, per strada, non ne avremmo mai trovate, e in quella segnalataci, intaqnto, non era assolutamente possibile fare rifornimento d’acqua.

Raggiungiamo invece il parcheggio, a pagamento, fornito di autolavaggio e di un piccolo bar, posto immediatamente a ridosso del centro abitato e del bel lungomare. Dopo breve discussione con uno degli addetti al parcheggio, intenzionato a dirottarci altrove, gli facciamo capire che, a differenza di alcuni altri camper che in quello stesso parcheggio erano fermi a mo' di campeggio, dovevamo solo sostare per la durata della minicrociera dell'indomani e quindi, fatto il pieno d'acqua, che si fa pagare (20 kn), ci fa infilare dietro la pensilina degli autobus di linea che lì hanno il capolinea e ci chiede 70 kn per la sosta notturna ed altrettante per l’intera giornata successiva.

Breve visita al paesino, molto turistico, e poi cena in camper, dove non ci facciamo mancare il quotidiano piatto di pasta.

 

          26.7.2003

Alle 9.00 si parte con la motonave Angelina nella minicrociera programmata, arzigogolando per l'arcipelago, vedendo le isole adibite a prigioni politiche del regime Tito, ormai dismesse, per poi fermarci a visitare Rab, sull'omonima isola, così ci rendiamo conto che forse quella era la maniera migliore per visitarla, seppure velocemente: infatti ai punti d'imbarco sui traghetti avremmo poi notato file interminabili di auto e camper che, come ci hanno raccontato camperisti incontrati successivamente, sarebbero poi tornati indietro per non aver trovato, sull'isola, un qualsiasi posto, anche in campeggio, dove fermarsi.

Dopo la visita delle chiese della cittadina, accompagnati da una guida poliglotta, e dopo il pranzo compreso nel prezzo (pagato in euro: € 40,00 a testa), facciamo un rapido bagno nell’ansa che avevamo notato durante la passeggiata turistica, posta alle spalle del centro abitato; alle 14.00 si riparte e, passando tra isole ed isolette, arriviamo al fiordo Zavratnica, unico fiordo della Croazia, ora zona protetta; proseguiamo poi per andare a fare un bagno nella "famosa" spiaggia di San Marino, autentico carnaio, a terra, e pista per moto d’acqua, motoscafi e altro, in acqua; evitiamo il tutto accuratamente e restiamo a fare il bagno dalla scogliera.

Alle 18.30, puntuale, la motonave ci riporta a Baska.

Torniamo al parcheggio, dove nessuno ci chiede il ticket, né per il giorno trascorso né per la notte a venire, forse perché di fatto siamo collocati nello spazio adibito a capolinea degli autobus del posto e non proprio nel parcheggio; restiamo quindi nel dubbio, non sapendo se abbiamo inutilmente già pagato 70 kn per la notte precedente, durante la quale, tutto sommato, il parcheggio resta incustodito, o se abbiamo omesso il pagamento per il giorno in corso; decidiamo di attendere che qualcuno si faccia vivo. Doccia per tutti, cena e poi la serata si conclude nei preparativi per la partenza programmata per il mattino successivo.

 

          27.7.2003

Alle 6.00 riprendiamo il viaggio; attraversiamo in lungo tutta l’isola di Krk, ripassiamo il ponte con pedaggio (20 kn) e deviamo verso sud, rivedendo dalla sponda opposta, ossia dalla costa continentale, l’isola di Krk e l’isola di Rab.

Il viaggio prosegue; sulla nostra destra c’è la lunga isola di Pag, che avremmo visto al ritorno. Superiamo Karlobag, grosso centro, e ci fermiamo a fare un bagno lungo strada, poco prima di Tribanj, in prossimità di un ristorante. In acqua notiamo delle cozze di scoglio e ne prendiamo una quantità sufficiente per un’abbondante spaghettata subito improvvisata.

Dopo pranzo ripartiamo in direzione di Zadar (Zara) e ci ritroviamo in autostrada (non segnalata sulla cartina). La imbocchiamo istintivamente ma poi ci prende la preoccupazione del pedaggio: nell’ultima spesa, infatti, avevamo quasi esaurito le kune disponibili ed eravamo convinti che il casellante non avrebbe accettato euro né carta di credito. Lasciamo, quindi, l’autostrada alla prima uscita, pagando con gli spiccioli, superiamo Zadar e deviamo lungo la costa alla ricerca di un un’agenzia di cambio e di campeggio munito di scarico per camper dove fermarci anche per passare il resto della giornata.

Raggiungiamo Biograd na Moru e, non essendoci ancora resi conto del fatto che, per lo meno in periodo estivo, i grossi centri sono da evitare, deviamo verso la costa e cominciamo a girovagare tra vari “autokamp” e “apartamani-kamp”, alla ricerca di un posto dove scaricare le acque grigie e nere del camper, cambiare soldi, comprare pane e qualcos’altro da mangiare, caricare acqua e fare rifornimento di carburante. Il sovraffollamento ci induce ad abbandonare la zona; gli “autokamp” non sono campeggi ma aree di sosta, ossia piccoli spazi dove si riesce ad ospitare – e talvolta ad “accatastare” – un ristretto numero di camper o roulotte, fornendo come servizi quasi niente ma, in compenso, pagando molto poco (un equipaggio standard di 4 persone spende dalle 80 alle 120 kn al giorno); gli “apartamani” sono appartamenti o camere che si affittano per la villeggiatura, mentre gli “apartamani-kamp” sono, in pratica, aree di sosta ricavate nei giardini o, comunque, negli spazi di pertinenza degli “apartamani”, dei quali si possono utilizzare i servizi. Il tutto fa sì che non vi sia un solo centimetro quadrato libero e il sovraffollamento che ne deriva fa sentire ancora di più il caldo.

Cambiamo soldi al controvalore di 7,42 kn per euro, compriamo un po’ di roba da mangiare, facciamo rifornimento di carburante e ripartiamo alla ricerca di zone meno affollate, portandoci dietro il sovraccarico di acque da scaricare.

Seguiamo sempre la statale 8 e dopo Pirovac deviamo per l’isola di Murter che, dalle descrizioni rilevate da Internet, dovrebbe essere molto bella. E di fatto così è; unita alla terraferma da un piccolo ponte, l’isola è ricoperta di pinete che giungono fino in mare ma, come di consueto, i pochi centri abitati sono superaffollati e punti sosta, considerato anche l’orario, non ne troviamo. Dirigiamo, quindi, verso un campeggio ritenuto bellissimo da chi ci ha preceduto e ne ha lasciato annotazione da qualche parte che ora non ricordo, ma l’impresa si rivela impossibile: seguendo le pessime indicazioni ci ritroviamo bloccati in una bolgia di bagnanti, motorini e macchine parcheggiate alla meno peggio; i ragazzi vanno in avanscoperta per verificare la possibilità di raggiungere il campeggio, col camper, proseguendo lungo la stessa strada; le notizie che riportano dopo un bel po’ di tempo non sono rassicuranti mentre, circondato dalla solita bolgia, non mi ero mosso di un centimetro da dove stavo. Decido di fare retromarcia, in salita, in mezzo alla bolgia e tra gli alberi, in uno spazio di poco sufficiente, rimettendoci un fanalino posteriore strappato via da qualche ramo (cosa di cui mi sarei accorto solo il giorno dopo); un passante mi chiede dove intendo andare e ritiene di darmi spiegazioni che tento di seguire; dopo un complicata inversione di marcia, tra auto parcheggiate in modo irregolare ed altre auto che sfrecciano negli spazi appena liberi dalle mie manovre, seguo le indicazioni avute, per quel che avevo capito, e mi ritrovo nel parcheggio di un albergo. Nuova complicata retromarcia, prima, ed altrettanto complicata inversione di marcia, poi, e decidiamo di abbandonare la zona che, nel frattempo, aveva per noi perso ogni attrattiva.

Raggiungiamo Murter, principale centro dell’isola, e ci fermiamo in una piccola pineta adibita a parcheggio, in prossimità del mare, ma solo per un rapido bagno rinfrescante.

Mentre scambio quattro parole con un camperista di Trieste, da una vicina abitazione esce una signora, in costume da bagno, che, parlando in inglese, ci fa capire che in quel posto i camper non possono sostare e c’è, inoltre, il rischio di prendersi una multa dalla polizia. In verità non s’era capito se la polizia l’avrebbe chiamata lei, tuttavia la rassicuriamo che la sosta sarebbe stata molto breve. Allontanatasi la signora il triestino riferisce che la notte precedente vi erano ben sette camper, in quel parcheggio, con a fianco l’auto della polizia che non aveva creato alcun problema, così lascia lì parcheggiato il camper e – dice – se ne va al ristorante, non senza avermi dato indicazioni per un campeggio sito nella vicina Betina dove, a suo dire, si entra e si esce senza che nessuno dica niente.

La discussione avuta con la signora, probabilmente locale e non certo animata da umana benevolenza ma più semplicemente infastidita dalla presenza di camper, riproponeva una questione che ancore non ci era chiara, e cioè se fosse possibile campeggiare liberamente od anche parcheggiare liberamente oppure no. Più d’uno ci aveva già riferito che la polizia rifilava multe salate ai camperisti colti fuori campeggio e che a qualcuno aveva addirittura ritirato i documenti; la sosta notturna obbligatoria in campeggio, d’altro canto, avrebbe vanificato l’uso del camper determinando, altresì, una spesa notevole; i campeggi, infatti, non risultavano essere per niente economici mentre gli “autokamp”, che comunque non offrono quasi niente, avevano tariffe variabilissime e talvolta elevate quanto i campeggi. Giungiamo alla conclusione che il camper malvisto, ed anche più esposto, è quello che sosta nei centri abitati, mentre una sosta in luoghi appartati e non tanto visibili non dà fastidio a nessuno; è evidente che non avevamo alcuna intenzione di verificare personalmente l’esattezza delle nostre conclusioni e, tuttavia, la conferma in tal senso l’avremmo avuta abbastanza presto.

Il parcheggio, infatti, comunque non era adatto per una sosta, cosicché dopo il bagno, polizia o meno, ci rimettiamo in marcia e, seguendo le indicazioni del triestino, ci allontaniamo da Murter dirigendoci verso Betina per raggiungere il campeggio Kosirina, a suo dire privo di zanzare, e con l’intento di evitare il campeggio che sta di fronte a questo, che, invece, di zanzare dovrebbe ospitarne non poche. Dopo pochi chilometri vediamo la svolta a sinistra per il campeggio e la imbocchiamo, ritrovandoci esattamente dove non dovevamo andare: la svolta per il Kosirina, infatti, si trovava pochi metri più avanti sulla destra. All’inizio della strada troviamo una specie di “reception” con varie persone all’interno, nessuna delle quali si scomoda per venirci incontro; la transenna è alzata e non sembra di quelle che venga chiusa di frequente, cosicché dopo una breve ed inutile attesa ci incamminiamo verso la strada che avrebbe portato al camping. Alla fine della strada ci ritroviamo sul lungomare, con a destra e a sinistra una notevole quantità di roulotte, tende e camper, e ci rendiamo conto che quello dovrebbe essere il campeggio; ma la strada continua, sia a destra che a sinistra, separando il mare dalla pineta e costeggiandolo a poche decine di centimetri dal suo livello; notiamo, inoltre, che il campeggio non è delimitato. Ci dirigiamo a destra; la strada immediatamente sale, inoltrandosi nella pineta, e poi ridiscende al livello del mare; non c’è nessuno; proseguiamo per alcune centinaia di metri e ad un certo punto la segnaletica ci indica che la strada, che intanto risale nella pineta, è senza uscita.

Torniamo indietro, superiamo la zona campeggio e proseguiamo, quindi, verso sinistra rispetto alla strada di ingresso, fino ad arrivare nel centro abitato, ossia a Betina, il che spiega perché la transenna all’ingresso è sempre aperta e perché il campeggio non è delimitato: la strada di ingresso, infatti, è una strada di normale traffico che confluisce sulla strada costiera ed il campeggio vero è proprio sorge negli spazi circostanti ad un ristorante che si trova in tale confluenza.

Dopo aver visitato un campeggio che si trova all’interno del campeggio appena descritto, ritorniamo verso destra e ci sistemiamo liberamente nella pineta, completamente soli, per cenare e per trascorre la notte.

La serata è animata da un nutrito traffico di pedoni, ciclisti, motociclette e auto che dirigono, tutte, verso la strada senza uscita, ma solo le auto tornano indietro, per cui mi chiedo dove sia andata a finire tutta quella gente.

 

          28.7.2003

Mentre ci si apparecchia per un bagno, decido di verificare dove porta la strada senza uscita, così appurando che questa non fa altro che superare il leggero promontorio che si protende nella piccola baia dove c’eravamo fermati, quasi dividendola in due; essa di fatto non è senza uscita ma è semplicemente sbarrata con paletti mobili infissi nell’asfalto. Al di là del promontorio, alla fine della strada, c’è l’esatto contrario del posto nel quale c’eravamo fermati: un campeggio enorme e superaffollato, sistemato sul leggero pendio che degrada vero il lungomare adibito a parcheggio di una miriade di carrelli portabarca, sull’asfalto, e di barche, in acqua; ecco dove tornava, a tarda sera, tutta quella gente!

Svelato il mistero, fatto il bagno, alle 11.30 riprendiamo il viaggio e prima di riattraversare il ponte girevole che separa Murter dalla terraferma, cambiamo altri soldi a 7,40 kn per euro all’ufficio postale che si trova nello spiazzo antistante il ponte girevole.

Superiamo Sibenik e dirigiamo verso Trogir, con l’intento di fermarci lì per un bagno e per il pranzo. Sappiamo che per arrivare al centro antico di Trogir dobbiamo superare un primo ponte e da lì, attraverso un secondo ponte, si può raggiunge l’isola di Ciovo; cosicché giunti a Trogir, non consideriamo un primo piccolissimo ponte, che di fatto supera un canale adibito ad ormeggio per le barche, e quando superiamo il secondo ponte crediamo di trovarci sulla prima isoletta, dov’è ospitata la vecchia Trogir, mentre, invece, ci troviamo già a Ciovo. Di tutto ciò ce ne rendiamo conto dopo aver percorso alcuni chilometri e ce ne rendiamo conto proprio per questo motivo: la vecchia Trogir, infatti, non ci risulta così grande!

Ma ciò non è un problema: la strada costeggia il mare e lo separa dalla pineta e da una lunga serie di ville a servizio delle quali vi sono diverse discese a mare, con scalini e piattaforme per sdraiarsi al sole. Nello spazio sterrato lungo la strada si può parcheggiare agevolmente ed proprio quello che facciamo; dopo il bagno ci attrezziamo per il pranzo, a base di immancabile pasta condita con uno dei tanti sughi che c’eravamo portati, sotto la veranda, con vista mare.

Dopo un secondo rapido bagno pomeridiano torniamo a Trogir, verificando il conto dei ponti superati; parcheggiamo nell’enorme parcheggio a pagamento (24 kn) posto tra la statale ed il canale che separa l’isola di Trogir dalla terraferma e che continua con un simpatico mercatino all’aperto dove si vende un po’ di tutto.

Visitiamo Trogir con le sue suggestive viuzze, gustiamo una rinfrescante bibita e dopo aver comprato pane, frutta e acqua, nel mercato adiacente al parcheggio, riprendiamo la strada verso sud, dirigendo decisamente verso Omis, dopo Split (Spalato), dove avremmo trovato il Galeb, un campeggio – ben segnalato da precedenti camperisti - certamente munito di scarico per camper.

Il campeggio delude un po’ le aspettative: è enorme e in buona parte è occupato da tende e da casette in legno prefabbricate che si affittano e lo spazio restante è completamente occupato da camper e roulotte, cosicché dà l’impressione di essere del tutto pieno; di fatto le tende e le casette sono occupate solo in minima parte ed il grosso degli ospiti è costituito dagli equipaggi di camper e roulotte, ma di spazio, comunque, non ce n’è tanto e siamo costretti a fermarci in uno spazio completamente assolato.

Mi accorgo di aver perso il fanalino posteriore destro alto ed anche il tappo di uno dei serbatoi dell’acqua, probabilmente non chiuso bene fin da Baska, dove avevo fatto l’ultimo rifornimento. Finalmente scarico le acque nere ma la saracinesca resta bloccata. Le ultime ore di luce solare le impiego per sbloccare la saracinesca di chiusura del serbatoio delle acque nere e per tappare in un qualche modo il serbatoio dell’acqua.

Calato il sole, il buio è squarciato, tutt’intorno, da fulmini per niente rassicuranti, ma un vento forte spazza via il temporale e di pioggia non se ne vede.

Ceniamo al ristorante del campeggio assaggiando di nuovo, dopo 22 anni, i “cevapcici”, tipici salsicciotti locali, accompagnati da patate fritte ed abbondante birra, spendendo in tutto 160 kn.

 

          29.7.2003

Decidiamo di restare in campeggio, anche per fare un po’ di bucato, confidando in un soggiorno piacevole. Ma anche il mare sul quale si apre il campeggio delude le aspettative: la cittadina di Omis, infatti, e divisa in due da una profonda fenditura nei monti che la sovrastano (meta di escursioni che avremmo voluto fare) e dal fiume che vi scorre attraverso; il fiume sfocia in prossimità del campeggio, rendendo l’acqua del mare fredda, limacciosa e bassa, mentre il fondo è cosparso di scomode pietruzze di riporto e, quindi, non levigate.

Durante la mattinata cerco inutilmente, presso i due autoricambi del posto, un tappo per il serbatoio dell’acqua, prima di rassegnarmi ad inventarmene uno ricavandolo, artigianalmente, dall’unione di un tappo di champagne con quello di una tanica.

Nel pomeriggio il tempo si guasta: si leva di nuovo il vento forte e si sente tuonare, ma di pioggia, anche stavolta, non se ne vede.

 

          30.7.2003

Il tempo continua ad essere poco rassicurante; qualche goccia di pioggia ci induce a lasciare subito il campeggio e ad utilizzare il tempo in viaggio, non essendovi prospettive di un ultimo bagno. Sbaracchiamo rapidamente, facciamo il pieno di acqua e lasciamo il camping Galeb alle 9.15; per i due giorni trascorsi in campeggio spendiamo complessivamente 440,10 Kn, al netto dello sconto Camping Card International. Facciamo il pieno di carburante e nel distributore un vecchio croato mi chiede se parlo in italiano e dove siamo diretti, dopo di che esclama: “Dubrovnik? 250 km di paradiso!”; e aveva ragione. Ci prepariamo, quindi, a percorrere i 220 km che ci separano da Dubrovnik.

La strada è quella solita, tortuosa ma ben asfaltata e nonostante il vento riusciamo a tenere una media di 70-80 km/h; essa si snoda tra bellissime vedute e panorami stupendi; dopo Makarska, rinomato centro turistico, vediamo il paesaggio cambiare man mano che andiamo verso sud: la natura si fa più selvaggia ed i centri abitati che attraversiamo non ci danno l’impressione del solito sovraffollamento. Poco prima di Ploce mi infilo in una stradina che costeggia quello che dall’altro ci sembrava un lago e che, invece, altro non è che una delle innumerevoli rientranze della costa; ma la zona non è la più indicata per essere esplorata con un camper.

Riprendiamo rapidamente la statale 8 che lasciamo subito dopo, deviando per Ploce, da dove parte il traghetto per Trpanj: la statale, infatti, per soli 7 km attraversa la Bosnia, prima di tornare sull’ultima lingua di terra croata che ospita Dubrovnik, e per passare in Bosnia ci vogliono i passaporti che non abbiamo e nonostante i controlli doganali riservati agli italiani siano quasi inesistenti, decidiamo di non rischiare un duplice tentativo di passaggio con la sola carta d’identità, così evitando, nel caso di fallimento, di fare inutili andirivieni.

Il traghetto della Jadrolinija che parte da Ploce, è uno strazio: ce n’è uno solo, per la traversata impiega un’ora e non trasporta più di 22-24 auto per volta; è perciò necessario disporsi in fila, sul molo, con abbondante anticipo, per scongiurare la prospettiva di ritrovarsi tra quelli che non ci entrano e che, conseguentemente, devono aspettare le ulteriori due ore che il traghetto impiega per andare e tornare.

Il costo della traversata è di 154 kn per il camper, compreso il conducente, più 23 kn per ogni altro passeggero. Approfittiamo dell’attesa per consumare il pranzo.

Sbarcati a Trpanj tiriamo dritto istintivamente, ignorando le indicazioni di un marittimo che ci diceva di andare a destra e tentando inutilmente di leggere un cartello coperto dai rami di una pianta. La strada era quella giusta ma la sua larghezza, che andava restringendosi man mano, ci faceva pensare che fosse quella sbagliata: sta di fatto che, per alcuni chilometri, se avessimo incontrato un mezzo proveniente in senso inverso la precedenza ce la saremmo dovuta giocare a poker!

Dopo 50 km di strada praticamente orribile e un doppio stop mal segnalato e superato senza fermarmi – tra gli improperi e le strombazzate di quelli che sopraggiungevano – arriviamo finalmente a Ston, della quale ammiriamo, senza fermarci, le saline, da un lato, e le vecchie mura di cinta, dall’altro.

La strada ricomincia a salire e dall’alto notiamo un’infinità di allevamenti di frutti di mare, crostacei e altro, venduti al dettaglio in piccoli negozietti che si incontrano lungo il percorso.

A Zaton Doli riprendiamo la statale 8 e la differenza la si nota subito: la velocità media sale notevolmente.

Il tempo è buono, il vento è diminuito di molto, i panorami sono sempre più belli e si ha l’impressione di trovarsi in un’altra Croazia! 

Ci fermiamo poco prima di Dubrovnik, in un parcheggio libero dal quale si raggiunge una bella spiaggia con ciottoli levigati. Grazie all’orario non abbiamo difficoltà a trovare posto, nonostante nell’ampio spiazzo vi siano anche diversi pullman e qualche altro camper.

Dopo pochi chilometri siamo a Dubrovnik, che raggiungiamo attraversando il bellissimo ponte a campata unica da poco terminato. Affascinati dalla vista panoramica della meta prefissa, giusto per non cadere nella monotonia, dopo il ponte sbagliamo strada e tiriamo dritto anziché girare subito a sinistra. Facciamo subito una rapida inversione e ci ritroviamo nel centro abitato della città, in un traffico tipicamente cittadino ma ordinato, col dilemma che inevitabilmente ci affligge: dove ci fermiamo?

Tentiamo qualche parcheggio, ma non ci fanno neanche accostare. Per strada notiamo diversi camper fermi lungo la strada negli appositi spazi delimitati da strisce, ma, chiaramente, sono semplicemente parcheggiati come un qualsiasi altro veicolo.

Dirigiamo, quindi, al camping Solitudo, che offre sia campeggio che il parcheggio, ma questo l’avremo capito poi: non si capisce, infatti, dove finisce il parcheggio e dove comincia il campeggio e i servizi, peraltro, sono accessibili da chiunque, perché tutto il complesso è attraversato dalla strada pubblica!

Ci fermiamo in campeggio, al costo di 255 kn al giorno utilizzando l’attacco luce e di 256 kn senza; alla reception hanno cercato inutilmente di farci capire per quale motivo avendo una cosa in meno – l’attacco luce – avremmo speso una kuna in più; rinunciamo a capire quel che ci appare del tutto illogico e optiamo per la tariffa luce-con, anche perché dovevano ricaricare tutti i telefonini.

Sistemato il camper raggiungiamo il centro storico di Dubrovnik con l’autobus: linea 6, i biglietti si acquistano dal giornalaio (8 kn); la fermata dell’autobus è lì vicino ma il giornalaio no, cosicché l’autobus dobbiamo prenderlo alla fermata successiva dopo un buon tratto a piedi, fortunatamente tutto in discesa.

L’autobus fa capolinea in prossimità della porta Pile, una delle porte attraverso le quali, superato un ponte levatoio, si entra all’interno della cinta muraria della Dubrovnik antica.

Superiamo la porta Pile e dopo due rampe di scale ci ritroviamo subito ad una delle due estremità dello “Stradùn”, il rettilineo vialone, lastricato di basoli bianchi, che attraversa il centro e conduce al porticciolo.

Lo Stradùn è ricco di negozi, bar e ristoranti, abbastanza affollato e, ciò nonostante, appare del tutto diverso dai soliti centri turistici; neanche la folta schiera di acchiappaturisti, muniti addirittura dei depliant delle pietanze che offrono i ristorantini da loro proposti, ci fanno sembrare questo posto come un qualche altro centro turistico già visto da una qualsiasi altra parte. Dubrovnik ha un’atmosfera unica, introvabile altrove, dalla quale trasuda la fierezza di un popolo che si sente libero e che ha pagato a caro prezzo la difesa della sua libertà anche nei tempi più recenti. Visitiamo, infatti, un piccolo museo della storia marinara della città, allestito in uno dei palazzi storici che si affacciano sullo Stradùn, alcune stanze del quale sono dedicate ai recenti eventi bellici che hanno colpito Dubrovnik; le pareti sono tappezzate dalle fotografie di quelli che hanno perso la vita per difenderla o che sono morti sotto ai bombardamenti, il tutto senza enfasi nazionaliste ma nel semplice rispetto di chi ha sacrificato la vita per la propria terra. E d’altro canto non può non essere fiero della propria sopravvivenza e della quotidiana esistenza un popolo che vive col mare davanti e con alle spalle il nemico di ieri.

Dopo una piacevole passeggiata ci lasciamo acchiappare da un cameriere-acchiappaturisti - il cui aspetto sinistro ci fa intravedere una forte somiglianza con Dracula - più che altro convinti dal menù esposto, e consumiamo un’ottima cena, a base di pesce (risotto al nero di seppia, grigliata mista, ecc.) innaffiato con vino della casa (tanto non devo guidare), ad un prezzo che vale la qualità del cibo consumato (487 kn).

 

          31.7.2003

Consumata una rapida colazione, torniamo alle mura dell’antica Dubrovnik per farne il giro. Solito percorso a piedi per raggiungere il giornalaio che vende i biglietti dell’autobus e, approfittando del fatto che lì vicino c’è anche un ufficio postale, cambio altri soldi al controvalore di 7,49 kn per euro.

Il biglietto di ingresso alle mura della città è di 15 kn per gli adulti e 10 kn per gli studenti, così come qualifichiamo i nostri ragazzi. Il percorso si snoda da una torre all’altra, passando sui tetti delle case nelle quali la vita di ogni giorno continua, in un’atmosfera per noi bellissima e per loro – gli abitanti – del tutto normale. Riviviamo i ricordi di 22 anni fa e al termine del faticoso ma piacevole percorso (circa 2 km), che si apre a panorami bellissimi, ci dissetiamo, così come allora, alla fontana sita all’inizio dello Stadùn, dalle cui numerose bocche zampilla acqua freschissima.

Torniamo al campeggio e dopo pranzo, e dopo un prolungato riposto, tentiamo un bagno alla vicina spiaggia che raggiungiamo col sole ormai sulla via del tramonto.

Per cena ci concediamo una grigliata mista di carne di maiale e di cevapcici presi al supermercato all’ultima ora.

 

          1.8.2003

Il risveglio non è proprio mattiniero. Ci prepariamo per iniziare il viaggio di ritorno. Ci riforniamo di tutto quanto necessario ed alle 10.00 lasciamo il campeggio per il quale paghiamo 475,24 kn, al netto dello sconto Camping Card International, con qualche rimostranza dell’impiegata che mi dice che la Card va esibita all’arrivo e non alla partenza.

Riprendiamo la statale 8 in direzione nord e la lasciamo nuovamente deviando verso Ston per farci quei poco piacevoli 50 km fino al traghetto per Ploce. Il viaggio è rallentato da lavori in corso, camion che arrancano sulle ripide salite ad una velocità che non supera i 30 km/h e, infine, da qualche camper che, comunque, riesco a superare nell’intento di arrivare per tempo al traghetto.

Guadagniamo il 16º posto della fila: non è una pole position ma ci dà la sicurezza di salire a bordo e, nell’attesa, consumiamo un rapido pasto. Il traghetto ci sbarca a Ploce e lì, giusto per non perdere l’abitudine, sbagliamo strada e quando superiamo la Neretva ci rendiamo conto che stiamo tornando verso Dubrovnik ma, stavolta, via Bosnia. Invertiamo la rotta e proseguiamo verso nord con l’intenzione di fare quanta più strada possibile, maturando l’idea, lungo la strada, di deviare verso il parco nazionale di Krka, presso Sibenik. E così facciamo; nel tardo pomeriggio entriamo in Sibenik, ci fermiamo nel parcheggio di un grande supermercato (della catena Konsum), ci procuriamo della carne di tacchino, attraversiamo Sibenik, che ci dà l’impressione di essere una cittadina niente male, ma da girare a piedi, e dirigiamo verso il parco nazionale.

Seguendo anche le indicazioni che chi ci ha preceduto ha lasciato su Internet, optiamo per il campeggio, non sapendo che avremmo potuto fermarci nel parcheggio di Skradin; il parco, infatti, lo si può raggiungere in due modi: con l’autobus, per poi proseguire e piedi, o col battello, da Skradin. Al bivio, quindi, giriamo a sinistra, per Skradin, per fermarci, dopo aver percorso 359 km, in uno dei due autokamp che si trovano, lungo la strada, a poca distanza da detta località.

L’autokamp non è altro che lo spazio circostante un’abitazione privata, parte del piano terra della quale è adibita a servizi (doccia, wc, lavatoi), puliti, attrezzati e accoglienti come i proprietari; c’è poi un blocco separato allestito con tavoli e panche, forse a disposizione dei campeggiatori per pranzo. Sistemiamo il camper e dopo una rilassante ed abbondante doccia rimettiamo in funzione il barbecue per cuocervi la carne di tacchino acquistata a Sibenik.

 

          2.8.2003

Non è certo tardi quando all’indomani lasciamo il campeggio, ma neanche è l’alba; infatti quando ci decidiamo a ripartire ci rendiamo conto che il campeggio (che si chiama Krka) è quasi vuoto e che tutti gli altri sono già andati via. Paghiamo il pernottamento (120 kn) e torniamo prima indietro, verso l’unico market della zona per procuraci del pane, e poi ci dirigiamo verso Skradin che raggiungiamo poco dopo. Il paesaggio è bellissimo; quel che vediamo dall’alto ci sembra un grande lago – come ci avevano detto – ma in realtà non è che uno dei tanti bracci di mare che si inoltrano verso l’interno, anche per chilometri, dando tale impressione; infatti la presenza di numerose imbarcazioni di notevoli dimensioni, molte con bandiera italiana, e la consultazione della cartina ci fanno poi rendere conto che quel che vediamo non è altro che la profonda insenatura nella quale sbocca il fiume Krka.

Sostiamo nell’apposito parcheggio (35 kn), nel quale è ora consentita la sosta notturna anche ai camper, e prendiamo uno dei battelli che partono di continuo per portare la gente al parco. Il prezzo del battello è compreso in quello di ingresso al parco; il battello ci sbarca, infatti, proprio davanti alla biglietteria (55 kn a testa). Il parco è ben attrezzato e la passeggiata è piacevole.

Imbocchiamo il sentiero che costeggia ed oltrepassa le cascate e alla fine ci ritroviamo all’ingresso del parco, dove le cascate arrivano al livello del mare, nell’ampio spazio adibito ad area di sosta e da pic nic, munita di servizi igienici, bar e ristorante.

Facciamo il bagno nell’acqua gelida e tonificante del fiume, in prossimità delle cascate (costantemente sorvegliate), consumiamo la colazione a sacco e alle 15.30 riprendiamo il battello che ci avrebbe riportato al Skradin.

Ripartiamo subito, con l’idea di trovare una sistemazione lungo la strada per Zadar (Zara) e di fare un altro bagno.

Tentiamo una sosta presso Biograd na Moru, perdendo molto tempo in ispezioni e retromarce, per poi renderci conto che da quella zona ci eravamo già allontanati in tutta fretta nel viaggio di andata.

Tentiamo di fermarci in un autokamp apparentemente attrezzato in modo soddisfacente ma dopo aver atteso inutilmente qualcuno che ci desse informazioni, ce ne andiamo. Più avanti troviamo posto per fare un buon bagno su un lungomare attrezzato, sistemando il camper in un parcheggio in forte declivio in prossimità di un autokamp. Dopo il bagno ripartiamo, superiamo Biograd na Moru e nel tardo pomeriggio troviamo posto in un’accogliente pineta a pochi chilometri da Sukosan, a quell’ora libera dai bagnanti pendolari ed occupata solo da alcuni camper. Da quando abbiamo lasciato il parco nazionale di Krka abbiamo percorso solo 110 km.

Il posto è bello e decidiamo di trattenerci.

 

          3.8.2003

Il posto è veramente bello e riposante, ben indicato per un soggiorno più lungo, ma c’è il problema del Gran premio di Formula 1; metà del nucleo familiare gradirebbe vederlo e così cominciamo a studiare in che modo realizzare tale intento. Dopo breve discussione giungiamo ad un compromesso: verso le 12.00 montiamo in camper e raggiungiamo Sukosan; parcheggiamo sull’interminabile molo a ferro di cavallo, lungo il quale si trovano, uno dietro l’altro, almeno 5 autokamp del tipo “tutto completo”, e ci mettiamo alla ricerca di un ristorante che abbia la televisione. Lo troviamo sulla statale; al gestore facciamo capire che la condizione essenziale per farci restare a pranzo è quella di fari vedere il Gran premio; ci accontenta subito, sintonizzandoci sul canale appropriato ben un’ora prima dell’inizio della corsa. Pranziamo bene (solo un secondo a base di carne con abbondanti contorni) pagando 241 kn con l’amaro in omaggio, vediamo la corsa, il cui esito non ci lascia contenti, e poi ritorniamo al nostro posto in pineta per trascorrervi la notte.

 

          4.8.2003

Il tempo stringe, entro il 7 mattina dobbiamo stare a casa, e così decidiamo di ripartire in giornata. Alle 15.00, dopo pranzo, ci rimettiamo in viaggio, superiamo Zadar e solo all’ultimo momento decidiamo, a Posedarje, di deviare per l’isola di Pag, così come avevamo programmato in un primo momento. La strada per alcuni tratti è pessima e costringe a ridurre la velocità da 90 a 40 km/h, ma i paesaggi bellissimi rendono il viaggio più gradevole. Dirigiamo verso Pag, superando il ponte che unisce l’isola alla lingua di terra della quale la stessa isola rappresenta la naturale prosecuzione. Dopo esserci lasciati alle spalle innumerevoli piccoli spazi, brulli ed assolati ma buoni per una sosta, raggiungiamo Pag, immancabile carnaio. Facciamo inversione in un parcheggio, il cui custode, sbracciandosi, ci avvisa che la strada finisce lì e, pertanto, ci fa entrare nel parcheggio per fare inversione di marcia.

Riprendiamo la strada verso nord, con l’idea di traghettare, a Zigljen, per Prizna, così riprendendo la statale 8 più avanti ed evitando di ritornare indietro. Dall’alto della collina vediamo l’enorme agglomerato di Pag e ad un certo punto, lungo la strada per Novalja, seguendo l’istinto, svolto a sinistra e dirigo verso il mare, località Kosljun, seguendo una strada rettilinea e stretta, ma ben asfaltata, diretta verso lingue di terra a tratti verdi e a tratti bruciate dal sole, che si protendono verso il mare aperto.

Kosljun è composta da alcune case da villeggiatura, molte occupate da italiani, un autokamp, un piccolo molo di poche decine di metri e niente più; anche per un market, ci dicono, dobbiamo tornare a Pag (8 km). Ci raggiunge un camper con una famiglia di milanesi, or ora giunto in Croazia; il camperista mi sconsiglia Novalja, autentica bolgia al pari di Pag, e mi dice che per traghettare da Prizna ha pagato una cifra enorme (190 kn). Pertanto dopo il bagno ripartiamo in direzione terraferma, rifacendoci i 50 km di strada non sempre piacevole. Riprendiamo l’autostrada per lo stesso breve tratto che avevamo fatto all’andata, questa volta senza preoccupazioni per il pedaggio; preoccupazioni che, comunque, sarebbero state inutili: giunti al casello, infatti, il casellante ritira il biglietto e ci avvisa che, almeno per noi, non c’è pedaggio da pagare (forse è un’iniziativa a favore degli stranieri?).

Risaliamo la statale 8 rivedendo dalla terraferma, la penisola che continua con l’isola di Pag e che occupa tutto l’orizzonte alla nostra sinistra; verso sera, poco prima di Tribanj entriamo in un piccolissimo autokamp, affacciato sulle calme e fredde acque del Velebitski Kanal, il braccio di mare che separa le isole di Krk, Rab e Pag dalla terraferma.

Il campeggio è piccolo – non può ospitare più di 10-12 roulotte o camper - ma è tranquillo ed accogliente, come il proprietario; è direttamente sul mare e vi si trova anche qualche posto ombreggiato; esso, tuttavia, offre ben poco, anche il rifornimento d’acqua pare essere un problema (l’acqua bisogna prelevarla dai servizi per mezzo di taniche); il ristorante, però, è pieno di gente che viene da fuori: ciò ci fa pensare che o si mangia bene o si paga poco.

 

          5.8.2003

Decidiamo di trattenerci per l’intera giornata per ripartire domani, sul presto.

Ceniamo al ristorante del campeggio e verifichiamo che ricorrono entrambe le circostanze ipotizzate, in quanto vi si mangia bene e per pochi soldi: per 291 kn consumiamo porzioni esagerate di calamari arrosto e patate fritte innaffiate da abbondante birra. Dovendo partire sul presto, pago anche i due pernottamenti, quello scorso e quello prossimo, nella misura di 90 kn per notte.

 

          6.8.2003

Alle 6.45 ripartiamo, iniziando definitivamente il rientro. A Karlobag faccio il pieno di carburante, la carta di credito fa i capricci e così pago in euro, non controllo il cambio e il benzinaio mi frega circa 3 euro.

Poco prima della zona industriale di Bakar ci fermiamo per un ultimo bagno, non eccellente e, peraltro, gelido, per l’evidente presenza di sorgenti sottomarine.

Seguiamo le indicazioni per l’Italia, l’Austria e la Slovenia e seguendo questa segnaletica ci ritroviamo ad attraversare Rijeka (Fiume) lungo la strada che, provvidenzialmente, non avevamo fatto all’andata; attraversiamo, infatti, la città, con notevole perdita di tempo, seguendo sempre la stessa segnaletica, fino ad un incrocio con semaforo dove l’indicazione per l’Italia è sostituita da quella per Trst, e prima di capire che Trst stava per “Trieste” ci abbiamo messo un bel po’, dopo aver provato tutte le altre direzioni, con le solite complicate inversioni di marcia.

Alle 13.00 siamo alla frontiera slovena; consumiamo le ultime kune al free shop, consumiamo anche un rapido pasto, in camper, sotto l’immancabile pioggia. Alle 14.35 rientriamo finalmente in Italia.

Dalla statale che conduce a Trieste, superata la città, imbocchiamo l’autostrada per Venezia e poi Bologna. Il poco traffico mi induce a deviare per l’autostrada A1, anziché, come all’andata, per la A14, e alle 22.00 siamo all’altezza di Firenze. Passiamo la notte in un’area di servizio.

 

          7.8.2003

Alle 6.30 lasciamo l’area di servizio e alle 11.00 siamo a Nola, a casa, dopo aver percorso complessivamente 3.730 km.

 

 

 

 

                         



Viaggio effettuato in Agosto 2003 dal Giuseppe Iandolo

Potete trovare ulteriori informazioni sulle località toccate da questo itinerario nella sezione METE, e i più recenti aggiornamenti alla situazione delle aree di sosta nella sezione AREE DI SOSTA.


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