quote:Originally posted by Vertigo Il nome di Democrito è rimasto legato alla sua celebre teoria atomista considerata, anche a distanza di secoli, una delle visioni più “scientifiche” dell’antichità: l’atomismo democriteo infatti fu ripreso non solo da altri pensatori greci, come Epicuro, ma anche da filosofi e poeti romani (Lucrezio) nonché da filosofi del tardo medioevo e dell’età rinascimentale. Come è stato rilevato dal Gomperz e da altri studiosi, Democrito può essere considerato il “padre delle fisica”, così come Empedocle lo era stato della chimica. Anche il Geymonat afferma che “l’atomismo di Democrito…ebbe una funzione determinante, nel XVI e XVII secolo, per la formazione della scienza moderna”. Alla base della metafisica di Democrito c’erano i due concetti di atomo e di vuoto. Democrito per certi aspetti sostituì l’opposizione logica eleatica tra essere e non essere con l’opposizione fisica tra atomo e vuoto: l’atomo costituiva l’essere, il vuoto rimandava in un certo senso al non essere. Ma cos’era un atomo per Democrito? Esso costituiva il fondamento metafisico della realtà fisica; ciò significava che gli atomi non venivano percepiti a livello sensibile (realtà fisica) ma solo su un piano intellegibile, ossia attraverso un procedimento intellettuale che scomponeva e superava il mondo fisico-corporeo. C’è da precisare che l’atomo democriteo non costituiva in sé una intellegibilità pura, come sarà l’idea di Platone, in quanto esso possedeva una essenziale consistenza materiale: tuttavia era pur sempre una realtà intellegibile poiché sfuggiva ai sensi e si coglieva solo mediante l’intelletto. La realtà degli atomi costituiva per Democrito l’arché, quindi l’essere immutabile ed eterno. Gli atomi erano concepiti come particelle originarie indivisibili: essi cioè erano quantità o grandezze primitive e semplici (= non composte), omogenee, compatte e non divisibili (l’etimo della parola atomos significa infatti non divisibile) perché quella (la non divisibilità) era la loro natura peculiare. Democrito quindi contrappose alla divisibilità infinita dello spazio geometrico, sostenuta da Zenone, l’indivisibilità dello spazio fisico, che trovava appunto nell’atomo un limite invalicabile. Gli atomi dunque, in quanto principio primo di ogni realtà, erano eterni ed immutabili: essi non erano stati generati né potevano essere distrutti ma esistevano da sempre e sempre sarebbero esistiti. Gli atomi però, in quanto particelle quantitative (quindi del tutto diversi dai semi qualitativi di Anassagora), costituivano il pieno, che rimandava necessariamente alla realtà di un vuoto in cui potersi collocare, in cui poter esistere. Il vuoto infinito costituiva quindi anch’esso una realtà originaria analoga a quella degli atomi, poiché rendeva possibile la loro esistenza: infatti gli atomi non sarebbero stati nemmeno pensabili senza uno spazio vuoto infinito entro cui potersi muovere incessantemente. In questo illimitato vuoto spaziale non esistevano più punti di riferimento, tanto è vero che il filosofo greco, quasi anticipando il moderno concetto di infinito fisico, così affermò “non esiste basso né alto, né centro né ultimo, né estremo”. Fin da Aristotele, atomi e vuoto sono stati variamente interpretati; infatti lo stesso Aristotele così si espresse nella sua Metaphisica “Leucippo e il suo discepolo Democrito pongono come elementi il pieno e il vuoto, chiamando l’uno essere e l’altro non essere”. Di fronte alla realtà di qualcosa (l’atomo), Democrito avrebbe ammesso l’esistenza di un “non qualcosa”, il vuoto appunto, il nulla inteso come spazio. Quindi il vuoto di Democrito non stava ad indicare l’esistenza del non essere ma più semplicemente la mancanza di materia, coincidente appunto con lo spazio. Pieno e vuoto costituivano pertanto i due principi originari a cui ricondurre l’esistenza di tutte le cose: l’uno rimandava all’altro, lo implicava necessariamente, poiché la realtà era il risultato della loro sintesi (= unione). Come si è già accennato, gli atomi possedevano il movimento come loro caratteristica intrinseca: essi infatti si muovevano eternamente e spontaneamente nel vuoto, incontrandosi e scontrandosi. Il divenire del cosmo e della natura e la molteplicità degli enti erano dovuti proprio a questo incessante movimento da cui tutto si formava per poi disgregarsi. Il movimento quindi costituiva una proprietà intrinseca e spontanea degli atomi e, come tale, non era generato da una causa esterna ad essi: spontaneamente, per loro natura, essi si muovevano (Epicuro, un filosofo atomista successivo, dirà invece che gli atomi si muovevano a causa del loro peso). In questo eterno e naturale movimento degli atomi di Democrito alcuni studiosi hanno visto una sorta di primitiva intuizione del principio di inerzia. E’ stato notato infatti che “il principio di inerzia, fondamento della dinamica galileiana, dice pressappoco la stessa cosa: afferma infatti che il moto rettilineo uniforme non richiede la presenza di alcuna causa che lo provochi; solo dove si ha accelerazione deve esserci una causa che lo produce”(Geymonat). In Democrito dunque, come osservò Aristotele, era assente il concetto di una causa del movimento; non era chiaro infatti “il perché del movimento, né di quale specie esso sia né la causa per cui il movimento avviene in un modo o in un altro”. Come abbiamo già detto, gli atomi democritei, essendo definiti come quantità infinitesime, erano del tutto privi di determinazioni qualitative: non esistevano atomi di ferro, di legno o di acqua ma solo realtà omogenee differenziate tra loro soltanto da un punto di vista quantitativo. Democrito ammise l’esistenza di tre differenze fondamentali: forma (o figura), contatto reciproco (o ordine), posizione (o direzione). Dal punto di vista della forma, ad esempio, l’atomo A era diverso dall’atomo B (la forma evidentemente includeva anche la grandezza). La posizione indicava il fatto che l’atomo A occupasse un posto diverso da quello di B; infine l’ordine (o contatto reciproco) indicava l’esistenza di una relazione AB che era diversa da BA. Tutte queste differenze, come si vede, erano di natura geometrico-quantitativa e davano luogo ad una realtà caratterizzata esclusivamente da rapporti quantitativi, secondo quell’idea che era stata già intuita dalla scuola pitagorica. Nella sua lunga esistenza Democrito scrisse anche opere di etica, in cui affermava che l'interesse maggiore dell'uomo deve essere la felicità, che si ricerca attraverso una moderata cancellazione della paura: per questo egli divenne noto come il "filosofo del riso", a differenza del triste e pessimista Eraclito che venne definito il "filosofo del pianto".>> Non credi ci debba delle spiegazioni?????
quote:Originally posted by vertigo> Caspita, sei tu l'autore della voce di Wikipedia su Democrito? Complimenti![8D]
ho sbagliato ad inserire un 3d, succede... Mario >