Inserito il 25/11/2009 alle: 21:50:31
copio e incollo un articolo della mia amica Valeria Rossi appsarso ieri su un quotidiano ligure.
Inutile dire che la quoto al 100%
IL PONENTE-LA VOCE DI SAVONA
di VALERIA ROSSI – Sono sotto choc da ieri sera. Ho avuto la pessima, ma davvero pessima idea di guardare il video girato da due criminali lituani, che mostra un terzo criminale lituano che butta giù da un ponte il suo cagnolino Pepper, dicendo (pare: il video è in russo e non capisco una parola) “ora vediamo se i cani sanno volare”. Il cane, un meticcio di piccola taglia che stava fiducioso tra le braccia del suo aguzzino, si è schiantato dopo un volo allucinante in cui (purtroppo per lui) non ha perso subito la vita, ma ha riportato la frattura del bacino e probabili lesioni interne: è stato trovato dopo ore di sofferenze indicibili da un passante, che l’ha affidato subito alle cure di una clinica veterinaria.
Il video che gira su facebook (non metto alcun link perché non consiglio a nessuno di guardarlo: fa troppo male) mostra l’ignobile atto filmato dai criminali e poi passa a Pepper in clinica, curato e accudito e apparentemente in discrete condizioni: purtroppo, dopo qualche giorno, il piccolo è morto. Qualche fonte sostiene che non sia vero, che sia ancora in cura e che ci sia speranza di salvarlo: ma quasi tutti i siti del mondo danno la versione più triste.
Ecco, io da ieri sera non riesco a pensare ad altro.
Ieri sera non sono riuscita a cenare, stanotte non sono riuscita a dormire. Continuavo a rivedere quel musetto fiducioso, sereno, che non mostra alcun timore neppure quando il *******o a due zampe che lo tiene in braccio si affaccia dal ponte per la prima volta, guardando giù e sogghignando. Un cane non può neppure lontanamente immaginare che qualcuno abbia in mente di fargli del male.
E il suo disperato guaito, quando arriva a terra, è quasi un grido di sorpresa, più ancora che di dolore. Sembra chiedersi: “Ma perché? Come è potuto succedere?”
Io quel guaito continuo a risentirlo. Cerco di pensare ad altro, di lavorare, di non tornare più a quelle immagini: e sento quel grido, quel “perché?” a cui, forse, Pepper non è mai riuscito a rispondere. Io non credo che si sia reso veramente conto di quello che è successo, perché una tale malvagità, una tale disumanità, non può essere concepita dalla mente di un cane.
Il brutto è che può essere concepita dalla mia.
Io lo so perfettamente, quello che è successo: così come lo sanno tutti coloro che, come me, si sono trasformati in belve assetate di sangue dopo aver visto quel video.
E’ nato un gruppo, su FB, per chiedere “il massimo della pena per Svajunas Beniukas” (questo è il nome dell’assassino): e non c’è un solo commento in cui non ci si auguri che crepi anche lui. Che venga buttato da un ponte e lasciato lì ad agonizzare; che venga picchiato, torturato, fatto soffrire in ogni modo possibile.
Il gruppo ha già 6500 iscritti (credo sia nato solo ieri) e i commenti sono tutti di questo tenore: e la cosa peggiore, forse, è che mi fanno un gran piacere.
Questa notte, in cui non riuscivo a prendere sonno ripensando alternativamente a quel guaito e a quella sottospecie di essere disumano, per cercare di non piangere immaginavo di trovarmelo davanti.
Pensavo di essere su una delle macchine che transitavano su quel ponte e di assistere a quella scena.
Non vi racconto nel dettaglio le immagini che mi hanno attraversato la mente; non è niente di cui andare fieri.
Ma sognare di fare quelle cose era l’unica consolazione che riuscivo a trovare. SPERARE che qualcuno gliele faccia davvero, quando uscirà di galera (gli hanno dato, pare, otto mesi di reclusione e una multa dell’equivalente di 7 euro), era l’unica cosa che mi faceva sentire un po’ meglio.
Ma perché? mi chiedo.
Io non sono così. Non sono una belva senza cuore, rispetto la vita (anche quella umana, di solito), sono sempre stata fortemente contraria alla pena di morte. E presumo che gli autori di tutti quei commenti cattivi come i miei pensieri siano a loro volta persone normali, fondamentalmente buone, a cui non capita spesso di inviare
auguri di morte e di sofferenza a qualcun altro.
Solo che non si può star male e basta.
Non si può solo piangere per la sorte di quel povero, piccolo, sciocco cane che ha avuto il torto di fidarsi di quello che pensava fosse un essere umano. Un essere a cui voleva bene.
Non ci si può sentire il cuore che si fa piccolo piccolo, che si stringe e fa un male dannato, e non reagire con rabbia: perché la rabbia è quella che ti salva dalla disperazione impotente.
E allora odi, odi con tutta la forza che hai: odi per autodifesa, per calmarti un po’, per stare un po’ meglio.
E poi ti chiedi: ma se davvero mi trovassi su un ponte come quello, e vedessi una scena come quella, farei quello che ho pensato di fare?
Ecco, ci ho pensato tutta la mattina. E la risposta è SI.
Sì, lo farei, senza ombra di dubbio.
E NO, non mi sentirei sullo stesso piano di quel lurido porco.
Perché difendersi dal male, attaccare il male, uccidere il male NON è la stessa cosa che averlo dentro, così lucido, così maledetto, così freddo.
Gente come Svajunas Beniukas non può calcare impunemente questa terra, non solo per quello che ha fatto a Pepper ma anche per quello che ha fatto a me e a tutti quelli come me.
E non provate a dirmi che ha ammazzato “solo un cane”, perché non è il “chi”. E’ il “come”.
Io posso arrivare – a fatica, ma posso provarci – a giustificare qualsiasi atto violento e brutale: è vero, c’è anche chi ammazza i bambini, ma un momento di pazzia posso arrivare a capirlo.
Che si reagisca in modo folle a un capriccio, a un pianto esasperante, a una qualsiasi cosa del tutto innocente percepita da una mente malata come una provocazione… questo posso arrivare a concepirlo, anche se perdonarlo è un altro paio di maniche.
Ma partire proprio con l’idea di spegnere una vita innocente in modo così atroce, programmare la cosa a sangue freddo, infierire in quel modo contro un esserino che non sta facendo assolutamente NULLA se non fidarsi di te e starsene buono tra le tue braccia… questo no.
Non è concepibile, non è accettabile, non ha nessuna giustificazione al mondo. Neppure la pazzia.
Ora dicono che il lurido porco avesse problemi psichici.
Non mi interessa. Non è una giustificazione. Lo potrebbe essere, forse, per un raptus: ma non per la gelida, cinica programmazione di una simile mostruosità .
Io sono – e resto – contraria alla pena di morte per gli esseri umani: ma quello NON è un essere umano.
Mi rifiuto di ammettere che lo sia, che possa appartenere alla mia stessa specie e a quella di chi mi circonda.
Non è umano lui e non sono umani neppure quelli che stavano lì a filmare ridendo – ridendo! – anziché intervenire, bloccare il lurido porco, portarlo dritto in manicomio. E non so neppure quanto siano umani quelli che hanno aperto il “controgruppo” di FB che propone “solidarietà” al lurido verme: anche se è evidente che sono solo degli stupidi provocatori, il solo fatto che si possa fare dello spirito su un fatto come questo è profondamente disgustoso.
No, non posso e non potrò mai provare pietà per quegli esponenti di una sottorazza disumana.
Se fossi costretta ad accettare che appartengono alla mia stessa specie, mi batterei per l’immediata estinzione degli umani: quindi no, non li ritengo “umani”.
Hanno un involucro che assomiglia a quello di un uomo, ma sono di un’altra specie. Pericolosa e iniqua, da eliminare prima possibile.
Però diciamo che, tendenzialmente, resto contraria alla pena di morte: il che, sia chiaro, non mi impedirà di giore sfrenatamente e selvaggiamente (e me ne vanto, perdio) se scoprirò che Svajunas Beniukas, appena uscito di prigione, ha avuto un incidente di macchina ed è rimasto ad agonizzare per ore senza che nessuno gli prestasse soccorso; o che qualcuno l’ha preso e l’ha scaraventato giù da un ponte (nel qual caso proporrei questo signore per una medaglia al valore).
La pena di morte statale, però, non riesco ad accettarla neanche verso questo coso che in fondo mi dispiace chiamare “porco” o “verme”, come ho fatto finora, perché porci e vermi NON sono crudeli: perché, anche se sarebbe sacrosanta, si tratterebbe sempre di programmare a mente fredda l’uccisione di un essere vivente.
Meno importante di un cane, dal mio punti di vista, e molto meno meritevole di vivere: ma pur sempre “vivente”.
E questo non può andar bene. Non in una società civile. Una società civile non ammazza freddamente né uomini, né cani (nè piccioni, caro Comune di Savona), né “cosi” nati con un cuore che batte.
Ma questo non significa che si debba accettare di veder circolare tra noi esseri (dis)umani di questa risma.
Non si può pensare che questi esseri ne frequentino altri, parlino con altri, possano avere una qualsiasi influenza su veri esseri umani.
Umanoidi come Svajunas Beniukas devono stare fuori da qualsiasi società civile: per quello che sono e per quello che fanno agli altri.
Per il male di cui sono fatti e per la facilità con cui lo tirano fuori dagli esseri umani veri.
Esseri come questo devono essere isolati dal resto del mondo. Ghettizzati.
Questo pianeta è pieno di isole: se ne scelga una, la si renda irraggiungibile e impenetrabile, la si “isoli” nel vero senso della parola e si mandino là, per sempre, tutti gli esseri indegni di stare in una società civile.
Quelli come Beniukas e come quelli che hanno girato il video; quelli che ammazzano i bambini di botte; quelli che violentano donne indifese.
Poi si creino la loro (isolana e isolata) società come meglio credono: si ammazzino tra loro o trovino un modus vivendi. Non mi interessa.
Basta che stiano lontani dal resto del mondo, che non possano essere le mele marce che guastano il cesto sano. Guastino altre mele marce, chissenefrega.
Vivano pure, perché ammazzarli non è eticamente accettabile; ma vivano stando FUORI DAI *******I di questa società civile che già facciamo tanta fatica a tenere assieme, e che basta tanto poco per riportare allo stadio più primitivo e selvaggio.
Io non voglio sentirmi come mi sento stamattina.
Non mi piace, non lo sopporto, mi fa male fisicamente.
Ma non sarei stata così, non mi sarei sentita così, se a quell’essere immondo e ai suoi degni compari non fosse stato consentito di vivere nella mia stessa società.
E credo che sia giusto chiedere che non gli sia più consentito