Da un po’ di tempo si richiama con insistenza su questo forum la direttiva Ministeriale del 24.10.2000, quella denominata
«Direttiva sulla corretta ed uniforme applicazione delle norme del codice della strada in materia di segnaletica e criteri per l'installazione e la manutenzione», come la panacea di tutti i mali; lo strumento attraverso il quale il Ministero avrebbe detto definitivamente la parola «fine» alla
querelle relativa alla legittimità o meno delle ordinanze limitatrici della circolazione e sosta delle autocaravan.
Perciò, a proposito di questa direttiva, voglio individuare alcuni spunti di riflessione sui quali provare a sviluppare un ragionamento.
Prima di ogni altra cosa, e nonostante la diversa opinione di qualcuno, mi pare pacifico che, nel diritto amministrativo, per “direttiva”, normalmente si intende
«l’atto mediante il quale l’autorità superiore invita l’ente o l’organo dipendente a realizzare un determinato programma ovvero una determinata iniziativa» (P. Virga, Dir. Amm. “atti e ricorsi”, 28). Si tratta dunque, certamente, di un
atto amministrativo, in quanto provvedimento proveniente da un’autorità amministrativa e diretto ad altro organo amministrativo.
E, la direttiva si distingue dalla “diffida” che è quell’altro atto amministrativo
«con cui si invita un soggetto ad esplicare una determinata attività o ad astenersi da un determinato comportamento in esecuzione di un obbligo derivante dalla Legge o da un atto amministrativo» (P. Virga, id.).
La direttiva 24.10 2000, come si legge nella sua stessa epigrafe, è stata emanata dall’ex Ministero dei LL.PP. nei confronti degli enti proprietari delle strade e delle Prefetture, con l’intento di
uniformare e correggere, rendendole conformi alle disposizioni del CdS
l’installazione e la manutenzione della segnaletica stradale. Insomma ha ad oggetto il come debbano essere fatti e come debbano essere conservati i cartelli che vediamo lungo le strade, da parte degli enti (Comuni, Province, Prefetture, etc.) che le gestiscono.
E’ una direttiva emanata, si legge nella premessa, a norma dell’art. 5 co. 1 e 35 co. 1 del CdS, cioè in forza del potere attribuito dal legislatore al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di
«impartire ai prefetti ed agli enti proprietari delle strade le direttive per l’applicazione delle norme concernenti la regolamentazione della circolazione sulle strade» (1) (art. 5 co.1 CdS) ed in particolare, nella specie il Ministero dei LL.PP. con la direttiva ha inteso fare uso della competenza attribuitagli dall’art. 35 co. 1 CdS (al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, dal 2006 scisso in due separati Ministeri) di
«impartire direttive per l’organizzazione della circolazione e della relativa segnaletica stradale»
Quindi, il potere e la competenza che ha conferito il legislatore al Ministero, attraverso gli artt. 5 co. 1 e 35 co. 1 CdS e di cui il Ministero può fare uso attraverso l’emanazione degli
atti amministrativi denominati direttive, è solo quello di organizzare, cioè fissare le regole (conformemente alla nozione di direttiva) cui l’ente sottoordinato (il Comune, la Provincia, il Prefetto) deve tenere conto per la circolazione dei veicoli e la relativa segnaletica stradale.
In particolare, con la direttiva del 24.10.2000 il Ministero ha inteso – nell’ambito delle competenze attribuitegli dalla Legge – esclusivamente
fissare le regole per l’installazione e la manutenzione della segnaletica stradale per uniformarle e correggerle, rendendole conformi alle disposizioni del CdS.
Niente di più di questo. Ed infatti, la direttiva, praticamente in quasi ogni sua parte, si occupa esclusivamente di segnaletica stradale e di tutto quanto correlato con essa.
Ma, tutto questo è vero con l'eccezione di un paragrafo del Capo 5 intitolato
“Impieghi non corretti della segnaletica stradale” In questo capo, la direttiva, oltre ad elencare una serie di casi di uso erroneo o irregolare della segnaletica verticale ed orizzontale, in quanto difformi dalle prescrizioni del CdS o del regolamento (quindi rimanendo nell’ambito della competenza e dei poteri attribuiti dalla Legge al Ministero dai sopra citati artt. 5 co. 1 e 35 co. 1 CdS) nel paragrafo 5.1, titolato:
«Casi più ricorrenti di vizi dei provvedimenti», tratta di tutt’altro: non di segnaletica, ma di provvedimenti ed ordinanze comunali.
Questo paragrafo della direttiva, al contrario di tutti gli altri
non si occupa di segnaletica, cioè della materia e degli argomenti facenti parte del dichiarato oggetto della direttiva e rientranti nel potere e competenza del Ministero, ma vuole ingerirsi del
potere di ordinanza di altri Enti (nella fattispecie, del potere di ordinanza dei Comuni (2).
Qui la direttiva si occupa
non della segnaletica, ma delle ordinanze emesse dai Comuni in ipotesi in cui «il provvedimento di regolamentazione del traffico» perseguirebbe obiettivi estranei alla (ma la direttiva,
in modo sgrammaticato dice
«nella») circolazione stradale.
Nella direttiva, apoditticamente, si afferma che nell’ipotesi sopra descritta sarebbero emersi (dove? chi li ha fatti emergere? in quale occasione?)
«casi chiaramente viziati da eccesso di potere, nella figura sintomatica dello sviamento»(3). Secondo il Ministero, lo sviamento consisterebbe (in conformità della nozione corrente di sviamento dalla causa tipica) nel perseguimento di fini diversi da quelli per i quali vi è il precetto normativo. Per cui le ordinanze sindacali sarebbero illegittime in quelle ipotesi in cui - in tema di autocaravan - il sindaco ha inteso vietarne la circolazione e la sosta con la motivazione che scaricherebbero abusivamente i liquami.
Ora, quanto contenuto in questa parte della direttiva, presta il fianco alle seguenti critiche:
A) L’affermazione che si tratterebbe di casi
«chiaramente viziati» da eccesso di potere è assolutamente indimostrata. Non viene citato, infatti alcun documento, sentenza, parere, fonte, dai quali risulterebbe che un’ordinanza che limiti la circolazione delle autocaravan per motivi di igiene sia viziata da eccesso di potere. Non c’è prova alcuna che sia viziata né che lo sia “chiaramente”. Si tratta di un’affermazione del Ministero che non trova riscontro alcuno (4).
B) Potrebbe a questo punto sorgere il dubbio che il «chiaramente viziato», derivi da una valutazione proveniente dal Ministero stesso. Cioè, visto che non lo dice nessuno, allora si potrebbe ritenere che le ordinanze sarebbero «chiaramente viziate», sol perché lo afferma il Ministero. Mi sembra un’ipotesi fantasiosa, ma qualcuno potrebbe anche pensarla in questo modo. Tuttavia, a questo punto, mi sembra chiaro che un’affermazione del genere:
«le ordinanze sono chiaramente viziate», in quanto proveniente da un organo che non ha alcun potere giurisdizionale, perché il Ministero
non ha il potere di decidere circa la legittimità o meno di un’ordinanza,
è priva di valore alcuno, in quanto proveniente da Autorità alla quale non è consentito esprimere giudizi sulla legittimità o meno su un ordinanza.
C) Il rilievo sopra sollevato, inoltre, mi spinge ad esaminare quello, collegato, della violazione di Legge ovvero dell’incompetenza del Ministero. Mi sembra, infatti che nell’intero paragrafo 5.1, quello titolato
«Casi più ricorrenti di vizi dei provvedimenti» la direttiva risulti fortemente viziata, in modo da renderne assolutamente illegittimo il contenuto, se non radicalmente nullo. La legge, come abbiamo visto più sopra, attribuisce al Ministero (art. 5 co.1 e art. 35 co. 1 CdS) il potere di
«impartire direttive per l’organizzazione della circolazione e della relativa segnaletica stradale». Dunque, questo può fare: occuparsi di circolazione e segnaletica, ma non può disquisire di legittimità o meno degli atti amministrativi di altri Enti Pubblici, perché tale potere non gli è attribuito da alcuna norma. Perciò, laddove la direttiva ha travalicato dai poteri riconosciuti dalla Legge al Ministero, risulta viziata da violazione di legge e, segnatamente, da violazione delle soprariferite norme del CdS. Si rileva, altresì, a mio parere, il vizio di incompetenza assoluta (5) (quello che da luogo alla nullità dell’atto), come già accennato più sopra, in quella parte della direttiva in cui il Ministero, confondendo il proprio ruolo con quello del giudice amministrativo, stabilisce di propria iniziativa, che l’ordinanza sindacale è illegittima.
D) C’è, infine, il problema della cogenza, del valore che ha, in questa parte, la direttiva nei confronti dei Comuni, tenuto conto del tono discorsivo e niente affatto imperativo in essa contenuto. La presunta
illlegittimità delle ordinanze sindacali è infatti contenuta in una parte della direttiva nella quale tale affermazione viene fatta incidentalmente, nell’ambito di un discorso più politico che giuridico, attinente all’
opportunità di emettere ordinanze che possano creare «situazioni di conflitto» e produrre riflessi negativi «sull’opinione pubblica». Ma a questo punto è chiaro che la decisione «politica» circa l’
opportunità di emanare o meno un’ordinanza non spetta al Ministero ed il Ministero non ha titolo alcuno per ingerirsi della questione. Il che - ripeto - pare dimostrare la consapevolezza da parte dello stesso Ministero di non avere titolo per intervenire sull’argomento, ma di avere semmai surrettiziamente inserito questo paragrafo nella direttiva, per fini diversi ed “altri”, a noi sconosciuti, ma che chi ha voglia di pensare male potrebbe magari immaginare.
In conclusione, io personalmente, per i motivi che ho sopra esposto, e per quelli che ho riportato in altri interventi, non ci vedo utilità, pertinenza e valore alcuno di questa direttiva ministeriale ai fini della soluzione del problema della circolazione e sosta delle autocaravan e del relativo potere di ordinanza dei sindaci.
angelo costa
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NOTE:
(1) Sul significato di questa espressione c’è l’opinione di Antonio Morelli che ritiene che il potere di direttiva si estende esclusivamente alle strade come definite dall’art. 2 CdS ma non alle sue pertinenze, come definite dall’art. 24 CdS, tra le quali ci sarebbero anche i parcheggi e le aree di sosta. Se fosse così allora la direttiva non avrebbe potere alcuno di intervenire nella regolamentazione della segnaletica riguardante la sosta. Ipotesi suggestiva, che ancora una volta dimostra come il CdS, in parecchi punti, sia mal scritto.
(2) Nel par. 5.1 che di seguito si trascrive, si legge:
«5.1 Casi più ricorrenti di vizi dei provvedimenti
Si è avuto modo di rilevare che talvolta i provvedimenti che dispongono l'impiego della segnaletica non tengono adeguato conto delle situazioni preesistenti, di quelle in atto sulle strade limitrofe o dei provvedimenti adottati da altri Enti proprietari di strade e che risultano interferenti con la viabilità dell’area interessata. Ne scaturiscono di conseguenza situazioni di conflitto che potevano evitarsi e con effetti negativi sulla fluidità e sicurezza della circolazione e, di riflesso, sull'opinione pubblica.
Sono emersi anche casi chiaramente viziati da eccesso di potere, nella figura sintomatica dello sviamento, quando si è inteso perseguire attraverso il provvedimento di regolamentazione del traffico risultati od obiettivi estranei nella circolazione stradale.
Tipiche al riguardo sono le ordinanze di divieto emanate per alcune categorie di veicoli a motore, le cui finalità hanno scarsa o del tutto carente attinenza con la circolazione; ed invece celano non espressi motivi di interessi locali non perseguibili con lo strumento dell'ordinanza "sindacale" a norma dell'art. 7. Si citano ad esempio il divieto di circolazione e sosta di autocaravans e caravans (spesso definiti erroneamente campers o roulottes), con motivazioni riconducibili al fatto che vengono scaricati abusivamente i liquami raccolti negli appositi bottini; il divieto di circolazione di motocicli o ciclomotori adducendo a motivo il disturbo della quiete pubblica, come se tutti i veicoli di quella categoria fossero non in regola con i dispositivo previsti dal Codice e pertanto fonte di disturbo acustico; la riserva di spazi per la sosta di categorie di utenti o di veicoli per i quali le norme del Codice non ammettono preferenza o riserva rispetto ad altri; l'imposizione di limiti massimi di velocità localizzati non giustificati dalle effettive condizioni della strada o da esigenze di sicurezza.
Quest'ultimo caso offre lo spunto per richiamare l'attenzione sull'esigenza di valutare attentamente la necessità di imporre limitazioni localizzate. Detta esigenza deve scaturire da carenti caratteristiche permanenti dei tratti stradali interessati e non da particolari condizioni ambientali che si possono presentare solo occasionalmente e rispetto alle quali è obbligo dei conducenti di adeguare la velocità, ai sensi del primo comma dell’art. 141 del Codice, salvo, se del caso, apporre segnali di pericolo e salvo il rispetto di esistenti direttive. Non sembra superfluo ricordare che la presunzione di una maggiore sicurezza, che deriverebbe dall'imposizione di limiti massimi di velocità più bassi del normale, è puramente illusoria; l'esperienza insegna, infatti, che divieti non supportati da effettive esigenze vengono sistematicamente disattesi, dando luogo, altresì, ad una diseducativa sottovalutazione di tutta la segnaletica prescrittiva e, talvolta, all'irrogazione di sanzioni che non hanno un reale fondamento.
In sintesi i provvedimenti, specie quelli limitativi, dovranno essere sempre motivati da effettive esigenze di circolazione o di sicurezza, comprendendo tra queste anche la disciplina della sosta che deve tenere conto delle condizioni strutturali delle singole strade ed avere specifico riguardo alle peculiari caratteristiche delle varie categorie di utenza interessata a tali provvedimenti.
E' dimostrato che i provvedimenti, anche se restrittivi, vengono generalmente accettati e rispettati dagli utenti della strada se improntati a criteri ispirati alla logica ed alla razionalità delle soluzioni. Occorre quindi che, vi sia la necessaria correlazione tra l'interesse pubblico che si vuole perseguire con l’ordinanza e la obiettiva situazione di traffico che si va a modificare, integrare o innovare».
(3) Per meglio comprendere ciò che intende dire il Ministero nella direttiva quando parla di eccesso di potere per sviamento, occorre riassumere brevemente alcune basilari nozioni di diritto amministrativo.
Un qualunque atto amministrativo: un’ordinanza, una diffida, una direttiva, un parere, una certificazione, etc., sono normalmente legittimi, in virtù della cd. presunzione di legittimità dell’atto amministrativo. Ma potrebbero anche essere illegittimi. E tanto lo accerta il giudice amministrativo (in primo grado il TAR, in appello il Consiglio di Stato) sulla base di un ricorso proposto da un soggetto che dal provvedimento eventualmente viziato ritiene di avere subito un pregiudizio ad un proprio diritto o interesse legittimo.
I vizi di legittimità che comportano l’annullabilità dell’atto amministrativo sono a) La violazione di Legge; b) l’incompetenza; c) l’eccesso di potere. Quanto all’eccesso di potere, quello citato nella direttiva del Ministero (come vizio delle ordinanze limitative della circolazione delle autocaravan) esso consiste nella violazione dei limiti della discrezionalità amministrativa, cioè si verifica in ipotesi di vizi attinenti ai presupposti, alla formazione ed ai fini della volontà amministrativa (Landi-Potenza, Man. dir. amm., par. 396).
Riguardo all’eccesso di potere, la giurisprudenza del Consiglio di Stato prima, e poi dei TAR, per “semplificare le cose” ha con il tempo individuato delle cd. “Figure sintomatiche dell’eccesso di potere”, cioè ha creato delle ipotesi tipizzate di eccesso di potere. Tra queste figure c’è lo
“sviamento dalla causa tipica” , (quello asseritamente individuato dal Ministero nelle ordinanze sindacali), che si verifica allorché il provvedimento amministrativo, pur tendendo ad un fine pubblico, persegua un fine diverso da quello per il quale è stato conferito il potere. Un’ipotesi di scuola è quella dell’ordinanza di spostamento della stazione delle autolinee extraurbane, allo scopo di favorire l’azienda di trasporti urbani, ovvero il provvedimento di trasferimento del dipendente anziché l’adozione del provvedimento disciplinare, perché con il primo si raggiunge più rapidamente il fine di allontanare l’impiegato dall’ufficio.
Nel caso specifico, il Ministero ritiene che l’ordinanza con la quale il Sindaco vieta la sosta delle autocaravan per motivi di igiene costituirebbe un’ipotesi di sviamento perché si affermerebbe (ma la cosa non mi è del tutto chiara) che il Sindaco, con l’ordinanza limitatrice, non perseguirebbe finalità di tutela dell’igiene che pure è riconosciuta nell’art. 7 CdS, ma bensì
«non espressi motivi di interessi locali».
(4) Anzi, c’è una corposa giurisprudenza della Cassazione: dalla sentenza 11278/2001 nel giudizio che ha visto coinvolto il Comune di Orosei a quelle recenti del Comune di Numana (Cass. 21173/06 e 23503/2006) che affermano esattamente il contrario, vale a dire la piena legittimità di queste ordinanze.
(5) L’incompetenza assoluta, come vizio dell’atto amministrativo, che da luogo, non all’annullabilità, ma alla
nullità assoluta dell’atto amministrativo, per cui non c’è neppure il problema della decadenza dei termini di impugnazione davanti al TAR, si verifica allorché il provvedimento proviene da un organo emanante diverso da quello di appartenenza dell’organo competente. Al proposito, per rendere la cosa più chiara, riporto alcuni esempi di scuola di incompetenza assoluta, ad es.: il provvedimento di espropriazione emesso da un provveditore agli studi; il rilascio di un diploma di laurea da parte di un intendente di finanza; ovvero, aggiungo io,
una sentenza di illegittimità di un’ordinanza sindacale per eccesso di potere per sviamento, pronunciata da… un funzionario ministeriale!.
Modificato da ngeloco il 07/03/2007 alle 20:21:28