Inserito il 26/11/2012 alle: 23:32:37
RSU di Laika Caravans
Vicenda Laika – Una vittoria corale
in Lavoro, Sviluppo
Laika è un’azienda fondata nel 1964 da un imprenditore fiorentino, amante del turismo all’aria aperta e affascinato dalla vicenda della cagnetta Laika, il primo essere vivente che fu lanciato nello spazio a bordo della capsula sovietica Sputnik 2. Nel 2000 Laika viene acquisita dal gruppo tedesco Hymer, leader europeo nella costruzione di veicoli ricreazionali. Purtroppo la storia insegna che spesso le acquisizioni vengono attuate al fine di eliminare potenziali concorrenti sul mercato, e noi lavoratori, supportati in questo dal sindacato, avevamo ben presente questo rischio, tanto che la nostra unica richiesta al compratore fu quella di impegnarsi concretamente con un progetto industriale che confermasse la presenza in Italia, in Toscana, nel Chianti di Laika: la costruzione di un nuovo stabilimento che raggruppasse finalmente gli attuali sei siti produttivi nei quali è frazionata la produzione di Laika. Una richiesta che andava sicuramente nella direzione di valutare le reali intenzioni della nuova proprietà e al tempo stesso mirava a migliorare le condizioni di lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori di Laika. La frammentazione della catena produttiva oltre a generare enormi sprechi e perdite di produttività, pesa enormemente sulle spalle dei lavoratori, che oggi devono continuamente spostarsi per più volte al giorno da un capannone all’altro percorrendo la viabilità ordinaria.
Hymer accolse con favore la nostra richiesta, e dal 2001 furono avviate le procedure per individuare un terreno che potesse soddisfare i requisiti richiesti per poter ospitare uno stabilimento di 26.000 mq. Le ricerche nel comune di Tavarnelle Val di Pesa, attualmente il comune in cui si trova la sede di Laika Caravans, non sortirono il risultato sperato. Fu così che si è verificato qualcosa che non succede spesso: i comuni di Tavarnelle e di San Casciano Val di Pesa hanno unito le loro forze, il primo chiedendo disponibilità si spazi al secondo al fine di trattenere sul territorio una realtà importante come Laika che ad oggi impiega 250 lavoratori diretti oltre a dare lavoro ad un indotto stimato in circa 600 lavoratori. Gli egoismi di campanile con cui sempre più spesso veniamo a contatto, hanno lasciato spazio ad un interesse più alto, al bene comune di una collettività, affinché il Chianti non perdesse questa importante realtà produttiva. Potrebbe sembrare cosa da poco, ma per un comune, veder partire dal proprio territorio un’azienda come Laika, che in esso è nata ed è cresciuta non è , da un punto di vista economico, di prestigio ed anche storico. Ma l’intelligenza politica degli amministratori locali ha permesso loro di capire che Laika per vivere aveva bisogno di altri spazi, di crescere in modo più organico. Non c’era alternativa. Anzi, l’alternativa o meglio le alternative, se tali possono considerarsi c’erano: lasciare che Laika se ne andasse, nella migliore delle ipotesi allontanandosi dal territorio della Val di Pesa, magari verso la piana dell’Osmannoro, nella peggiore delle ipotesi invece assistere all’ennesima azienda che lascia l’Italia per andare ad investire in altri paesi, magari dell’est europeo, come hanno fatto alcune concorrenti di Laika. Si sarebbe trattato di due eventi ugualmente drammatici per il lavoro, seppure con le dovute distinzioni e diversità di accenti, per un territorio com’è il Chianti non certamente prodigo di occasioni d’impiego. Spostare un’azienda, magari anche soltanto di qualche decina di chilometri, non è un’operazione neutra per i lavoratori: famiglie intere con figli o anziani in casa costrette a cambiare i propri ritmi di vita, soprattutto per le donne alle quali frequentemente è chiesto un sacrificio maggiore, come lavoratrici, come madri, come coloro che si prendono cura di familiari anziani o semplicemente della casa. Ricordiamo che l’impatto per Laika sarebbe stato notevole dato che si tratta di un’azienda composta per il 48% da forza lavoro femminile. In questo scenario, i sindaci dei due comuni si impegnarono nella ricerca di un terreno che soddisfacesse le richieste, il quale fu individuato in località Ponterotto, nel comune di San Casciano, in un’area che un precedente P.R.G. Regionale aveva classificato come produttiva, posizione poi stralciata dalla Regione Toscana non per motivi di tutela ambientale, ma per carenza di domanda di ulteriori aree produttive. Era il 2003. L’iter burocratico che ha portato alla definizione dell’intervento è stato lungo e complicato, ma proprio per questo maggiormente garantista per tutti coloro che volevano esprimere un proprio punto di vista. E puntualmente questa opportunità è stata colta: nel 2007 l’iter burocratico ha subìto un’interruzione di circa un anno in seguito ad un ricorso promosso davanti al TAR della Toscana da varie associazioni ambientaliste, che aveva come oggetto la delibera del Consiglio Comunale di San Casciano con la quale si dava il via alla cosiddetta “variante Laika”. Il 23 giugno 2008 arrivò la sentenza che pose fine alle nostre paure: i giudici del TAR avevano dichiarato le istanze dei ricorrenti “infondate ed inammissibili”. Purtroppo però i nostri problemi non terminarono con questa sentenza lapidaria. A settembre dello scorso anno, una nuova tegola si abbatté sui lavoratori Laika: una consigliera del Consiglio Comunale di San Casciano, rappresentante di quei comitati contrari all’investimento di Laika, propose una mozione che chiedeva la revoca della delibera comunale che autorizzava lo spostamento di alcuni reperti di epoca etrusco-romana rinvenuti durante i lavori di scavo per il nuovo stabilimento. A quella “movimentata” riunione del Consiglio Comunale presero parte tutti i lavoratori Laika, 240 lavoratori, che assisterono stupiti a quello che aveva tutta l’aria di trasformarsi per loro in un nuovo incubo. Anche in questa circostanza, le istanze del lavoro hanno avuto la meglio, grazie alla mobilitazione dei lavoratori attraverso il sindacato ed alla determinazione dell’amministrazione comunale e del Consiglio Comunale tutto che in quell’occasione votò compattamente contro questa mozione, e forti anche del fatto che tutte le istituzioni competenti in materia (Ministero dei Beni Culturali, Sovrintendenza ai Beni Archeologici della Toscana, Sovrintendenza ai Beni Culturali) avevano espresso il proprio parere favorevole alla traslazione dei reperti in un’area adiacente l’erigendo stabilimento. Purtroppo, i fatti che sono seguiti a tale vicenda, ci hanno fatto capire che questa Consigliera non era sola nella sua battaglia, ma altri e più potenti forze remavano contro noi lavoratori: esponenti del parlamento nazionale, assessori e consiglieri regionali, esponenti della cultura accademica che grazie al loro nome altisonante hanno ottenuto una visibilità per noi irraggiungibile sui media nazionali e che hanno attaccato con ogni genere di accusa il progetto di costruzione del nuovo stabilimento Laika. Rimettere in discussione la costruzione del nuovo stabilimento, dopo ben dieci anni, anche semplicemente per “aprire un tavolo di discussione per individuare altre aree più idonee” come recitava la richiesta della Consigliera comunale, significava di fatto spingere la proprietà ad abbandonare il progetto definitivamente: la dirigenza tedesca avrebbe mal digerito un’ulteriore dilazione, considerato il fatto che il gruppo Hymer tre anni fa, per costruire uno stabilimento del tutto simile a quello previsto per Laika, nella ex Germania dell’Est, ha impiegato la bellezza di 19 mesi, tempi impensabili per l’Italia! Un ulteriore rinvio avrebbe sancito il sicuro abbandono del progetto, e questo era ben chiaro anche a chi ha giocato la sua partita a suon di carte bollate ed articoli sui media nazionali. In quest’ultimo sforzo che ci separava dal veder realizzato il nuovo stabilimento Laika, le istituzioni territoriali ad ogni livello – comunale, provinciale e regionale – ci sono state vicine, prestando ascolto alle nostre istanze, alle richieste di lavoratori e sindacato, assicurandoci un’interlocuzione ai massimi livelli, affiancandoci e spesso “tifando” apertamente perché questo miraggio durato undici anni potesse finalmente concretizzarsi.
Non crediamo alla favola dell’imprenditore benefattore, forse a causa di una “deformazione professionale” data dal ruolo sindacale che ricopriamo all’interno dell’azienda: se Laika ha deciso di rimanere nel Chianti non è per rispondere ad un afflato umanitario o perché qua si beve il vino buono, lo ha fatto rispondendo ad un preciso calcolo economico. In questo territorio si sono sviluppati negli anni fattori competitivi che hanno creato un mix difficilmente riproducibile altrove, tanto da meritargli l’appellativo di “distretto industriale del camper”. Nel territorio della Val di Pesa e dell’adiacente Val d’Elsa viene prodotto circa l’80% del camper italiano. Qua è possibile trovare mano d’opera specializzata ed una rete consolidata di fornitori che costituiscono l’indotto di Laika, fattori importantissimi, soprattutto agli occhi di chi, come ci dicono i nostri colleghi tedeschi, ha il problema opposto al nostro: l’estrema difficoltà nel reperire sul mercato mano d’opera specializzata.
Possiamo affermare senza tema di sme************ supportando e avallando le scelte degli amministratori locali che sono sua espressione nelle istituzioni locali, da sempre si è schierato a favore di questo investimento che darà serenità e prospettiva di futuro ai lavoratori Laika ed alle loro famiglie e prospettiva di crescita occupazionale per tutto il territorio. E’ stato un esempio di buona politica, per come l’abbiamo vissuta noi lavoratori, in un momento storico in cui la politica sembra arretrare davanti alle difficoltà di una crisi economica impietosa, vivendo uno dei suoi momenti più grigi; un esempio di politica a tutela e difesa del lavoro, che favorisce quegli investimenti produttivi che ne sono il presupposto essenziale.
La vicenda Laika si può configurare come una “good news” come direbbe la Gabbanelli, nel panorama dei tanti problemi che oggi affliggono il mondo del lavoro, anche a livello regionale e provinciale; una vittoria corale, di lavoratori, sindacato, istituzioni locali, buona politica e cittadinanza tutta, che mai ci ha fatto mancare in questa vicenda il suo appoggio e sostegno, ben consapevole che il condividere un comune passato crea una comunità, ma il collante che la tiene insieme è il lavoro. Laddove il lavoro manca, la comunità si dissolve e si disgrega e per questo motivo va tutelato e difeso con ogni mezzo, affinché il nostro territorio continui a vivere.
Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente.