Inserito il 30/04/2010 alle: 11:55:25
Dal momento che vi sono persone lungimiranti che poco e male conoscono i termini che regolano i contratti circa l'acquisto di beni, in questo caso riferiti ai nostri v.r., cercando di portare un miglior chiarimento al problema che è recentemente sorto sui tagliandi da espletarsi, con particolare riferimento all'oggetto motore, consiglio vivamente di:
1) farsi spiegare bene la vicenda tagliandi e controlli "consigliati" dalle case madri che fanno riferimento ai soli kilometraggi percorsi e non al lasso temporale in cui gli stessi devono e possono essere compiuti;
2) i controlli "consigliati" sono a carico dell'utente e, in questo caso, consiglio di farsi rilasciare fattura del lavoro compiuto dall'officina preposta, anche per la sola e semplice osservazione, verifica.
Percorrere lunghi kilometraggi senza adempiere a dei controlli specifici può dare vita, qualora vi siano serie problematiche tecniche ad una contestazione da parte delle case che si avvalgono dell'ipotesi di negligenza e non tutela del bene meglio definito come atteggiamento del buon padre di famiglia, a tal proposito si allega in calce breve citazione che regola i rapporti circa i contratti, per i quali la disciplina legale è molto ampia e in taluni casi però frammentaria e lacunosa per alcuni aspetti che più ci riguardano, buone valutazioni Maculani.
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. - Esame delle disposizioni del Codice del consumo.
La base normativa della responsabilità del produttore di cui si sta discutendo va altresi' ravvisata, in particolare, nelle disposizioni sulla vendita dei beni di consumo, che prima dell'entrata in vigore del d. lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo), si trovavano agli artt. 1519 - bis e ss. del codice civile, introdotti dal d. lgs. 2 febbraio 2002 n. 24, attuativo della direttiva 1999/44/CE).
Gli artt. 1519 - bis e ss. del c.c. sono recentemente stati abrogati dall'art. 146, comma 1, lett. s) del Codice del consumo ed il contenuto degli stessi è stato trasfuso agli artt. 128 e ss. del medesimo.
Procedendo con ordine, cosi' dispone l'art. 128, comma 1, del Codice del consumo:
1. Il presente capo disciplina taluni aspetti dei contratti di vendita e delle garanzie concernenti i beni di consumo. A tali fini ai contratti di vendita sono equiparati i contratti di permuta e di somministrazione nonchè quelli di appalto, di opera e tutti gli altri contratti comunque finalizzati alla fornitura di beni di consumo da fabbricare o produrre.
Orbene, sulle prime non puo' dubitarsi dell'ampio conto in cui la detta normativa " e già l'art. 1519 - bis, comma 1, c.c. " ha tenuto il consumatore, se è vero, come è vero, che la disciplina in parola è estensibile, come si evince dalla equiparazione tra la vendita e gli altri contratti di cui all'ultimo periodo del primo comma dell'art. 128 del Codice, a figure contrattuali anche diverse, nomine iuris, dalla vendita medesima.
Da rammentare, comunque, che l'ultimo comma del citato art. 128 estende la normativa in parola alle alienazioni dei beni difettosi anche se usati, tenuto conto, pero', del tempo del pregresso utilizzo, e limitatamente ai difetti non derivanti dall'uso normale della cosa.
Vero motivo ispiratore, prima dell'art. 1519 - ter, comma 1, c.c., poi dell'art. 129 del Codice del consumo è il concetto di "conformità al contratto" del bene oggetto di alienazione.
Cosi' la norma:
1. Il venditore ha l'obbligo di consegnare al consumatore beni conformi al contratto di vendita.
2. Si presume che i beni di consumo siano conformi al contratto se, ove pertinenti, coesistono le seguenti circostanze:
a) sono idonei all'uso al quale servono abitualmente beni dello stesso tipo;
b) sono conformi alla descrizione fatta dal venditore e possiedono le qualità del bene che il venditore ha presentato al consumatore come campione o modello;
c) presentano la qualità e le prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo, che il consumatore puo' ragionevolmente aspettarsi, tenuto conto della natura del bene e, se del caso, delle dichiarazioni pubbliche sulle caratteristiche specifiche dei beni fatte al riguardo dal venditore, dal produttore o dal suo agente o rappresentante, in particolare nella pubblicità o sull'etichettatura;
d) sono altresi' idonei all'uso particolare voluto dal consumatore e che sia stato da questi portato a conoscenza del venditore al momento della conclusione del contratto e che il venditore abbia accettato anche per fatti concludenti.
3. Non vi è difetto di conformità se, al momento della conclusione del contratto, il consumatore era a conoscenza del difetto non poteva ignorarlo con l'ordinaria diligenza o se il difetto di conformità deriva da istruzioni o materiali forniti dal consumatore.
(omissis)
Rilevantissime sono, per quel che qui conta, le ipotesi di presunzione di relativa di difformità di cui al citato comma 2 e la disposizione del comma 3, che esclude la difformità se il consumatore, con il suo stato soggettivo, vi ha, in un certo senso, dato causa. Il che non avviene " con conseguente affermazione di responsabilità del venditore " nel caso in cui il consumatore, lungi dall'ignorare il vizio, si attendeva un perfetto funzionamento del bene.
Quanto alle conseguenze derivanti dall'inadempimento degli obblighi prescritti dal Codice in capo al venditore, viene in rilievo l'art. 130 del Codice (già art. 1519 - quater del c.c.), rubricato "diritti del consumatore", il cui contenuto si riporta per comodità espositiva:
"1. Il venditore è responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene.