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ippocampo2009
ippocampo2009
22/02/2009 7455
Inserito il 04/07/2016 alle: 16:29:06

Stai calmo, prendi fiato e soprattutto presta attenzione a ciò che scrivi....

a me, come a qualsiasi altro appartenente alle FF.PP. di ciò che pensa il "popolino beota" frega ben poco. Lo stipendio sempre tanto è quindi figurarsi se uno (a maggior ragione un intero Corpo di Polizia) si inventa le prove per far andare in galera a vita qualcuno. E se invece vengo scoperto sai cosa rischio, si?...se poi andiamo a vedere bene il prestigio derivante da un arresto eccellente ricade sull'Amministrazione (e , al massimo, a chi la rappresenta, ovvero Ministero dell'Interno e Capo della Polizia o Comandante Generale dei CC), mentre il nome di coloro che hanno svolto le indagini e trovato le prove viene dimenticato nel giro di qualche giorno. Quindi a che pro inventarsi le prove?.....poi questa del "pacchettino" messo in auto me la dovresti spiegare...che me ne viene ad arrestare un illustre sconosciuto?...

forse dovresti guardare meno telefilm.....
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dani1967
dani1967
rating

03/09/2007 31281
Inserito il 04/07/2016 alle: 16:40:50

Dubbio.
E allora ? Anche lo avessi ? Uno può avere dubbi su qualsiasi cosa. Ma normalmente da un dubbio uno deve passare ad una ipotesi alternativa, che deve essere corroborata da un qualche straccio di prova. Ma poi uno dubita solo di quelli che ti sono antipatici ? Sei certo che TUTTI I CARABINIERI e TUTTI i giudici si comportino così, sempre, senza distinzioni, e che quindi tutti i processi, sempre, senza distinzioni, siano sempre basati su prove false ? Oppure per un qualche motivo hanno scelto questo ? Guardacaso il complotto dei poliziotti e dei giudici è sempre per i caso di cui si sta discutendo.
Quelle che tu fai sono affermazioni eccezionali, ovvero che ci sia stato un complotto ordito alle spese di Bossetti.
Ovviamente ad affermazioni eccezionali debbono corrispondere prove eccezionali, se no si è al limite della calunnia.
 

http://tinyurl.com/od3vvte
Per quel che mi riguarda, io viaggio non per andare da qualche parte, ma per andare. Viaggio per viaggiare.
R.L. Stevenson
camperlento
camperlento
-
Inserito il 04/07/2016 alle: 17:03:34
io dubito sempre di chi ha il potere e dubito sempre di chi indossa una divisa per principio penso sempre che chi indossa una divisa cerca sempre di sopraffare di essere superiore per questo sono disposti a tutto pur di avere sempre ragione poi non pagano mai sempre assolti in un modo o nell'altro e sempre con lo stipendio in tasca i magistrati poi sono il sostituto di Dio in terra sono dei padreterni e guai a contestarli anche loro non pagano mai e questo che mi fa pensare sempre male di loro, e purtroppo i fatti in generale danno ragione a me e voi che cercate sempre di vedere la parte buona rimanete li a vedere i loro misfatti coprendovi gli occhi per non vedere.
In questo caso io non so se sia o no effettivamente colpevole ma di sicuro si sono impegnati molto per far si che fosse lui il colpevole, non vi dice nulla il filmato fabbricato ad arte? e poi quando sei nelle loro mani fanno in fretta a mettere questo o quel DNA, e poi il furgone c'è l'hanno loro e ci fanno quello che vogliono per cui se vogliono fabbricano le prove che vogliono così come il telefonino il pc hanno tutto loro e per loro è un attimo fare e disfare a loro piacimento.
pensare male è peccato ma il più delle volte ci si azzecca, lo diceva uno che in fatto di misteri e manipolazioni la sapeva lunga ed era un uomo di potere per cui mi sa che ho ragione.
camperlento
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ippocampo2009
ippocampo2009
22/02/2009 7455
Inserito il 04/07/2016 alle: 17:18:36
In risposta al messaggio di camperlento del 04/07/2016 alle 17:03:34

io dubito sempre di chi ha il potere e dubito sempre di chi indossa una divisa per principio penso sempre che chi indossa una divisa cerca sempre di sopraffare di essere superiore per questo sono disposti a tutto pur di avere
sempre ragione poi non pagano mai sempre assolti in un modo o nell'altro e sempre con lo stipendio in tasca i magistrati poi sono il sostituto di Dio in terra sono dei padreterni e guai a contestarli anche loro non pagano mai e questo che mi fa pensare sempre male di loro, e purtroppo i fatti in generale danno ragione a me e voi che cercate sempre di vedere la parte buona rimanete li a vedere i loro misfatti coprendovi gli occhi per non vedere. In questo caso io non so se sia o no effettivamente colpevole ma di sicuro si sono impegnati molto per far si che fosse lui il colpevole, non vi dice nulla il filmato fabbricato ad arte? e poi quando sei nelle loro mani fanno in fretta a mettere questo o quel DNA, e poi il furgone c'è l'hanno loro e ci fanno quello che vogliono per cui se vogliono fabbricano le prove che vogliono così come il telefonino il pc hanno tutto loro e per loro è un attimo fare e disfare a loro piacimento. pensare male è peccato ma il più delle volte ci si azzecca, lo diceva uno che in fatto di misteri e manipolazioni la sapeva lunga ed era un uomo di potere per cui mi sa che ho ragione. camperlento
...

Ti risulta che il "filmato fabbricato ad arte" sia agli atti del processo?....
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camperlento
camperlento
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Inserito il 04/07/2016 alle: 17:34:41
io degli atti non so nulla e nulla me ne importa ma se hanno fatto questo possono aver fatto di tutto, poi voi pensatela come volete ma i vostri amici i carabinieri i magistrati il giorno che sparassero a zero e colpissero uno di voi non venite poi a dire che siete innocenti perchè siete voi ora a credere nella bontà loro.
poi la chiamano benemerita appellativo che si sono cuciti addosso loro e guai a contestarli, tutti i loro buoni propositi se li cuciono addosso d'ufficio in realtà di benemerito non hanno mai fatto nulla anzi sono vissuti da sempre nel parassitismo.
camperlento
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ippocampo2009
ippocampo2009
22/02/2009 7455
Inserito il 04/07/2016 alle: 17:43:29
A volte l'ignoranza è abissale....il termine "Benemerita" venne usato per la prima volta nel 1864 in una relazione che la Commissione Affari Interni della Camera inviò all'allora Governo....altro che "cucirselo addosso da soli"...
Tequi
Tequi
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Inserito il 04/07/2016 alle: 17:50:34
In risposta al messaggio di camperlento del 04/07/2016 alle 17:34:41

io degli atti non so nulla e nulla me ne importa ma se hanno fatto questo possono aver fatto di tutto, poi voi pensatela come volete ma i vostri amici i carabinieri i magistrati il giorno che sparassero a zero e colpissero
uno di voi non venite poi a dire che siete innocenti perchè siete voi ora a credere nella bontà loro. poi la chiamano benemerita appellativo che si sono cuciti addosso loro e guai a contestarli, tutti i loro buoni propositi se li cuciono addosso d'ufficio in realtà di benemerito non hanno mai fatto nulla anzi sono vissuti da sempre nel parassitismo. camperlento
...

tu non sai nulla e non te ne importa di sapere però accusi tutti.. mah....
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annapasqua
annapasqua
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19/11/2009 3797
Inserito il 04/07/2016 alle: 17:51:04
In risposta al messaggio di camperlento del 04/07/2016 alle 17:34:41

io degli atti non so nulla e nulla me ne importa ma se hanno fatto questo possono aver fatto di tutto, poi voi pensatela come volete ma i vostri amici i carabinieri i magistrati il giorno che sparassero a zero e colpissero
uno di voi non venite poi a dire che siete innocenti perchè siete voi ora a credere nella bontà loro. poi la chiamano benemerita appellativo che si sono cuciti addosso loro e guai a contestarli, tutti i loro buoni propositi se li cuciono addosso d'ufficio in realtà di benemerito non hanno mai fatto nulla anzi sono vissuti da sempre nel parassitismo. camperlento
...

seguendo la tua teoria, lasciamo perdere tutto.
eliminiamo polizia, carabinieri, esercito, intelligence, ecc. ecc.
poi?
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Zagorita
Zagorita
04/12/2014 123
Inserito il 04/07/2016 alle: 18:14:54
A me piace da impazzire leggere, in un sito di camper, quanti partecipanti ci sono che hanno solo certezze su svariati argomenti non inerenti.
Beati loro
io mi crogiolo nella mia ignoranza
 
alexpix
alexpix
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Inserito il 04/07/2016 alle: 19:06:47
Scienze forensi – Validità della prova del DNA (Autore: Edoardo Mori)
La scienza ha fatto conquiste da fantascienza. La microscopia non incontra più limiti dimensionali, all’analisi chimica non sfugge più nessuna molecola, la genetica si appresta a riprodurre esseri viventi da un loro frammento, la medicina riesce a seguire il corso del pensiero nel cervello.
Parrebbe che nessun ostacolo più si frapponga ad indagini criminali a cui più nulla sfugge; ma purtroppo anche la scienza ha un punto debole e sono gli uomini che la applicano. Quanto più le macchine diventano sofisticate, quanto più basta premere un bottone per ottenere un risultato, tanto più si tende a mettere davanti alla macchina una “scimmia addomesticata” che sa solo premere il bottone.
In Italia mancano strutture adeguate in grado utilizzare i nuovi metodi con l’alto livello scientifico richiesto dalle nuove tecnologie, destinate a raffinati laboratori universitari più che a laboratori di polizia, a professori universitari con esperienza piuttosto che a generali o questori, pur se occasionalmente laureati in scienze. Peggio ancora: mancano strutture indipendenti che non facciano sorgere il dubbio che esse lavorino più per confermare le tesi degli investigatori che per trovare la verità.
In Inghilterra vi è il Forensic Science Service considerato di assoluta eccellenza e che assiste laboratori di oltre 60 paesi e dispone della più ampia banca dati del mondo sulle scienze forensi con oltre 70.000 documenti. Pur essendo lo FSS indipendente dalla polizia, vi sono poi istituzioni private ad alto livello, come lo LLG con oltre 1000 dipendenti, in grado di assicurare consulenze qualificatissime.
Non che in Inghilterra non vi siano errori peritali, ma si fa di tutto per ridurli al minimo e le perizie non vengono mai eseguite sotto la spinta di salvar la faccia di un pubblico ministero o di un corpo di polizia ed è molto frequente la revisione di processi quando si scopre che una metodologia impiegata da un laboratorio non era adeguata al caso. 
In paragone la situazione italiana è a dir poco penosa e si ha troppo spesso l’impressione di essere nelle mani di apprendisti stregoni.
Quale elevato livello di consapevolezza scientifica sia richiesto, lo ha dimostrato il problema dei residui di sparo, cioè delle particelle di polvere da sparo che rimangono sulle mani dello sparatore e che dovrebbero dimostrare che egli è lo sparatore. Sono oltre 70 anni, a partire dalla tecnica del c.d. guanto di paraffina, che si studiano nuovi sistemi per individuare i residui di sparo e che ogni nuovo sistema si rivela fallace. Attualmente, pur non essendovi più limiti tecnici all’indagine, si è visto che in moltissimi casi è impossibile stabilire la provenienza del residui e che vi è un tale inquinamento da corpuscoli identici o analoghi a residui di sparo che è da scriteriati affermare con certezza che ciò che si è trovato sulla mano o sugli abiti del sospetto è un residuo di sparo e, nel caso che lo fosse, che la sua presenza è idonea a dimostrare che il sospetto ha sparato. Si consideri che un locale in cui si è sparato è altamente inquinato da residui di sparo i quali si ritrovano su ogni persona che vi entri; che chiunque maneggia una pistola assume e ridistribuisce residui di sparo; che ogni ufficio con poliziotti è inquinato da residui di sparo. Un tempo si trovavano sulle mani residui di sparo con facilità, anche dopo giorni dallo sparo; attualmente si considera inutile e pericoloso ricercarli dopo tre o quattro ore! Quindi negli USA lo FBI ritiene di poter dare una risposta tranquillizzante solo in un terzo dei casi esaminati. Un recente libro (2008) di John D. Wright, Der Täter auf dem Spur, noto esperto di scienze forensi, neppure ne parla più!
Eppure in Italia i nostri laboratori erano giunti a trovare elementi certi di colpevolezza nel 90% dei casi il che significa che nel 60% dei casi le conclusioni della perizia erano, quantomeno, avventate o ciecamente dalla parte dell’accusa!
Un nostro perito, tra i migliori, mi riferisce che fra le numerose perizie del laboratorio dei Carabinieri da lui esaminate negli ultimo 12 mesi, non ne ha trovata una che reggesse ad un approfondito vaglio scientifico (non che fossero necessariamente errate, ma non dimostravano con rigore scientifico quanto affermato; un buon perito di parte avrebbe potuto dimostrare che ogni affermazione poteva essere legittimamente messa in dubbio).
Ciò significa che in passato migliaia e migliaia di processi, in tutto il mondo, sono stati definiti sulla base di perizie balistiche prive di ogni valore scientifico, che non dimostravano assolutamente nulla, buone solo a tranquillizzare la coscienza dei giudici. 
Si è avuto un esempio eclatante di questa situazione nel caso Marta Russo in cui i laboratori della polizia avevano scambiato una particella di ferodo di freni, ampiamente diffuse nell’aria di Roma, per un residuo di sparo e su di esso avevano costruito tutta la tesi accusatoria. Per non parlare della traiettoria del proiettile ricostruita sulla base di un solo punto e che, guarda caso, passava proprio per dove era stato trovato il residuo fasullo. Alla fine il processo è stato deciso sulla base di una discussa testimonianza, proprio come 100 anni orsono. 
Altro episodio penoso della nostra storia giudiziaria si è avuto nel caso “unabomber” in cui gli investigatori avevano repertato un paio di forbici in casa di un sospettato ed un lamierino sul luogo del fatto e per mesi e mesi non hanno mai pensato di controllare se per caso il lamierino non fosse stato tagliato con quelle forbici. Se mi chiedete perché, la risposta è semplice: perché né gli investigatori né i giudici sapevano che uno strumento che lavora su di un metallo vi lascia delle tracce che consentono di identificare lo strumento. Sono i cosiddetti toolmarks, già noti alcuni secoli fa! E quando alla fine hanno preso in mano i reperti, hanno talmente pasticciato da pregiudicarne il possibile valore probatorio futuro.
Ora gli apprendisti stregoni hanno scoperto il DNA e credono di poter risolvere facilmente ogni caso con esso. Sembra che ormai investigatori e giudici abbiano rinunziato ad usare logica ed intelligenza e pensino di avere in mano uno strumento perfetto che li esime dal pensare.
Purtroppo il DNA è uno strumento eccezionale di indagine, ma soggetto anch’esso ad errori i quali possono essere evitati (salvo un margine statisticamente inevitabile del 1-2%) solo se si seguono metodiche con regole ferree, a partire dal primo istante delle indagini; se gli investigatori scientifici arrivano dopo altri, si è già creato un inquinamento della scena del crimine, spesso non più controllabile.
È appena il caso di ricordare, a questo proposito, il caso di Cogne in cui si sono susseguiti oltre venti sopralluoghi nella casa del delitto e dopo che per la casa si erano aggirati branchi di persone; meno male che in quel caso la prova del DNA non serviva.
La situazione è la stessa che in passato si è verificata per le impronte digitali e per i residui di sparo. Gli inconsulti e ascientifici entusiasmi iniziali hanno dovuto calar le ali di fronte alla constatazione che permaneva un margine di errore fonte di innumerevoli errori giuridiziari.
Proprio per le impronte digitali il prof. Itiel Dror dell’Università di Southampton ha fatto un bello scherzo a sei esperti di vari paesi (compresi Inghilterra ed USA) ed ha sottoposto loro otto diverse impronte latenti rilevate sul luogo di delitti e sei impronte prelevate a otto diversi sospetti, rispetto alle quali i periti, senza che lo ricordassero, si erano già espressi. In sei casi su 48 i periti diedero una risposta diversa da quella su cui avevano già giurato in tribunale e solo due esperti non deviarono in nessun caso dalle affermazioni già fatte! Nel 2002 negli Usa si sono accertati quasi 2000 casi di identificazioni erronee. Se questo è il margine di errore su di un accertamento considerato fra i più consolidati ed affidabile, da lasciar fare a qualunque tecnico in grado di ingrandire una foto, su cui molti enti, come lo stesso U.S. Department of Justice, giurano che il margine di errore è eguale a zero, si immagini quale è il margine di errore per i residui di sparo e il DNA che invece richiedono incontestabilmente vaste capacità nell’operare scientificamente. 
Il DNA è in grado di far individuare una persona da infinitesime parti dei suoi tessuti corporei. Una traccia di liquido organico (saliva, sperma, sangue, orina, sudore), una squama di forfora, un pelo, vengono trattati con l’enzima polimerase in modo che frammenti del DNA si ricompongano nella dovuta sequenza; ripetendo la procedura molte volte, si riproduce il fenomeno ottenendo un numero sempre maggiore di campioni di DNA, in modo esponenziale; questo procedimento viene detto “reazione a catena della polimerase, PCR, ed è in grado in tre ore di ricreare 100 miliardi di molecole di DNA identiche; con un nuovo metodo dell’Università del Michingan questo procedimento si conclude in soli 40 minuti. Però il risultato non è un codice numerico come il codice fiscale, idoneo, se sufficientemente lungo, a distinguere ogni cittadino, ma solamente l’immagine di una elettroforesi che presente un certo schema; se almeno 13 punti di questo schema coincidono con lo schema estratto dal campione di DNA da confrontare, si afferma che vi è coincidenza con una probabilità di un errore su di un miliardo. Nella pratica però si è visto, facendo una ricerca in un database del DNA dell’Arizona con 65.000 campioni, che con nove punti si trovavano bene 122 corrispondenze, con dieci punti 20, con 11 e con 12 punti una corrispondenza; altro che un errore su un miliardo!
Il problema del DNA come prova nel processo penale è però ben più complicato e non si limita solo al problema di ricollegare un certo DNA ad un dato individuo. Ogni persona disperde in continuazione una tale quantità di materiale organico proprio (la polvere di una casa è costituita per la maggior parte di cellule umane) o altrui (catturato con gli abiti e le scarpe) che è impresa improba distinguere il DNA utile da quello estraneo ed evitare che il DNA utile venga da esso contaminato. In Australia è successo che in ben tre casi di omicidio si erano trovate le stesse tracce di DNA; erano convinti di aver trovato un serial killer, fino a che non hanno scoperto che il DNA era quello dell’esperto della polizia che faceva le analisi senza le debite cautele.
Il problema è così complesso ed importante che le metodiche e i protocolli di ricerca e prelievo dei reperti, della loro conservazione, della loro manipolazione, dovrebbero essere fissate normativamente, così da poter garantire la genuinità della prova. Ogni azione, dalla ricerca all’analisi, è in sostanza una operazione irripetibile, secondo la distinzione del codice di procedura penale e il fatto di ignorare questo dato elementare comporta che la prova con il DNA diventi aleatoria.
Non parlo ovviamente dei casi in cui vi è da identificare una quantità rilevante di materia organica (sangue, sperma) in cui la contaminazione viene facilmente rilevata, ma di tutti quei casi in cui la traccia utile è minima. Tra l’altro quanto più la traccia è modesta, tanto più cresce la difficoltà di separare due DNA che si trovino ad essere esaminati assieme.
Vediamo un esempio pratico di come dovrebbero funzionare le cose. Si abbia una stanza in cui è avvenuto un omicidio. In essa vi sono tracce di DNA del morto, dell’assassino (a meno che non fosse ben imballato in una tuta di plastica!) e di tutti coloro che hanno frequentato la stanza prima dell’omicidio, senza limiti di tempo, ovviamente in relazione al tipo di pulizia in uso. Chi scopre l’omicidio porta il suo DNA nella stanza e altrettanto fanno tutti coloro che lo seguono. In genere l’esperienza ci dice che prima dell’arrivo della squadra scientifica, entreranno nella stanza almeno una decina di persone che spargono il proprio DNA e portano in giro con le scarpe quello che già vi trovano. In Italia manca un preciso protocollo di intervento e sopralluogo da parte della polizia il quale consenta poi al giudice di controllare che non vi siano stati comportamenti scorretti.
Quando arriva la squadra scientifica, con il minor numero di persone possibile, questa deve essere rivestita con apposita tuta, perfettamente pulita, con cuffia e con guanti e che copra anche le scarpe; non guasta una mascherina davanti alla bocca perché uno starnuto o uno spruzzo di saliva possono inquinare l’ambiente. Già in questa fase bisogna protocollare i nomi di tutti coloro che sono intervenuti ed  intervengono perché poi si possa escludere il loro DNA dalle ricerche.
Inizia quindi la ricerca dei reperti (intendesi con tale termine cose più o meno grandi che possono essere il supporto di parti anche infinitesimali di DNA) con vari metodi (vista, aspirapolvere, nastro adesivo, luce fluorescente, laser, ecc.). Nel momento in cui un reperto deve essere prelevato, non si possono usare i guanti che si indossano perché già inquinati, ma si usano nuovi guanti oppure un attrezzo ben pulito. E questo va usato una sola volta oppure accuratamente pulito dopo ogni uso perché altrimenti si corre il rischio di trasportare DNA del primo reperto sul reperto successivo. Nell’ambiente si deve procedere senza calpestare le zone non ancora controllate perché con i piedi si possono trasportare tracce da un punto all’altro. Ovviamente ogni prelievo va prima accuratamente fotografato.
Il reperto trovato deve essere immediatamente sistemato in un contenitore stagno portato sul luogo ben chiuso e perfettamente pulito e il contenitore va immediatamente sigillato e munito di scritte di identificazione. Da quel momento il contenitore può essere aperto solo dal perito incaricato dal giudice e che deve operare anch’egli in modo da evitare nel modo più assoluto la contaminazione. Egli inoltre deve protocollare ogni apertura e richiusura del contenitore con indicazione delle cautele adottate e delle persone partecipanti.
In genere, se non si filma tutto, è necessario procedere alla redazione di un verbale in cui siano descritte tutte le operazioni compiute, nella loro sequenza temporale, con indicazione di tutte le persone intervenute e di ciò che hanno fatto. È sempre necessario che l’investigatore possa dimostrare di aver fatto tutto secondo le regole perché se solo al dibattimento, a seguito di contestazioni, dichiara di averle seguite, vi è il fondato sospetto che lo faccia solo per coprire suoi errori.
Se non si seguono queste regole, la prova del DNA può diventare priva di ogni valore processuale perché non prova più nulla. Come per le impronte digitali, una traccia di DNA dimostra che prima di una certa data una persona è venuta in contatto con un oggetto o un ambiente, ma non lo ricollega direttamente al delitto. Il significato probatorio può derivare dal punto di rinvenimento, ma allora l’investigatore deve essere in grado di provare che la traccia ha potuto trovarsi in quel punto solo in relazione al delitto e non perché, ad esempio, ce l’ha trasportata un maldestro operatore.
Un esempio eclatante dei problemi che presenta l’elevatissimo pericolo di inquinamento del reperto lo si è avuto il Germania proprio il 29 marzo 2009. Da due anni la polizia tedesca rinveniva sulla scena di gravi delitti, tra cui anche l’omicidio di un poliziotto,  lo stesso DNA di una persona di sesso femminile; alla fine si aveva il quadro di una specie di serial femminile detto "Phantom vom Heilbronn" che girava per la Germania commettendo delitti gravi (ovviamente la ricerca del DNA viene fatta in casi di un certo rilievo). Già le erano stati attribuiti 40 casi con la conseguenza che non era stata svolta alcuna altra indagine per accertarne gli autori, perché la prova del DNA veniva considerata sufficiente. Poi per caso si è fatta la penosa scoperta che i bastoncini di ovatta usati per il prelievo del DNA e forniti da un’unica ditta, erano stati tutti contaminati del DNA di una operaia della ditta!
Viene quindi da rabbrividire quando si vede un filmato  (come è accaduto per il processo di Perugia), prodotto a dimostrazione delle cautele usate, in cui i poliziotti raccolgono un reperto decisivo con i guanti! I guanti, dopo due secondi che si usano per ricercare qualche cosa sono già inquinati, e un reperto importante NON va toccato con i guanti, ma va raccolto con una pinzetta da usare una sola volta.
Il problema dell’inquinamento  da DNA non è ancora stato risolto e quindi la cauteala non sarà mai troppa.
Voi pensate che in genere le indagini vengano svolte con questa capacità e accuratezza, come richiesto dalle corti degli Stati Uniti?  Che gli operanti siano in grado di provare tutto ciò che davvero hanno fatto? Io personalmente, e per la mia esperienza di 25 anni di giudice istruttore, ho i miei fondati dubbi!
(Bolzano, 30 aprile 2009)

alexpix
alexpix
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Inserito il 04/07/2016 alle: 19:32:47
Io sono convinto che gli inquirenti volevano tartassare Bossetti per qualche giorno per vedere se avesse confessato o comunque gli avesse fornito delle informazioni utili per poi nel caso non ne fosse uscito nulla rilasciarlo ma, non avevano previsto che qualcuno molto in alto e purtroppo doverosamente informato dei fatti lo avrebbe scritto su un social network....................

Salvo Sa 2
Salvo Sa 2
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Inserito il 04/07/2016 alle: 19:52:43
Dubitare... tenere sempre occhi e orecchie vigili, non prendere mai per oro colato tutto quello che ci viene propinato è un conto, ma ben altro conto sono le certezze complottiste che si leggono qui e altrove, in questo ed in altri casi.... frown

Questa è una prima verità giudiziaria e tutti sappiamo che esiste anche la verità soggettiva, sia della vittima e sia del carnefice, perchè tutti hanno la loro verità di comodo, ma la verità oggettiva non la sapremo mai come in questo ed in altri casi.

 
*** “Il sentimentale è colui che vorrebbe godere senza addossarsi l''immensa responsabilità dell''agire e del giudicare". - J. Joyce ***
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dani1967
dani1967
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03/09/2007 31281
Inserito il 04/07/2016 alle: 22:20:39
In risposta al messaggio di Salvo Sa 2 del 04/07/2016 alle 19:52:43

Dubitare... tenere sempre occhi e orecchie vigili, non prendere mai per oro colato tutto quello che ci viene propinato è un conto, ma ben altro conto sono le certezze complottiste che si leggono qui e altrove, in questo
ed in altri casi.... Questa è una prima verità giudiziaria e tutti sappiamo che esiste anche la verità soggettiva, sia della vittima e sia del carnefice, perchè tutti hanno la loro verità di comodo, ma la verità oggettiva non la sapremo mai come in questo ed in altri casi.   *** “Il sentimentale è colui che vorrebbe godere senza addossarsi l''immensa responsabilità dell''agire e del giudicare. - J. Joyce ***
...

Io per lavoro dubito. Ma se dubito male faccio la figura dello scemo.
A me stanno bene tutte le considerazioni del mondo, ma essere innocentisti solo per sfiducia nelle istituzioni costituisce un colossale bias che non vuol dire nulla.
Senza dubbio questo caso è stato minato dall'esposizione mediatica, sono il primo a dirlo. Ma la generica sfiducia non prova nulla.

http://tinyurl.com/od3vvte
Per quel che mi riguarda, io viaggio non per andare da qualche parte, ma per andare. Viaggio per viaggiare.
R.L. Stevenson
camperlento
camperlento
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Inserito il 05/07/2016 alle: 09:44:04
In risposta al messaggio di ippocampo2009 del 04/07/2016 alle 17:43:29

A volte l'ignoranza è abissale....il termine Benemerita venne usato per la prima volta nel 1864 in una relazione che la Commissione Affari Interni della Camera inviò all'allora Governo....altro che cucirselo addosso da soli...

e allora se lo sono cuciti addosso d'ufficio pertanto sono solo autocelabrativi e autoreferenziati, basta con credere che siano al servizio del cittadino sono una piaga sul cittadino per quello che fanno sono pagati profumatamente ed anche troppo.
camperlento
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Inserito il 05/07/2016 alle: 09:50:54
In risposta al messaggio di annapasqua del 04/07/2016 alle 17:51:04

seguendo la tua teoria, lasciamo perdere tutto. eliminiamo polizia, carabinieri, esercito, intelligence, ecc. ecc. poi?

no non sono da eliminare ma almeno che quando sbagliano paghino ma paghino veramente da farli crepare alla svelta, invece non pagano mai sono sempre assolti o condanne da rubagalline, solo che questi non lo fanno per fame ma per prepotenza, tutto qui infatti basta vedere l'omicidio Cucchi l'omicidio Aldrovandi  e tanti altri omicidi in cui le forze dell'ordine sono loro a commetterli mai che ci siano pene esemplari mai e poi mai questo è odioso e questo fa si che il mio miglior augurio sia che  siano maledetti tutti loro e tutta la loro famiglia, perchè in ogni caso le colpe dei padri non devono mai ricadere sui figli ma visti i grandi privilegi che hanno i figli di chi fa parte delle forze dell'ordine in questo caso siano maledetti anche i figli per colpa dei loro padri, questo è odio ma odio puro io li odio tutti indistintamente.
camperlento
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Inserito il 05/07/2016 alle: 09:54:32
In risposta al messaggio di alexpix del 04/07/2016 alle 19:06:47

Scienze forensi – Validità della prova del DNA (Autore: Edoardo Mori)La scienza ha fatto conquiste da fantascienza. La microscopia non incontra più limiti dimensionali, all’analisi chimica non sfugge più nessuna molecola,
la genetica si appresta a riprodurre esseri viventi da un loro frammento, la medicina riesce a seguire il corso del pensiero nel cervello. Parrebbe che nessun ostacolo più si frapponga ad indagini criminali a cui più nulla sfugge; ma purtroppo anche la scienza ha un punto debole e sono gli uomini che la applicano. Quanto più le macchine diventano sofisticate, quanto più basta premere un bottone per ottenere un risultato, tanto più si tende a mettere davanti alla macchina una “scimmia addomesticata” che sa solo premere il bottone. In Italia mancano strutture adeguate in grado utilizzare i nuovi metodi con l’alto livello scientifico richiesto dalle nuove tecnologie, destinate a raffinati laboratori universitari più che a laboratori di polizia, a professori universitari con esperienza piuttosto che a generali o questori, pur se occasionalmente laureati in scienze. Peggio ancora: mancano strutture indipendenti che non facciano sorgere il dubbio che esse lavorino più per confermare le tesi degli investigatori che per trovare la verità. In Inghilterra vi è il Forensic Science Service considerato di assoluta eccellenza e che assiste laboratori di oltre 60 paesi e dispone della più ampia banca dati del mondo sulle scienze forensi con oltre 70.000 documenti. Pur essendo lo FSS indipendente dalla polizia, vi sono poi istituzioni private ad alto livello, come lo LLG con oltre 1000 dipendenti, in grado di assicurare consulenze qualificatissime. Non che in Inghilterra non vi siano errori peritali, ma si fa di tutto per ridurli al minimo e le perizie non vengono mai eseguite sotto la spinta di salvar la faccia di un pubblico ministero o di un corpo di polizia ed è molto frequente la revisione di processi quando si scopre che una metodologia impiegata da un laboratorio non era adeguata al caso.  In paragone la situazione italiana è a dir poco penosa e si ha troppo spesso l’impressione di essere nelle mani di apprendisti stregoni. Quale elevato livello di consapevolezza scientifica sia richiesto, lo ha dimostrato il problema dei residui di sparo, cioè delle particelle di polvere da sparo che rimangono sulle mani dello sparatore e che dovrebbero dimostrare che egli è lo sparatore. Sono oltre 70 anni, a partire dalla tecnica del c.d. guanto di paraffina, che si studiano nuovi sistemi per individuare i residui di sparo e che ogni nuovo sistema si rivela fallace. Attualmente, pur non essendovi più limiti tecnici all’indagine, si è visto che in moltissimi casi è impossibile stabilire la provenienza del residui e che vi è un tale inquinamento da corpuscoli identici o analoghi a residui di sparo che è da scriteriati affermare con certezza che ciò che si è trovato sulla mano o sugli abiti del sospetto è un residuo di sparo e, nel caso che lo fosse, che la sua presenza è idonea a dimostrare che il sospetto ha sparato. Si consideri che un locale in cui si è sparato è altamente inquinato da residui di sparo i quali si ritrovano su ogni persona che vi entri; che chiunque maneggia una pistola assume e ridistribuisce residui di sparo; che ogni ufficio con poliziotti è inquinato da residui di sparo. Un tempo si trovavano sulle mani residui di sparo con facilità, anche dopo giorni dallo sparo; attualmente si considera inutile e pericoloso ricercarli dopo tre o quattro ore! Quindi negli USA lo FBI ritiene di poter dare una risposta tranquillizzante solo in un terzo dei casi esaminati. Un recente libro (2008) di John D. Wright, Der Täter auf dem Spur, noto esperto di scienze forensi, neppure ne parla più! Eppure in Italia i nostri laboratori erano giunti a trovare elementi certi di colpevolezza nel 90% dei casi il che significa che nel 60% dei casi le conclusioni della perizia erano, quantomeno, avventate o ciecamente dalla parte dell’accusa! Un nostro perito, tra i migliori, mi riferisce che fra le numerose perizie del laboratorio dei Carabinieri da lui esaminate negli ultimo 12 mesi, non ne ha trovata una che reggesse ad un approfondito vaglio scientifico (non che fossero necessariamente errate, ma non dimostravano con rigore scientifico quanto affermato; un buon perito di parte avrebbe potuto dimostrare che ogni affermazione poteva essere legittimamente messa in dubbio). Ciò significa che in passato migliaia e migliaia di processi, in tutto il mondo, sono stati definiti sulla base di perizie balistiche prive di ogni valore scientifico, che non dimostravano assolutamente nulla, buone solo a tranquillizzare la coscienza dei giudici.  Si è avuto un esempio eclatante di questa situazione nel caso Marta Russo in cui i laboratori della polizia avevano scambiato una particella di ferodo di freni, ampiamente diffuse nell’aria di Roma, per un residuo di sparo e su di esso avevano costruito tutta la tesi accusatoria. Per non parlare della traiettoria del proiettile ricostruita sulla base di un solo punto e che, guarda caso, passava proprio per dove era stato trovato il residuo fasullo. Alla fine il processo è stato deciso sulla base di una discussa testimonianza, proprio come 100 anni orsono.  Altro episodio penoso della nostra storia giudiziaria si è avuto nel caso “unabomber” in cui gli investigatori avevano repertato un paio di forbici in casa di un sospettato ed un lamierino sul luogo del fatto e per mesi e mesi non hanno mai pensato di controllare se per caso il lamierino non fosse stato tagliato con quelle forbici. Se mi chiedete perché, la risposta è semplice: perché né gli investigatori né i giudici sapevano che uno strumento che lavora su di un metallo vi lascia delle tracce che consentono di identificare lo strumento. Sono i cosiddetti toolmarks, già noti alcuni secoli fa! E quando alla fine hanno preso in mano i reperti, hanno talmente pasticciato da pregiudicarne il possibile valore probatorio futuro. Ora gli apprendisti stregoni hanno scoperto il DNA e credono di poter risolvere facilmente ogni caso con esso. Sembra che ormai investigatori e giudici abbiano rinunziato ad usare logica ed intelligenza e pensino di avere in mano uno strumento perfetto che li esime dal pensare. Purtroppo il DNA è uno strumento eccezionale di indagine, ma soggetto anch’esso ad errori i quali possono essere evitati (salvo un margine statisticamente inevitabile del 1-2%) solo se si seguono metodiche con regole ferree, a partire dal primo istante delle indagini; se gli investigatori scientifici arrivano dopo altri, si è già creato un inquinamento della scena del crimine, spesso non più controllabile. È appena il caso di ricordare, a questo proposito, il caso di Cogne in cui si sono susseguiti oltre venti sopralluoghi nella casa del delitto e dopo che per la casa si erano aggirati branchi di persone; meno male che in quel caso la prova del DNA non serviva. La situazione è la stessa che in passato si è verificata per le impronte digitali e per i residui di sparo. Gli inconsulti e ascientifici entusiasmi iniziali hanno dovuto calar le ali di fronte alla constatazione che permaneva un margine di errore fonte di innumerevoli errori giuridiziari. Proprio per le impronte digitali il prof. Itiel Dror dell’Università di Southampton ha fatto un bello scherzo a sei esperti di vari paesi (compresi Inghilterra ed USA) ed ha sottoposto loro otto diverse impronte latenti rilevate sul luogo di delitti e sei impronte prelevate a otto diversi sospetti, rispetto alle quali i periti, senza che lo ricordassero, si erano già espressi. In sei casi su 48 i periti diedero una risposta diversa da quella su cui avevano già giurato in tribunale e solo due esperti non deviarono in nessun caso dalle affermazioni già fatte! Nel 2002 negli Usa si sono accertati quasi 2000 casi di identificazioni erronee. Se questo è il margine di errore su di un accertamento considerato fra i più consolidati ed affidabile, da lasciar fare a qualunque tecnico in grado di ingrandire una foto, su cui molti enti, come lo stesso U.S. Department of Justice, giurano che il margine di errore è eguale a zero, si immagini quale è il margine di errore per i residui di sparo e il DNA che invece richiedono incontestabilmente vaste capacità nell’operare scientificamente.  Il DNA è in grado di far individuare una persona da infinitesime parti dei suoi tessuti corporei. Una traccia di liquido organico (saliva, sperma, sangue, orina, sudore), una squama di forfora, un pelo, vengono trattati con l’enzima polimerase in modo che frammenti del DNA si ricompongano nella dovuta sequenza; ripetendo la procedura molte volte, si riproduce il fenomeno ottenendo un numero sempre maggiore di campioni di DNA, in modo esponenziale; questo procedimento viene detto “reazione a catena della polimerase, PCR, ed è in grado in tre ore di ricreare 100 miliardi di molecole di DNA identiche; con un nuovo metodo dell’Università del Michingan questo procedimento si conclude in soli 40 minuti. Però il risultato non è un codice numerico come il codice fiscale, idoneo, se sufficientemente lungo, a distinguere ogni cittadino, ma solamente l’immagine di una elettroforesi che presente un certo schema; se almeno 13 punti di questo schema coincidono con lo schema estratto dal campione di DNA da confrontare, si afferma che vi è coincidenza con una probabilità di un errore su di un miliardo. Nella pratica però si è visto, facendo una ricerca in un database del DNA dell’Arizona con 65.000 campioni, che con nove punti si trovavano bene 122 corrispondenze, con dieci punti 20, con 11 e con 12 punti una corrispondenza; altro che un errore su un miliardo! Il problema del DNA come prova nel processo penale è però ben più complicato e non si limita solo al problema di ricollegare un certo DNA ad un dato individuo. Ogni persona disperde in continuazione una tale quantità di materiale organico proprio (la polvere di una casa è costituita per la maggior parte di cellule umane) o altrui (catturato con gli abiti e le scarpe) che è impresa improba distinguere il DNA utile da quello estraneo ed evitare che il DNA utile venga da esso contaminato. In Australia è successo che in ben tre casi di omicidio si erano trovate le stesse tracce di DNA; erano convinti di aver trovato un serial killer, fino a che non hanno scoperto che il DNA era quello dell’esperto della polizia che faceva le analisi senza le debite cautele. Il problema è così complesso ed importante che le metodiche e i protocolli di ricerca e prelievo dei reperti, della loro conservazione, della loro manipolazione, dovrebbero essere fissate normativamente, così da poter garantire la genuinità della prova. Ogni azione, dalla ricerca all’analisi, è in sostanza una operazione irripetibile, secondo la distinzione del codice di procedura penale e il fatto di ignorare questo dato elementare comporta che la prova con il DNA diventi aleatoria. Non parlo ovviamente dei casi in cui vi è da identificare una quantità rilevante di materia organica (sangue, sperma) in cui la contaminazione viene facilmente rilevata, ma di tutti quei casi in cui la traccia utile è minima. Tra l’altro quanto più la traccia è modesta, tanto più cresce la difficoltà di separare due DNA che si trovino ad essere esaminati assieme. Vediamo un esempio pratico di come dovrebbero funzionare le cose. Si abbia una stanza in cui è avvenuto un omicidio. In essa vi sono tracce di DNA del morto, dell’assassino (a meno che non fosse ben imballato in una tuta di plastica!) e di tutti coloro che hanno frequentato la stanza prima dell’omicidio, senza limiti di tempo, ovviamente in relazione al tipo di pulizia in uso. Chi scopre l’omicidio porta il suo DNA nella stanza e altrettanto fanno tutti coloro che lo seguono. In genere l’esperienza ci dice che prima dell’arrivo della squadra scientifica, entreranno nella stanza almeno una decina di persone che spargono il proprio DNA e portano in giro con le scarpe quello che già vi trovano. In Italia manca un preciso protocollo di intervento e sopralluogo da parte della polizia il quale consenta poi al giudice di controllare che non vi siano stati comportamenti scorretti. Quando arriva la squadra scientifica, con il minor numero di persone possibile, questa deve essere rivestita con apposita tuta, perfettamente pulita, con cuffia e con guanti e che copra anche le scarpe; non guasta una mascherina davanti alla bocca perché uno starnuto o uno spruzzo di saliva possono inquinare l’ambiente. Già in questa fase bisogna protocollare i nomi di tutti coloro che sono intervenuti ed  intervengono perché poi si possa escludere il loro DNA dalle ricerche. Inizia quindi la ricerca dei reperti (intendesi con tale termine cose più o meno grandi che possono essere il supporto di parti anche infinitesimali di DNA) con vari metodi (vista, aspirapolvere, nastro adesivo, luce fluorescente, laser, ecc.). Nel momento in cui un reperto deve essere prelevato, non si possono usare i guanti che si indossano perché già inquinati, ma si usano nuovi guanti oppure un attrezzo ben pulito. E questo va usato una sola volta oppure accuratamente pulito dopo ogni uso perché altrimenti si corre il rischio di trasportare DNA del primo reperto sul reperto successivo. Nell’ambiente si deve procedere senza calpestare le zone non ancora controllate perché con i piedi si possono trasportare tracce da un punto all’altro. Ovviamente ogni prelievo va prima accuratamente fotografato. Il reperto trovato deve essere immediatamente sistemato in un contenitore stagno portato sul luogo ben chiuso e perfettamente pulito e il contenitore va immediatamente sigillato e munito di scritte di identificazione. Da quel momento il contenitore può essere aperto solo dal perito incaricato dal giudice e che deve operare anch’egli in modo da evitare nel modo più assoluto la contaminazione. Egli inoltre deve protocollare ogni apertura e richiusura del contenitore con indicazione delle cautele adottate e delle persone partecipanti. In genere, se non si filma tutto, è necessario procedere alla redazione di un verbale in cui siano descritte tutte le operazioni compiute, nella loro sequenza temporale, con indicazione di tutte le persone intervenute e di ciò che hanno fatto. È sempre necessario che l’investigatore possa dimostrare di aver fatto tutto secondo le regole perché se solo al dibattimento, a seguito di contestazioni, dichiara di averle seguite, vi è il fondato sospetto che lo faccia solo per coprire suoi errori. Se non si seguono queste regole, la prova del DNA può diventare priva di ogni valore processuale perché non prova più nulla. Come per le impronte digitali, una traccia di DNA dimostra che prima di una certa data una persona è venuta in contatto con un oggetto o un ambiente, ma non lo ricollega direttamente al delitto. Il significato probatorio può derivare dal punto di rinvenimento, ma allora l’investigatore deve essere in grado di provare che la traccia ha potuto trovarsi in quel punto solo in relazione al delitto e non perché, ad esempio, ce l’ha trasportata un maldestro operatore. Un esempio eclatante dei problemi che presenta l’elevatissimo pericolo di inquinamento del reperto lo si è avuto il Germania proprio il 29 marzo 2009. Da due anni la polizia tedesca rinveniva sulla scena di gravi delitti, tra cui anche l’omicidio di un poliziotto,  lo stesso DNA di una persona di sesso femminile; alla fine si aveva il quadro di una specie di serial femminile detto Phantom vom Heilbronn che girava per la Germania commettendo delitti gravi (ovviamente la ricerca del DNA viene fatta in casi di un certo rilievo). Già le erano stati attribuiti 40 casi con la conseguenza che non era stata svolta alcuna altra indagine per accertarne gli autori, perché la prova del DNA veniva considerata sufficiente. Poi per caso si è fatta la penosa scoperta che i bastoncini di ovatta usati per il prelievo del DNA e forniti da un’unica ditta, erano stati tutti contaminati del DNA di una operaia della ditta! Viene quindi da rabbrividire quando si vede un filmato  (come è accaduto per il processo di Perugia), prodotto a dimostrazione delle cautele usate, in cui i poliziotti raccolgono un reperto decisivo con i guanti! I guanti, dopo due secondi che si usano per ricercare qualche cosa sono già inquinati, e un reperto importante NON va toccato con i guanti, ma va raccolto con una pinzetta da usare una sola volta. Il problema dell’inquinamento  da DNA non è ancora stato risolto e quindi la cauteala non sarà mai troppa. Voi pensate che in genere le indagini vengano svolte con questa capacità e accuratezza, come richiesto dalle corti degli Stati Uniti?  Che gli operanti siano in grado di provare tutto ciò che davvero hanno fatto? Io personalmente, e per la mia esperienza di 25 anni di giudice istruttore, ho i miei fondati dubbi! (Bolzano, 30 aprile 2009)
...

questa spiegazione mi piace e rende merito alla tua preparazione, solo che penso che non tutti nella tua posizione abbiano gli stessi scrupoli, anzi ne dubito molto.
camperlento
camperlento
camperlento
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Inserito il 05/07/2016 alle: 09:57:32
In risposta al messaggio di alexpix del 04/07/2016 alle 19:32:47

Io sono convinto che gli inquirenti volevano tartassare Bossetti per qualche giorno per vedere se avesse confessato o comunque gli avesse fornito delle informazioni utili per poi nel caso non ne fosse uscito nulla rilasciarlo
ma, non avevano previsto che qualcuno molto in alto e purtroppo doverosamente informato dei fatti lo avrebbe scritto su un social network....................
...

non parliamo poi di sto tizio che dimostra sempre la sua totale inadeguatezza a rivestire quel ruolo
le sue sparate sono più da barzelletta che da titolo di giornale e da competente, solo che riveste un ruolo troppo importante ed un ignorante in un ruolo simile e pericolosissimo.
camperlento
sergiozh
sergiozh
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Inserito il 05/07/2016 alle: 10:35:14
Personalmente escludo che il dna sia stato costruito in laboratorio. Non so se e' possibile farlo ma a sto punto e' molto piu' semplice prendere il dna di una persona e metterlo sulla vittima......

quel che non quadra e' dove e' finito il dna dei mitocondri ?

nelle cellule abbiamo il nucleo e i mitocondri ed entrambi contengono dna. Come mai non si e' trovato anche il dna dei mitocondri di bossetti per me e' un mistero.
18
dani1967
dani1967
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03/09/2007 31281
Inserito il 05/07/2016 alle: 10:52:02
In risposta al messaggio di sergiozh del 05/07/2016 alle 10:35:14

Personalmente escludo che il dna sia stato costruito in laboratorio. Non so se e' possibile farlo ma a sto punto e' molto piu' semplice prendere il dna di una persona e metterlo sulla vittima...... quel che non quadra e'
dove e' finito il dna dei mitocondri ? nelle cellule abbiamo il nucleo e i mitocondri ed entrambi contengono dna. Come mai non si e' trovato anche il dna dei mitocondri di bossetti per me e' un mistero.
...

In quello credo che abbiano ragione i nostri amici nel dire che probabilmente la polizia ha fatto pasticci. Però non è anche più resistente alla degradazione ?
In ogni caso, con tutti i pasticci del mondo, come è arrivato li il dna mitocondriale di Bossetti ? Lui, sua madre, sua sorella, hanno avuto contatti con Yara o con il laboratorio ?
In ogni caso le analisi sono state fatte PRIMA della raccolta a tappeto di tutti gli altri DNA, per cui, anche nel mondo più pasticcione di tutti, non vedo come possa essere capitato li.
Inoltre, anche pensando ad un errore analitico incredibile, la probabilità che per errore ci sia il DNA di una persona che ha un quadro indiziario compatibile è possibile solo se si accetta una teoria del complotto alle spese di Bossetti. Ora, tutto è possibile, sia chiaro, ma dovremmo avere uno straccio di prova a sostegno di questo complotto, non dubbi o sospetti.
No, mi spiace, messa così è una mera teoria comparatistica, come le nmila che girano sul web.

http://tinyurl.com/od3vvte
Per quel che mi riguarda, io viaggio non per andare da qualche parte, ma per andare. Viaggio per viaggiare.
R.L. Stevenson
camperlento
camperlento
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Inserito il 05/07/2016 alle: 10:53:46
iio di DNA non so nulla ma ho letto con piacere la lunga pagina messa da alexpix e da quanto ho letto mi pare che nelle indagini sia assai difficile avere certezze assolute quanto le cose vengono fatte o a distanza di tempo oppure in modo non proprio adeguato, nel caso specifico trovo da quel che si può sapere che ci sia stato un particolare accanimento per dimostrare che era il Sig. Bossetti il mostro e che tutto sia stato fatto non per cercare il colpevole ma per dimostrare che era lui il colpevole, la cosa spaventosa è questa, che oggi e toccato a lui ma domani chissà? ed è per questo che io non nutro simpatie verso i carabinieri e la magistratura per la loro arroganza a voler sempre e solo ragione loro anche quando i fatti dimostrano che si stanno solo accanendo per puro egoismo ed arroganza.
però è bella la trovata del magistrato sul fatto che il Sig. Bossetti abbia comparto in quei giorni della sabbia, il magistrato con questo ha dimostrato tutta la sua incapacità, poi che il fatto sia o no agli atti poco importa il fatto in se stesso dimostra che si è in presenza di una incapace tutto qui.
io nella mia ignoranza sono giunto ad una cosa ma avete visto qualche somiglianza somatica tra il Sig. Bossetti e il Guerinoni? io no e da che mondo e mondo i figli magari poco ma si portano dietro sempre delle somiglianze e dei tratti dei genitori, in questo caso assomiglia di più a quello che dicono lui ha sempre creduto suo padre invece che al Guerinoni, e poi vanno a cercare il DNA, in questo caso poi, ma mi pare che sia saltato fuori solo in modo marginale ma il gruppo sanguinio non sarebbe compatibile con quello di Guerinoni ma con l'altro il padre e sua madre, ma qui il magistrato ha deciso che doveva essere lui e lui è stato per cui è pericolosissimo trovarsi di fronte a simili faccende.
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