Babbo girava per casa con aria triste e malinconica.
Il vestaglione di panno rosso gli fasciava il pancione e i pantofoloni di pecora ciabattavano sul pavimento conferendogli un’aria sciatta.
Cerchi appiccicosi di vin brulè decoravano il piano di cucina dove aveva ripetutamente appoggiato la tazza. Quella era ormai l’unica bevanda che stordendolo un poco lo faceva anche smettere di pensare e di ritornare ai recenti e dolorosissimi ricordi.
Quelle erano state le prime festività che aveva dovuto affrontare da solo. La signora Mamma Natale, dopo una breve e violenta malattia era stata stroncata a fine estate, nel pieno della stagione della produzione dell’azienda.
Era stato per tutti un durissimo colpo, i dipendenti, gnomi e folletti avevano subìto una battuta di attesto notevole, la costruzione dei giocattoli era stata rallentata di colpo. Il dispiacere per la mancanza di colei che era la mente portante e fantasiosa di tutto il programma Noel aveva steso, con la sua dipartita, un velo di devastante malinconia che attanagliava i movimenti e le reazioni di tutti.
Babbo, dal canto suo, non era riuscito a reagire se non verso i primi di dicembre, quando aveva cominciato a rendersi conto che tutta la popolazione, inconsapevole del suo dolore, lo stava aspettando come sempre, con gran trepidazione…ma loro…non sapevano che cosa era successo e non lo avrebbero mai saputo.
Il Natale doveva andare avanti.
A quel punto, ma era ormai troppo tardi, il suo vocione ricominciò a farsi sentire tra le catene di produzione, il suo vocione…sonoro ma senza quella solita intonazione allegra, tuonava tra i folletti che cucivano, coloravano, applicavano e asciugandosi alcune lacrime che si trasformavano in cristalli di neve, passavano agli gnomi i giocattoli.
Costoro preparavano le confezioni regalo e…al suono della carta che strappavano, camuffavano il loro soffiare di nasi.
Nella stalla, le renne erano tenute in ordine perfetto ma…gli zuccherini che ricevevano avevano un amaro sapore, non si scioglievano più in bocca come una volta ma rimanevano duri e appiccicosi in fondo alla gola consolidandosi in un terribile groppo che le faceva emettere versi strazianti.
Poi, il gran giorno era arrivato, lui era partito sulla sua slitta lucente come al solito ma la scia luccicante non aveva quel solito sfavillio e il suono dei campanelli era come attutito da una straccio di cotone.
Quell’anno non ci sarebbe stato un bel Natale, almeno per lui.
Dopo la mezzanotte, tutto fu compiuto, Babbo era rientrato, gli gnomi lo avevano aiutato a sistemare le renne, gli avevano tolto il suo costume e lo avevano riposto nell’armadio dorato che lo avrebbe contenuto con cura fino all’anno successivo. Ma Babbo si era seduto lì, in mutande, nel bel mezzo del suo magazzino, si era guardato attorno sconsolato osservando i mucchi di giocattoli che ancora riempivano gli scaffali, c’erano tante cose che non erano state consegnate, sapeva che la gente avrebbe dato la colpa alla crisi ma…non era così…la colpa era sua…appoggiò le mani sul viso infilando le dita tra la barba candida e…pianse.
La mattina dopo si era ritrovato nel suo letto al calduccio sotto ad una bella coperta e sul comodino c’era una bella tazza di cioccolata fumante. I suoi folletti gli volevano proprio un gran bene.
Erano passati diversi giorni, le festività si stavano ormai estinguendo, ne mancava solo una, il 6 gennaio, ma a lui non competeva.
Stava guardando fuori dalla finestra, il vento alzava turbini di neve farinosa, il vino si era ormai raffreddato ma i suoi pensieri erano sempre quelli. Era solo in casa, gli gnomi e i folletti avevano preso il loro periodo di ferie e non c’era nessuno nemmeno per una partitina a scacchi. Stava pensando che si sarebbe vestito e sarebbe andato a far due chiacchiere con le renne…loro lo avrebbero ascoltato…quando ad un tratto bussarono alla porta.
“Salve signor Natale, non ci conosciamo personalmente ma io sono Fanny Epifanì, in confidenza vengo chiamata “Befana”, avrà sentito parlare di me.”
“Si certo, buongiorno signora, so chi è lei, ma prego si accomodi, non stia sulla porta che fa freddo.”
“Oh ma io ci sono abituata, comunque grazie.” Disse la donna accomodandosi.
Babbo si richiuse la porta alle spalle e invitandola cortesemente a sedere disse, ”Posso offrirle qualcosa di caldo? Ho dell’ottimo vin brulè se ne vuole…”
“Si grazie e se permette aggiungerei del carbone nella stufa, ne ho proprio un po’ qui con me e poi le spiego il motivo della mia visita.”
Mentre Babbo versava il vino nelle tazze osservava la donna che stava infilando il carbone nella stufa. Aveva un aspetto bizzarro. Era coperta di stracci laceri e sembrava molto vecchia ma a guardarla bene poteva essere sua coetanea. L’aspetto misero e trasandato malcelava quello che doveva essere uno spirito allegro e bonario. Nei suoi occhi sfavillava una luce giocosa e l’aspetto del suo volto che pareva arcigno, era reso tale solamente dalla gran quantità di rughe di espressione del quale era cosparso. I suoi capelli candidi come la barba della quale lui andava molto orgoglioso, erano tenuti raccolti sotto ad un grande fazzolettone annodato sotto al mento sul quale spuntava un neo impertinente ricoperto di piccole setole bianche che luccicavano come fili di prezioso argento. Il naso pronunciato completava il quadro di un aspetto non bello ma estremamente interessante.
La donna si girò mentre si stava pulendo le mani sporche di carbone nel grembiulone che aveva davanti e iniziò a parlare mentre Babbo le porgeva la tazza osservandola con interesse.
“Vede Babbo, sono qui per chiedere il suo aiuto, lavoriamo entrambi nello stesso settore, in contesti diversi ma con il medesimo fine…lei ha sicuramente un’attività più florida della mia ma…quest’anno, credo che ne siamo tutti consapevoli, c’è una crisi che mieterà molte vittime soprattutto tra i nostri piccoli clienti, le borse sono state chiuse e molti genitori e molti nonni dei nostri giovani amici sono ormai sull’orlo del collasso e li stanno portando a non credere più a noi…anche perché…purtroppo non credono più in loro stessi…non hanno più le forze per farlo…cominciano a scarseggiare i valori…mi ricordo quando portavo solo noci e mandarini, o quando portavo il carbone…era prezioso anche quello, almeno ci si scaldava per un giorno e il colpevole cattivo veniva perdonato. Non vorrei ritornare a quei tempi…da ricordare erano belli, ma si soffriva di più.”
“Certo, la capisco Fanny, posso chiamarla per nome?” Disse Babbo scoprendosi galante mentre la signora annuiva. “Ma non capisco in che modo io posso aiutare lei. La sua è una festa personale dove sembrerebbe strana la mia partecipazione.”
“Non sembrerebbe poi più strana di tante altre cose che succedono al giorno d’oggi, in effetti io sono qui anche per aiutare me. Sono tantissimi anni che vivo sola, io non mi sono mai sposata per via della mia attività, ho sempre fatto tutto da sola, ero una specie di donna in carriera e per far fronte agli impegni che la mia festa imponeva dovevo lavorare come una matta tutto l’anno…non ho avuto tempo per altro…oh, non che le occasioni mi siano mancate…avevo un sacco di spasimanti tra gli spazzacamini là sui tetti ma…non ho mai dato corda a nessuno e…il tempo è passato e adesso comincio a sentire il peso degli anni…e questo soprattutto perché vengo pensata sempre meno…Sono sicura che la sua partecipazione, signor Natale…”
“Chiamami pure Babbo…”
“Certo…Babbo…sono sicura che la tua presenza…dietro di me sulla scopa …faccia alzare molti nasi all’insù…avevo voglia di dare un po’ di smalto alla mia immagine…che ne dici…magari facciamo qualcosa di diverso…qualcosa che verrà ricordato prima che sparisca tutto…Ci sono alcune amiche mie, certe streghe del Sabba, sai quella discoteca sulle colline, che mi consigliano di andare dal chirurgo plastico per la mia immagine e di rivolgermi a un buon stilista ma…io sono tradizionalista, non ho mai cambiato scopa anche se quella che usa Harry Potter mi dicono sia fantastica, io sono per le emissioni zero. Non ho mai cambiato niente perché volevo che le tradizioni rimanessero sempre immutate e…anche questa volta cerco il tuo aiuto proprio perché anche la tua è una tradizione che dura da secoli.”
“Vedi cara Fanny, io ero qui in casa a crogiolarmi nei miei pensieri e a rimuginare sul tempo passato e su quello che non sarà più, la tristezza mi attanagliava e venivo lentamente portato nel baratro dell’autodistruzione. Mi stavo chiedendo con quale senso dovevo continuare ad esistere e ad essere quello che sono senza l’appoggio di mia moglie che è venuta a mancare da poco…”
“Mi dispiace Babbo…non lo sapevo…”
“ Non potevi saperlo, io ho cercato di essere sempre lo stesso, oh, oh, oh, io dovevo ridere, dovevo avere un aspetto festoso e rubicondo, dovevo infondere gioia e felicità al mio passaggio, la mia doveva essere una ridondante festa di suoni, luci e colori ma avevo il cuore a pezzi, il problema era mio e non dell’umanità… non se ne è accorto nessuno ma…i miei magazzini sono pieni, dicono tutti che è la crisi ma…vedi,…assieme a Mamma Natale è venuta a mancare la vera anima del Natale…l’amore, quello del calore della famiglia, quello per le cose semplici, quello del calore di un sorriso affettuoso o di un abbraccio, quello di una carezza data senza motivo. E’ venuto a mancare il senso dei veri regali che dal mio punto di vista…sono quelli e quelli più genuini. Quindi mia cara, ho proprio deciso di accettare la tua proposta, verrò con te e ti aiuterò a non essere dimenticata, perché anch’io voglio tornate ad essere quello di una volta. Verrò con te perché la tua festa viene in silenzio e senza estenuanti preparativi che durano mesi, perché il tuo misero aspetto, di una che non riesce a mettere assieme il pranzo con la cena è alla fine molto più dignitoso del mio, perchè nell’oscurità e nel silenzio si compie la tua venuta e quello che lasci o hai lasciato in passato, anche se poco, una noce o un mandarino o un pezzo di carbone ha sempre aiutato qualcuno e strappato un sorriso. E per questo io ti ringrazio perché alla fine sei tu che aiuti me.”
Fanny di alzò con slancio e l’abbracciò. L’odore di zucchero caramellato di Babbo si fuse con quello di legna bruciata che emanava la donna.
Quella notte, se qualcuno avesse guardato attentamente il cielo, avrebbe visto una scia di scintille, come quelle che salgono dalle braci smosse. Le avrebbero viste danzare con il vento e formare per un attimo, la sagoma di una scopa volante con un cappello rosso sopra.
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Auguri a tutti, Babbi Natale o Befane che siano.
Stefano