Inserito il 18/07/2012 alle: 12:59:06
... raccontato una brutta storia che, a sua volta, gli ha raccontato un 'randagio'.
Non credo che le cose siano andate proprio così perchè il mio cane racconta un sacco di palle e non ha delle belle amicizie. Io gli ho detto che certe cose non accadono... che sono leggende canine messe in giro ad arte dai 'pelosi' ingrati per screditare gli 'umani' ma lui mi ha detto che sono cose che succedono molto più spesso di quanto si creda.
Qualcosa di vero deve esserci perchè io del mio cane mi fido. Comunque ve la racconto così come me l'ha detta lui poi ognuno la pensi come vuole...
Il suo ‘umano’ la stava guardando e lei non capiva cosa stava succedendo perchè, lo sanno tutti, i cani non capiscono.
Sentiva che lui ‘abbaiava’, in quel modo strano che hanno gli ‘umani’ di farlo, delle ‘cose’ alla sua ‘umana’… ‘cose’ che facevano più o meno così… “Vedrai che se la caverà”.
La sua ‘umana’ era rimasta con lo sguardo fisso su un punto inesistente e non aveva ‘abbaiato’ niente, non era in grado di ‘abbaiare’ nulla e a nulla sarebbe servito ‘abbaiare’.
La femmina meticcia di grossa taglia aveva in qualche modo compreso che per lei non c’era più posto. Il guinzaglio, legato al lampione, non le consentiva che un paio di passi ma non le importava perché non aveva voglia di andare da nessuna parte.
I suoi ‘umani’ si allontanarono e lei rimase con gli occhi fissi su quelle luci rosse che si muovevano e che divenivano sempre più piccole…
Lo sapeva, lo aveva ‘sentito’ sin dal primo momento quando, la sera precedente, il suo ‘umano’ aveva guardato la sua ‘umana’ e le aveva ‘abbaiato’… “Non è più possibile… dobbiamo fare una scelta cara.”
‘Cara’ non aveva ‘abbaiato’ niente, aveva solo annuito con una grande tristezza negli occhi e lei aveva compreso che anche ‘cara’ era d’accordo con ‘caro’.
La sera precedente la sua ciotola era stata riempita più del solito e con ‘cose’ più odorose del solito. Ne fu ghiottamente felice ma così aveva anche ricevuto la conferma a quel triste presagio che il suo istinto animale le aveva infilato da qualche parte nascosto nella sua folta pelliccia come fosse una piccola zecca.
Aveva mangiato con la solita voracità ma si rese conto di averlo fatto più per compiacere la sua ‘umana’ che per ghiottoneria. Quegli odori di solito le piacevano così tanto da farle sgocciolare il naso ed erano il preludio a quei sapori che la facevano sbavare ma la sera prima erano stati meno intensi, meno stimolanti, meno… ‘sbavanti’.
Avevano avuto un gusto diverso. Lei non sapeva bene come definirli ma avevano un ‘sapore’ come di tristezza… no, la pappa non aveva avuto un buon sapore.
Stava per succedere qualcosa lo aveva percepito e aveva percepito chiaramente che stava succedendo al suo branco, a lei in particolare.
Anche la passeggiata era stata più lunga del solito. Il suo ‘umano’ la sera prima non era stato frettoloso come al solito, non l’aveva incitata come faceva spesso, a sbrigarsi, sembrava tranquillo, non aveva ‘abbaiato’ però le era sembrato che fosse pensieroso.
Quando erano rientrati lei era andata sulla sua branda come al solito e, come al solito, aveva cercato la sua posizione facendo un paio di giri su se stessa. Quel rito era inutile ma serviva a farle pregustare il momento in cui si sarebbe acciambellata su se stessa pronta per una lunga e riposante ‘cuccia’.
Le sue ossa non erano più quelle di quando era una cucciola, si stancavano in fretta e facevano anche un po’ male. Ogni tanto, mentre camminava, alzava una zampa posteriore per farla riposare un pochino, per sentire meno male ma quando si accorgeva che la sua ‘umana’ si preoccupava di quel suo atteggiamento si sforzava di rimetterla a terra per non darle pensieri. Faceva un male bestia ma lo sguardo di sollievo che vedeva negli occhi di lei la ripagavano abbondantemente al punto da non farle quasi sentire più il dolore.
Poi la sua ‘cuccia’ era stata interrotta nel cuore della notte dalle mani del suo ‘umano’ che l’avevano accarezzata. Mentre riemergeva dal sonno aveva compreso che il suo istinto aveva fatto centro… quella ‘cosa’ che le aveva fatto ricevere una ciotola più abbondante e più odorosa e una passeggiata più lunga, stava per succedere.
Il suo ‘umano’ le aveva messo il guinzaglio e lei aveva faticato un attimo ad alzarsi per via delle sue ossa che ormai richiedevano un tempo più lungo per articolarsi.
La sua ‘umana’ non l’aveva guardata neppure e tanto meno l’aveva accarezzata come era solita fare.
Fu quel semplice e disarmante ‘non gesto’ che l’aveva fatta arrendere con la sua solita remissività, quella remissività che, fin da cucciola, non le aveva portato gran fortuna ne con i suoi fratellini prima, ne con i suoi simili dopo quando era per strada, ne quando si trovava al rifugio.
Lei non ci poteva fare niente, era nata così… si arrendeva facile ma questa sua caratteristica le aveva portato un grande dono… era stata scelta dai suoi ‘umani’ che avevano, a loro volta, dei piccoli ‘umani’ vicino.
Lei sembrava la pelosa giusta per loro. Non litigava con i loro cuccioli e anche quando erano invadenti e rumorosi o quando cercavano di afferrarle la sua cortissima coda lei li faceva fare, al massimo se ne andava lasciandoli a giocare tra loro.
Si accucciò sul ciglio della strada il più possibile vicino al lampione. Qualcosa dentro di lei le rimandava quei frammenti di… di cosa? Di ricordi? Di sentimenti? Non lo sapeva. Aveva sentito ‘abbaiare’ dagli ‘umani’, che aveva incontrato prima di quelli che erano diventati i ‘suoi umani’, che i cani non pensano, non ricordano, non capiscono. Forse era vero ma a lei non importava che pensassero questo, forse avevano anche ragione ma a lei non interessava gran che.
Lei non ragionava, in effetti non usava molto il cervello, era molto più istintivo usare il ‘cuore’ e lei lo usava molto.
Sì, erano frammenti di ‘cuore’ quelli che l’avevano ‘raggiunta’.
Quando era scesa dalla branda aveva fatto come sempre… aveva seguito i suoi ‘umani’ con… fiducia? Loro la chiamano così. Sì, era la cosa migliore da fare… loro si erano sempre occupati di lei e anche se a volte lei non aveva ‘capito’ certe cose era stata sempre contenta di essere con loro.
Era saltata con un po’ di fatica nel baule della macchina del suo ‘umano’… altra cosa strana… di solito saliva sulla macchina della sua ‘umana’… era lì che c’era il suo odore. Su quella di lui non la portavano quasi mai per via della sua pelliccia che si ‘staccava’ da lei e si ‘attaccava’ alla macchina e questo non piaceva al suo ‘umano’… sentiva che la sua voce in quei momenti diventava strana e anche il suo odore diventava pungente.
Lei, come tutti i cani, non capiva ma ‘provava’ e quello che ‘provava’ in quei momenti le faceva abbassare le orecchie e le rimpiccioliva ancora di più la coda. No, quella macchina non le piaceva ma quella era solo una delle tante cose che, dalla sera prima, non le erano piaciute.
Si stava facendo giorno, vedeva molte più luci rosse adesso ma nessuna si fermava. Cercava di stare lì, ferma, immobile… il suo istinto le aveva detto che se fosse stata abbastanza ferma forse la ‘disperazione’ che sentiva avvicinarsi non si sarebbe accorta di lei ma lei aveva intuito che l’istinto non le stava dicendo la verità.
La disperazione sarebbe arrivata presto e l’avrebbe sbranata con una facilità estrema perché lei era remissiva… era nata così, non aveva mai potuto farci niente.
Sentiva il rumore forte delle macchine che passavano, aveva chiuso gli occhi tanto sapeva che i suoi ‘umani’ non sarebbero tornati… si erano… ‘persi’? Sì! Ecco cosa era successo! I suoi ‘umani’ si erano persi e adesso avevano bisogno di lei. Avevano bisogno che lei li andasse a cercare e li riportasse a casa… doveva riunire il branco ecco cosa doveva fare… avevano proprio ragione quegli ‘umani’ che ‘abbaiavano’ che i cani non capiscono e non ragionano… la conferma l’aveva avuto da se stessa… come aveva potuto pensare che i ‘suoi umani’ l’avessero abbandonata? Come aveva potuto concludere che non la volessero più nel branco?
“E’ vero!” disse a se stessa… “Noi cani non capiamo niente, non siamo capaci di ragionare… sappiamo solo usare il cuore”.
Cominciò a mordere il guinzaglio. Doveva liberarsi per andare a cercare i suoi ‘umani’ che ora avevano sicuramente bisogno di lei.
Lavorò alacremente con i suoi denti che, anche se vecchi, avevano un buon motivo per funzionare bene… “Ancora qualche morso e poi un paio di strattoni belli forti e posso andare a cercarli…”
Si sentiva forte, le era tornata la fiducia nei suoi ‘umani’, la disperazione era passata e non l’aveva sbranata… era quasi libera, tirò con forza e sentì il guinzaglio iniziare a cedere. Fu colta da una grande frenesia… la paura che i suoi ‘umani’ venissero ‘sbranati’ dalla disperazione per essersi persi la assalì all’improvviso e la distrasse per un istante mentre il guinzaglio cedeva di schianto e lei ruzzolava poco oltre il ciglio della strada.
Fu per questo motivo che si ritrovò sulla carreggiata…
“Non è un posto sicuro!”… la sua ‘umana’ aveva ‘abbaiato’ un sacco di volte quell’avvertimento ma lei era un cane e non capiva.
Cercò di rialzarsi mentre la prima macchina sterzava di scatto evitandola di un niente. Lei si sarebbe anche tolta di mezzo più in fretta se le sue vecchie ossa non avessero richiesto un po’ più di tempo per articolarsi e fu per questo, probabilmente, che non riuscì a evitare il furgone.
Mentre volava oltre il ciglio della strada sentì il suo istinto dirle che non era niente e che si sarebbe rialzata subito e avrebbe potuto iniziare a cercare i suoi ‘umani’.
Un istante prima di morire e due prima di cadere nelle sterpaglie si chiese perché il suo istinto le mentiva per la seconda volta poi, nonostante fosse un cane, capì.