Inserito il 25/11/2010 alle: 00:15:39
Intanto, nella sala comandi Oby e Mileyla si guardarono stupiti, non capivano come Yoda avesse potuto osare tanto, lui che comunicava benissimo telepaticamente come aveva potuto scrivere un bigliettino?
E poi, cosa c’era scritto?
Non è che con quei guantoni era riuscito molto bene nell’impresa, i segni tracciati a carbonella, presa dal suo impianto di riscaldamento dovevano essere decifrati.
Dopo essere entrati nella rampa A14 accostarono nella zona Astrogrill e spensero il motore.
Il piazzale era molto affollato, c’erano veicoli di tutti i tipi e forme, dai semplici Trans-Porter decisamente ambigui alle Motrici-Rimorchiatrici di stampo femminile che a pagamento trainavano e rimorchiavano chiunque dietro al chiosco del bar. C’erano i soliti TransTrans mezzi che percorrevano la stessa rotta da anni senza mai spostarsi di una virgola e c’erano anche un sacco di caravan, proprio semplici obsoleti vecchi caravan di una carovana circense, erano mezzi che non si vedevano da secoli, vere rarità.
Nel calduccio della cabina della CORAL , il foglietto di Yoda era passato di mano in mano nella speranza di capirci qualcosa poi era venuta l’idea di consegnarlo a Tore, il topo di bordo, che era un esperto nelle traduzioni, infatti “masticava” molte lingue ed era abituato anche a “rosicchiare” alcuni dialetti.
Seduto nella classica posizione topesca cominciò il suo compito, con la codina sottile che sferzava nervosamente il pavimento della nave rosicchiava, e rosicchiava, e rosicchiava…l’operazione avrebbe richiesto svariato tempo.
Obiuan-Tottidè-Kenobi cominciò a giocherellare con le manopole della radio di bordo e si sintonizzò in un canale dove, un vecchio gruppo rock, gli Eagles , pubblicizzava una catena di hotel, gli “Hotel California”.
Mileyla, ormai stanca, decise di scendere e si diresse di corsa verso la toilettes, Obi voleva che si usasse quella di bordo solo se “strettamente necessario”, era una delle poche cose sulla quale era irremovibile.
Nel vestibolo dei bagni, che odoravano di stoccafisso, era seduta una signora orientale decisamente in carne, distribuiva a tutti quelli che entravano un opuscoletto che decantava le doti terapeutiche del più grande, a suo dire, salutista giapponese, un tale Cacapoko Kifà Pocomoto.
Dopo aver esitato un po’, la principessa entrò si ravviò i capelli, (doveva fare solo quello) e ritornò all’astronave.
A passi lenti, ripercorse il piazzale, era assorta nei suoi pensieri, le luci degli altri mezzi parcheggiati creavano un che di surreale attorno a lei, si fermò vicino ad uno di quei caravan che avevano visto prima e, curiosa, spiò attraverso i vetri degli oblò.
Come in un’ostrica , nella luce perlacea che emanava l’interno, vide una dolcezza infinita, un senso di pace cosmica abbracciava i suoi occupanti.
Una mamma leggeva qualcosa ai suoi bimbi sdraiati sui cuscini, un papà curvo sul tavolino, intento a riparare qualche oggetto, un bestiolino peloso, forse un cagnolino, acciambellato ai suoi piedi.
Si ritirò di scatto.
Non voleva turbare con la sua presenza quel raro momento di intimità.
Era immobile, sentiva un terribile bruciore in fondo alla gola, come un nodo difficile da sciogliere, il cuore le martellava forte e una lacrima bollente le stava rigando il viso.
Guardò le stelle che erano comparse in un unico squarcio del cielo e, lentamente, ancora più di prima ripercorse i propri passi pensando al suo compagno e al futuro incerto che lo attendeva.
Là fuori, nello spazio, sarebbe stato solo, avrebbe dovuto combattere la sua battaglia con i propri mezzi, solo contro tutti e tutti contro di lui, lei non poteva aiutarlo.
Avrebbe voluto tanto che le guerre letteralstellari non scoppiassero mai, che tutti potessero essere sereni come quelle persone che aveva appena visto ma le sfide erano sempre in agguato minando la pace e la possibilità di crearsi la propria casa viaggiante senza problemi.
Aveva già sentito di feroci equipaggi che scrivevano lunghissimi post pieni di Kassate e che in molti credevano assumessero dosi massicce di moderne droghe per farlo, tutto ciò la faceva rabbrividire.
Sali di nuovo nel calduccio termico della plancia e guardò teneramente Oby che stava ancora smanettando sui tasti della radio di bordo imprecando contro le scariche elettromagnetiche.
Lo abbracciò alle spalle, non avrebbe mai voluto lasciarlo andare, tra le proteste di lui gli baciò la nuca.