Troverai scorbutici in ogni luogo. I corsi sono isolani e questo li porta ad essere allo stesso tempo diffidenti e orgogliosi. Sono simili agli elbani. Non vedo però questa caratterisitica nei sardi, almeno non in quelli che conosco. (In Sardegna non ci sono mai stato).
Guai a chiamare 'francese' un corso, e anche vice-versa.
Ma questo per me, per noi, non è assolutamente un motivo per non andarci, anzi!
Copio e incollo quello che scrissi al ritorno del nostro viaggio.
Isola che è quasi Toscana, ma Toscana non è. Eppure i cognomi sono toscani, e l’Elba è lì, e la Capraia e Gorgona e Montecristo, a portata di mano. Mia moglie riesce perfino a scorgere la cava di Campiglia Marittima, dove è nata, e si commuove. La Toscana le volge le spalle? Ma non è nemmeno Francia. Chiedo ad una signora se è corsa: ‘No, sono francese’ risponde. E questo la dice lunga. Non oso chiedere ad un corso se si sente francese, sono prudente.
Isola strana. Di gente strana. Offesa forse dai tradimenti sofferti nel tempo, risentita, orgogliosa e schiva. Chiusa e diffidente.!‘I turisti? Meglio che stiano a casa loro: non ci portano niente.’ Noi viaggiamo in camper, difficile barare. A Propriano l’acqua ce la dà una famiglia marocchina, e mentre mia moglie è a prendere dei gelati per i loro bambini, ci regalano tre meloni, tra l’altro buonissimi. Poi la sera la gendarmerie ci invita a lasciare la piazza grande e deserta del porto commerciale.
Isola strana, di coltelli, capre maiali e mucche a spasso, tipo India, di patè, formaggio e salsicce. E tante e belle ragazze dai lineamenti delicati e occhi incredibilmente profondi.
Sparse lungo le strade, un po’ dovunque ma in particolare a Sartene, le grandiose grigie tombe di famiglia, a destra e a manca, fanno a volte da sfondo a improvvisati locali ‘snack’ dove puoi acquistare pietanze precotte e bastoni di gomma detti ‘baghet’ e spacciati per pane. La strada sfiora le tombe, e ricorda la prudenza nella guida nell’affrontare le curve prive di protezioni.
Aria chiara, pulita e ventosa, profumata. Per forza: non vedo segni d’industrie, non vedo camini, discariche. No, una discarica, immensa, l’ho vista, a sud-ovest di Bastia, sulla strada per Ponte Leccia se ben ricordo: rifiuti e mucche e capre a pascolare. Brutta pubblicità.
Ma allora di cosa campano? Hanno scoperto l’arte che tutti cerchiamo? Vivere senza lavorare? Non credo. I monti sono aspri e impervi, eppure segni di pascolo e di insediamenti si trovano dovunque, anche nei punti più isolati. Sopravvivere doveva essere difficile, e poco il tempo da dedicare a monumenti, teatri, religioni. Oppure non hanno avuto il coraggio di competere con i grandiosi monumenti doni della natura: le bianche e taglienti scogliere della ventosa Bonifacio, che sfidano altere il mare in tempesta, le Calanche infuocate (che marcia sotto il sole!), i tramonti di Porto, e l’aria novembrina e le foreste profumate dell’interno che portano la mente alle nostre Alpi. E la mente va ancor più là visitando Cap Corse, che ci prende e ci riporta al caro Mani. Le scritte lungo il sentiero per il Molino Mattei, in francese ma comprensibili, mostrano un’isola di immigrazione ed emigrazione, con il ricordo in Italia, il cuore in Corsica e le gambe pronte a partire, ormai temprati, per nuovi mondi.
Ciao
pilao
Un paesaggio

La lingua
Modificato da pilao il 17/01/2008 alle 16:36:48