Kabul, Afghanistan.
Colpo di Stato "Rivoluzione di Saur", 27 aprile 1978.
Stavamo dormendo tranquilli nel nostro camper parcheggiato in un sedicente "campeggio", niente di più di un recinto attorno ad una costruzione un po' fatiscente dove una ragazza austriaca un po' avventuriera gestiva una modesta pensione assieme al suo fidanzato afgano. C'era anche un altro camper di una coppia svizzera. Il giorno prima avevamo ottenuto il visto per entrare in Pakistan, fatto le ultime compere nel bush market in centro, e avevamo persino cenato all'hotel InterContinental per festeggiare il termine del nostro piacevole soggiorno in Afghanistan, un paese ospitale dove avevamo avuto modo di visitare bellezze impareggiabili e luoghi indimenticabili.
Alle 4 del mattino veniamo svegliati da alcuni fortissimi...botti, che a me sembrano subito colpi di cannone. Pochi minuti dopo mi bussa l'austriaca che in modo concitato mi dice che dobbiamo andarcene via da lì subito, ci urla che è scoppiata la guerra e che è necessario andare immediatamente nelle nostre ambasciate, se non vogliamo rischiare le nostre vite.
Così, senza neppure disfare il letto/dinette del nostro furgoncino VW camperizzato, ci ritroviamo in un attimo per strada dove la situazione mi appare subito gravissima. Decidiamo di andare all'ambasciata tedesca, la mia compagna di allora era di Bonn, e io penso subito alla priorità di proteggere lei prima che me tesso.
Sta albeggiando e con le prime luci stento ad evitare alcuni carri armati che percorrono la via principale ad una velocità pazzesca, sollevando nuvole di spessa polvere. Conosco per fortuna la strada per esserci andato due giorni prima a rinnovare il passaporto della mia compagna.
In un caos pazzesco di mezzi impazziti pieni di persone con kalashnikov fuori dai finestrini, gente che corre di qua e di là imbracciando fucili, alcuni morti a terra in grandi pozze di sangue recentissime, donne in burka che trascinano corpi esanimi, il tutto in un baccano infernale tra urla e grida, clacson di macchine, raffiche secche e brevi di mitragliatrici, e quell' indimenticabile sottofondo dello stridere dei cingoli dei carri armati a decine che sbucano da dovunque.
Incappiamo in una sorta di posto di blocco, io noto che nessuno è in divisa militare, ma tutti hanno una fascia nera sull'avambraccio sinistro e sono armati fino ai denti. Ci fermano e un afgano ci intima di aprire il finestrino , è arrabbiato e urla con insistenza "passport, passport", minacciando di rompere il vetro con il calcio del suo fucile. In un attimo ci strappa letteralmente i passaporti dalle mani, e scompare in un tugurio poco distante. Passano minuti di pura angoscia...dal tugurio esce un altro tipo sempre con fascia nera al braccio, è più anziano e sembra essere il capo, parla qualche parola di inglese e ci intima di proseguire "to your embassy"...e i nostri passaporti? Addio! No problem, ci urla, via, dobbiamo andare via, subito...
Schivo un gruppetto di uomini con le mani legate dietro, uno è totalmente imbrattato di sangue, lo sguardo assente, è seduto a terra e forse sono gli ultimi istanti della sua vita.
La strada per l'ambasciata tedesca sembra non finire mai, poi finalmente sono davanti al portone di ferro, che miracolosamente si apre ed entro in una sorta di grande garage vuoto, un altro portone è sbarrato davanti a me. Il funzionario ci riconosce, la mia ragazza scende e sparisce con il funzionario, io devo restare seduto al posto di guida. Mezz'ora dopo la mia compagna ritorna e mi spiega che lei può rimanere in ambasciata tedesca, ma io dovrò andare in quella americana o in quella italiana (ho doppia cittadinanza). Non se ne parla di separarci, decidiamo di tentare con l'ambasciata italiana, ci spiegano bene come arrivarci raccomandando di non percorrere le vie principali, per evitare altri posti di blocco. Prendiamo nota su un foglio di carta, ai tempi non c'erano ancora i navigatori.
Ci ributtiamo in quel caos di totale anarchia, il breve senso di relativa sicurezza dell' ambasciata tedesca svanisce in un attimo, il cuore batte di nuovo forte, la paura torna più di prima, ora ho maggior consapevolezza che le nostre vite sono letteralmente appese a un filo. Sbaglio strada, giro un po' a vuoto, il consiglio dell'addetto tedesco di evitare le vie principali si rivela fondamentale, la situazione mi sembra un po' più calma, le cannonate sono più rade. Molti morti a terra, molto sangue che non posso evitare di calpestare, letteralmente serpeggiando tra i corpi immobili, arriviamo finalmente alla cancellata sulla quale spicca una grossa targa che recita " Italian Embassy"...
Ma è chiusa, un afgano dall'interno ci fa segno di andare via, che è chiuso e da lì non si passa. Mi arrischio a scendere, gli urlo che sono italiano e che devo entrare a tutti i costi. A quel punto arriva un funzionario italiano e intima all'afgano di aprire il cancello, letteralmente mi tuffo nel bel giardino antistante la moderna palazzina con tanto di bandiera tricolore sul tetto. La mia compagna non regge all'emozione e scoppia a piangere, abbracciando l'imbarazzato addetto, io vengo assalito da una stanchezza infinita, mai provata prima. Sono le 2 del pomeriggio, 10 ore sono volate, abbiamo entrambi conosciuto la paura vera, e visto tanta morte come per fortuna non capiterà mai più...
I 14 giorni seguenti saranno condivisi con altri 25 connazionali nelle stesse nostre condizioni, ospiti obbligati di un solerte e simpatico ambasciatore, che ci rassicurava che tutto sarebbe finito dopo qualche giorno. E così accadde. Con nuovi passaporti siamo ora incolonnati con decine di mezzi, sotto attenta scorta dei soliti rivoltosi con fascia nera, in attesa che gli addetti della frontiera pakistana ci facciano mille domande e ispezionino minuziosamente il camper.
Qualche ora dopo, imbocchiamo finalmente la Torkham Road, provati ma felici di sentirci nuovamente in una relativa sicurezza. Ci vorranno settimane per dimenticare almeno un po' la paura, quella vera, che avevamo vissuto nei giorni precedenti.
Questo per dire che, in certi paesi, tutto può cambiare in poche ore, e da felici turisti si può passare a situazioni di pericolo altissimo, dove la nostra vita in un attimo vale meno di un centesimo. Trovarsi nel mezzo di una guerra è una pessima esperienza, da evitare assolutamente.
Il rischio zero ovviamente non esiste in nessun posto, ma se c'è solo una minima possibilità che le cose divengano complicate, è a mio parere da sconsiderati mettere in pericolo la vita dei propri cari e la propria, viaggiando nel posto magari giusto, ma nel momento assolutamente sbagliato.
"My world is miles of endless roads" "The curse of the traveller got a hold on me, and it won't let you be"
Modificato da wippet il 25/09/2025 alle 19:05:43