Inserito il 21/01/2009 alle: 21:56:34
tratto da quattroruote...
E così è la Fiat la prima a muovere nel nuovo Risiko mondiale dell'automobile, innestato dalla Grande Crisi: Torino torna a sposarsi con Detroit, ma questa volta trova il partner sulla sponda Chrysler e non più General Motors, dopo il divorzio con quest'ultima sancito dagli avvocati cinque anni orsono.
Le nozze, secondo le indiscrezioni rilanciate dai giornali americani, sono a costo finanziario zero: Fiat prende inizialmente una quota di minoranza (il 35%) in cambio della cessione a Chrysler delle proprie piattaforme e del proprio know how nel fare piccole automobili, un genere improvvisamente diventato di gran moda negli Stati Uniti.
In cambio, Torino contribuirà a ristrutturare alcuni stabilimenti americani del partner, al fine di avviare in loco una produzione di modelli Alfa Romeo, della 500 e forse dell'ammiraglia a trazione posteriore che la stessa Casa del Biscione ha in cantiere in collaborazione con la Maserati, che a sua volta metterebbe così in gamma un terzo modello, la cosiddetta "piccola Quattroporte". È ovvio poi che a Torino potrebbe interessare in prospettiva, qualora il Gruppo italiano arrivasse alla maggioranza, accedere al marchio Jeep, che è un po' il gioiello della corona del gruppo Chrysler.
Ma non bisogna pensare che l'accordo tra Torino e Detroit esaurisca la stagione delle alleanze: i prossimi a muovere potrebbero essere i tedeschi, con sorprese ancora più clamorose. La stampa economica parla addirittura di una grande operazione, favorita dal Governo di Berlino, che porterebbe a un'aggregazione tra BMW e Mercedes, le quali in un secondo tempo rileverebbero la Opel, coinvolta nelle difficoltà di GM.
I motivi alla base di questo mega matrimonio sarebbero diversi: dare un assetto azionario più stabile al gruppo Daimler, cui fa capo la Mercedes, e metterlo al riparo da scalate; portare a un'ulteriore condivisione dei costi tra due grandi marchi premium nel novero dei più affermati al mondo e mettere la capacità produttiva e industriale della Opel nei piccoli modelli al servizio dei due partner, che devono allargare la gamma verso il basso per centrare le nuove norme europee sulle emissioni. E infine creare un secondo grande Gruppo tedesco, dopo la scalata della Porsche al colosso Volkswagen-Audi. Sempre secondo le stesse fonti di stampa, però, ci sarebbero forti resistenze da parte della famiglia Quandt, proprietaria della BMW, restia a perdere la propria dorata autonomia, e Monaco sarebbe assai più orientata a finalizzare e magari ampliare le trattative iniziate a suo tempo con la Fiat per una collaborazione tra Mini e Alfa Romeo.
Ovvio che in questo scenario i francesi non staranno a guardare: proprio oggi, martedì 20 gennaio, a Parigi si tengono gli Stati generali dell'automobile, voluti dal presidente Nicholas Sarkozy. L'Eliseo ha già detto a chiare lettere che non baderà a spese per far sì che Renault e Peugeot-Citroën escano dalla crisi con quote di mercato maggiori di quelle che avevano quando la Grande Depressione è iniziata. Si sa che anche la Renault aveva aperto un tavolo di trattative con la Chrysler, ma siamo in un momento in cui tutti parlano con tutti e ci si aspettano grandi soprese. Anche perché per la prima volta al tavolo del grande Risiko siedono anche indiani e cinesi, dotati di mezzi finanziari e ottime merci di scambio, come la possibilità di proporre nuovi sbocchi di mercato e piattaforme produttive a costi estremamente competitivi.
La mossa di Sergio Marchionne farebbe pensare che la Fiat nell'auto non lascia, come qualche dichiarazione di fine 2008 lasciava intendere, ma raddoppia. Se così fosse, si aprirebbe una nuova stagione molto difficile, ma anche molto stimolante. In cui il manager italo-canadese sarebbe chiamato a smentire per l'ennesima volta quanti, a dispetto dei risultati, continuano a sostenere che il suo passaggio in Fiat è legato solo alla volontà di rimettere in sesto l'azienda per poi venderla al migliore offerente, in modo da potersi godere un ricco futuro da banchiere. L'unica cosa certa è che, se l'affare Chrysler andrà in porto, Torino dovrà rafforzare la propria squadra manageriale, dalla quale è appena uscito il capo dell'Alfa e dell'Abarth, Luca De Meo: gestire un Gruppo del genere non è uno scherzo e Marchionne dovrà riorganizzare per la prima volta la sua prima linea.