Inserito il 20/10/2014 alle: 06:39:17
Il rumore del quadrimotore da trasporto che iniziava a rollare sulla pista era assordante.
Prese posto su uno dei piccoli sedili appoggiati alla parete.
L’equipaggiamento era ingombrante ma non era permesso ne possibile appoggiarlo a terra.
Si sistemò come meglio poteva, fuori diluviava e si erano fatti 800 metri sotto quell’acqua per raggiungere il C 130 per cui adesso lo attendeva un volo di diverse ore seduto e completamente fradicio.
Avrebbe preferito fare una marcia di 25 chilometri con una grattugia nelle mutande piuttosto che congelarsi lentamente fino all’atterraggio.
Erano diretti in Belgio in una località sconosciuta per un’esercitazione congiunta con le forze speciali di altri paesi NATO. Era tutto ciò che sapeva e a lui bastava.
Il C130 non era nato per far stare comodi i suoi passeggeri ma per portarli in giro con un buon liveIlo di sicurezza. Chi aveva progettato quell’aereo in quella configurazione non si era posto il problema del comfort dei trasportati ma aveva pensato a far sì che potessero portarsi al seguito tutta l’attrezzatura di cui avevano bisogno.
Il pilota diede manetta e il bestione iniziò a muoversi lentamente con un rumore infernale che aumentava in modo esponenziale all’aumentare della velocità. Dopo quello che parve un lasso di tempo interminabile si staccò dal suolo e iniziò la sua lenta e, apparentemente, incerta ascensione. Ancora in fase di decollo virò in direzione nord ovest e dopo qualche minuto stabilizzò la rotta.
Prese dalla tasca laterale dei pantaloni un sacchetto di plastica trasparente che conteneva il suo Walkman nuovo di pacca e una coppia di cuffiette… era il regalo dei suoi ex compagni di liceo… lo avevano quasi commosso quando Garmino, un po’ imbarazzato, gli aveva consegnato il pacchetto regalo con tanto di biglietto d’auguri che recitava… “Sono tre compleanni che non ti fai vedere testa di @@77o… abbiamo pensato che l’acustica dovrebbe essere ottima considerato che tra un orecchio e l’altro hai solo il vuoto pneumatico…”
Dentro il Walkman c’era anche una musicassetta che aveva scelto Decimo… “Abbey Road”. Mise le cuffiette e premette il tasto ‘play’. Le note di ‘Here comes the sun’ gli riempirono le orecchie. Quei *******i dei suoi amici avevano usato sia il Walkman sia la musicassetta.
Sorrise. Forse lo avevano fatto solo per provare l’apparecchio e forse si erano fatti prendere la mano e si erano divertiti un po’ utilizzando l’auricolare a turno.
Chiuse gli occhi… “Se sei stanco mentalmente non sei lucido e il rischio di lasciarci la pelle è elevato. Se sei stanco fisicamente non sei efficace e il rischio di lasciarci la pelle è elevato. Se non sei lucido e non sei efficace sei morto.”
Questa frase gli era stata ripetuta decine di volte, come un mantra, sino a condizionarlo al punto che adesso riusciva a dormire a comando.
Il sonno e la veglia erano diventati stati mentali che assumeva al bisogno ma non aveva mai provato a indurre il sonno con la musica… “Little Darling it’s been a long cold lonely winter…” Pensò ad Anjia, a come erano stati i suoi ‘inverni’, si chiedeva se lei ogni tanto lo pensasse come lui la pensava… “Little darling, the smile’s returning to the faces…” nei suoi sogni più segreti immaginava, un giorno, di poterla rivedere…
Spense il Walkman e si tolse gli auricolari… il rombo del quadrimotore lo riportò alla cruda realtà delle cose. La musica facilitava i sogni ma quando svaniva lei, svanivano anche loro.
Ripose il Walkman nel sacchetto impermeabile e lo rimise in tasca… “Grazie ragazzi ma devo andarci piano con questa roba, fa solletico all’anima.”
Fu svegliato dalla voce gracchiante che proveniva dall’interfono. Stese le gambe nel tentativo di liberarle dal formicolio che le aveva assalite mentre lui dormiva e si preparò all’atterraggio.
Quando l’enorme ‘bocca’ posteriore del C 130 si aprì l’oscurità era violata solo dai fari di due fuoristrada parcheggiati ai lati della rampa di discesa del quadrimotore.
In lontananza le luci gialle e fioche dei lampioni illuminavano una serie di basse strutture a forma di cubo che facevano immaginare dove si sarebbero acquartierati. Non c’erano camion ad attenderli per cui avrebbero coperto la distanza a piedi sotto una pioggia battente resa pungente dalle folate di vento che sferzavano l’area.
Quando ricevettero l’ordine di scendere fu colpito dall’odore acre del carburante che toglieva il fiato. Dopo una trentina di metri quell’odore aggressivo fu sostituito da quello più gradevole della resina dei pini e dell’erba bagnata. Faceva freddo e immaginò che fossero a qualche centinaio di metri sopra il livello del mare e in prossimità di qualche foresta di sempreverdi. Marciarono per una decina di minuti poi giunsero davanti all’alto reticolato posto a difesa delle strutture cubiche simili a enormi container. Il grande cancello si aprì lentamente, lo varcarono e furono assegnati agli alloggi.
L’interno del container era attrezzato con 12 brande, sei per ogni lato lungo, piuttosto larghe rispetto a quelle a cui era abituato. A fianco di ogni branda un armadio metallico basso e largo. In fondo al container era situata la zona dei bagni con lavabi e tazze ma senza docce segno che per quelle erano stati dedicati altri container probabilmente posti in un’altra zona rispetto alla struttura in cui si trovava.
Si diresse verso una branda centrale. Voleva essere equidistante dalla porta d’ingresso e dalla zona bagni. La luce era fornita da plafoniere al neon disseminate sul perimetro. Una piccola cassa acustica nera, sistemata sopra il varco di accesso ai bagni, avrebbe trasmesso le comunicazioni e, a fianco, una sirena, avrebbe urlato gli allarmi che si sarebbero succeduti a ogni ora del giorno e della notte fino alla fine di quel periodo ‘specializzazione’ che attendeva lui e il resto della squadra.
Era stanco e sperò che, per quello che restava della notte, non fosse previsto nient’altro che qualche ora di sonno. Il loro sergente li osservò in silenzio restando sulla soglia per controllare come sistemavano l’equipaggiamento.
“Alle 07.00 un mezzo vi verrà a prendere per portarvi nella sala briefing. Entro dieci minuti luci spente,”
A quelle ultime parole gli venne in mente Mà che passava dalla sua camera prima di coricarsi e gli diceva di dormire perché era tardi e il giorno dopo ci sarebbe stata scuola.
Fu invaso da un senso di nostalgia. Pensò alla sua camera, ai suoi, alla libertà di aprirsi il frigo a ogni ora del giorno e della notte… a quella di chiudersi la porta del bagno alle spalle per andare a @@g@re e a tutti gli aspetti della sua vita a cui aveva rinunciato… “Lo hai scelto tu ricordi? Lo studio non era il tuo cavallo di battaglia e per il lavoro non sembravi possedere un’attitudine molto sviluppata per cui… “
Ripensò al caldo e all’umidità del capannone dove, anni prima che sembravano secoli, aveva lavorato qualche mese… ora gli avrebbe fatto piacere patire un po’ di caldo.
Si spogliò avendo cura di disporre gli abiti in modo che si asciugassero il prima possibile e si infilò nella branda. Il sistema di riscaldamento era stato acceso al loro arrivo per cui le lenzuola erano fredde e dure. Resistette sapendo che da lì a qualche minuto il calore che cedeva il suo corpo sarebbe rimasto intrappolato sotto le coperte e gli sarebbe stato restituito con gli interessi. Anche qualche scoreggia sarebbe stata utile alla causa.
Si addormentò pensando a cosa avrebbe imparato e fatto dal giorno dopo e per i mesi seguenti…
“Considerato che non ti piaceva studiare ne lavorare sei sicuro di aver fatto la scelta giusta?”