Inserito il 29/09/2014 alle: 21:44:48
Mi sembra di capire che qualcuno ancora indulge in frenetiche attività adolescenziali[:D][:D]
I treni inglesi non erano comodi ma senz’altro in orario.
Un’ora e 33 minuti dopo aver lasciato Londra scese alla stazione di Hastings.
Erano quasi le sette, pioveva e tirava vento.
Prima di ogni altra cosa doveva trovare un letto per quella notte.
Uscì dalla stazione e notò una specie di bacheca, protetta da un vetro, appesa al muro. Conteneva informazioni utili per viaggiatori di passaggio e turisti. Trovò alcuni indirizzi e numeri di telefono di privati che affittavano camere con, a fianco, foto più o meno ingiallite della casa in cui si trovava la stanza.
La sua selezione ebbe come parametro preliminare l’estetica della case e il grado di ingiallimento delle polaroid che le ritraevano.
Optò per una casetta in mattoni a due piani. Gli parve ordinata e ben tenuta e il prezzo della camera non era fuori delle sua portata. Trascrisse il numero di telefono sul piccolo block notes a quadretti ormai sgualcito e cercò un telefono. La cabina telefonica era sul suo lato della strada a meno di dieci metri.
Si infilò la mano nella tasca dei jeans alla ricerca di monete… non capiva molto di come funzionassero i telefoni a moneta, lui era abituato ai gettoni per cui, quando doveva telefonare, infilava monete inglesi a @a770 nelle feritoie e faceva il numero. Qualche volta riusciva qualche volta no e allora riprovava.
Attese che gli rispondessero e intanto si ripassava la pronuncia della frase che aveva scritto sul block notes prima della partenza per Londra, ne aveva almeno una per tutte le evenienze e quelle per le emergenze… aveva anche quelle ‘porno’ per le botte di cvlo ma quelle erano state, purtroppo, le meno usate, almeno sino a quel momento.
La voce nasale di una donna rispose dopo una decina di squilli. Lui spiegò con fatica quello che gli serviva e la signora confermò la disponibilità della camera. Gli confermò anche l’indirizzo, Harold Road 260, e gli indicò l’autobus che lo avrebbe portato vicinissimo alla destinazione.
Doveva arrivare prima delle nove e nel prezzo era compresa la colazione del mattino.
L’autobus indicato dalla proprietaria della casa sarebbe passato da lì a cinque minuti. Si tolse lo zaino dalle spalle e si mise in fila dietro tre persone già in attesa alla fermata.
Una delle prime cose apprese durante il soggiorno londinese era che non rispettare le file per prendere gli autobus non è salutare.
La padrona di casa era tra i sessanta e settanta, capelli grigi portati corti, carnagione e occhi chiari e fisico asciutto. Era stata una dipendente della Royal Mail e aveva portato lettere e cartoline in bicicletta per quarantaquattro anni dopo di che si era giubilata da se perché non riusciva più a fare le salite. Il marito, ex ferroviere, era morto due anni prima per un attacco cardiaco, aveva una figlia in Australia e lei ora godeva solo della compagnia di due gatti… Smokey, un soriano tra i nove e gli undici Kg. che viveva fuori e non poteva entrare in casa e Sukey, una siamese che sembrava aver ingoiato una borraccia, che viveva dentro e non poteva uscire.
Dopo cinque minuti in compagnia di quella donna che gli aveva raccontato la sua vita si chiese se non fosse meglio dormire per strada adesso che aveva anche smesso di piovere, poi però l’espressione d’imbarazzo misto a vergogna che vide sul suo viso e le parole di scuse per averlo investito di tutte quelle informazioni lo commossero e, su due piedi, decise che quella donna gli piaceva.
Gli piaceva la solitudine che percepiva in lei, gli piacevano i gatti che a loro modo aiutavano quella donna a sentirsi ancora importante per qualcuno e, forse, gli piaceva pure il fatto che per la prima volta in tre settimane qualcuno gli aveva rivolto la parola per dargli qualcosa oltre che per dirgli qualcosa.
Prese la chiave della porta sul retro che lei gli porgeva imbarazzata da una decina di secondi, le sorrise e… “O.K. Milady, facciamo coppia per un paio di settimane ma sia chiaro che io voglio arrivare vergine al matrimonio…”
Lei non capì una parola e questo, oltre ad essere un bene, era evidente ma siccome lui le sorrideva sorrise anche lei e scosse la testa accompagnando il gesto con con un movimento della mano come a dire… “Sono troppo vecchia per imparare l’Italiano”.
La camera che aveva occupato era stata della figlia. Al bagno si accedeva da una porta interna, era cieco ma aveva la tazza, il lavabo e una vasca corta che poteva essere utilizzata anche come doccia. Perfetta.
Disfò lo zaino, prese la biancheria sporca e la gettò nella vasca. Fece scorrere l’acqua e con un pezzo di sapone cominciò a lavarsi gli indumenti.
Steso il bucato tra davanzale, seggiola, armadio e asse del cesso fece scorrere di nuovo l’acqua nella vasca per fare il bucato a se stesso che ne aveva bisogno almeno quanto la biancheria stesa.
Quando scese le scale era decisamente più attraente di quando era salito e persino l’odore che in un primo momento aveva attribuito alla presenza di gatti nella casa non si sentiva più.
Il jeans e la camicia pulita completavano la metamorfosi. Ora la gente avrebbe visto un esemplare di giovane maschio adulto pronto per gli unici due bisogni primari che doveva soddisfare al più presto… per il cibo non ci sarebbero stati grossi problemi mentre per l’altra questioncella non sarebbe stato così scontato.
La padrona di casa gli raccomandando, a gesti e a parole, di non fare entrare Smokey e di non fare uscire Sukey. Lui, uscendo, la rassicurò come meglio potè.
Mentre percorreva la lunga discesa che l’avrebbe portato sul lungomare si chiese se la decisione di alloggiare in quella casa fosse stata la migliore possibile. Non attese la risposta perché aveva il vago sentore che non gli sarebbe piaciuta.