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Vai alla home page di www.CamperOnLine.itViaggio nella Foresta Nera e dintorni

Racconto semiserio del viaggio estivo Nella Foresta nera e dintorni.

Equipaggio: Paolo e Giovanna (56 e 53 anni)
Veicolo: Laika Ecovip H600

Premesso che gran parte di quello che scriverò si ritorcerà contro di me, premesso che Giovanna forse me la farà pagare, premesso che ormai provo poco interesse ai paesini mitteleuropei mentre alla mia consorte interessano ancora, e la invidio, tutto ciò premesso inizio a raccontare.

Lo sapevo, lo immaginavo, nonostante avessi dato il mio assenso alle istanze di Giovanna, qualcosa mi suggeriva di soprassedere.
La partenza era prevista per le ore 15,30 di venerdì 19 luglio.
La mattina, appuntamento alle 8 dal meccanico per problemi a qualche spia accesa sul cruscotto del camper, poi carico delle vettovaglie e del vestiario (l’acqua e il gasolio erano stati caricati il giorno prima).
Ore 12, dentista per mio cavo orale. Avrei dovuto dargli retta, mi voleva ricontrollare lunedì mattina, ma io gli ho detto, “telefoni lei a mia moglie che è convinta di partire tra due ore”. Il dentista, conoscendo anche mia moglie, si è convinto. Avesse avuto un pochino di carattere il più, il dentista, ma così non è stato.
Dopo saluti e raccomandazioni/consigli (inutili gli uni e gli altri) al figlio che rimane a casa, partiamo.
Temperatura dell’asfalto 80 gradi, del camper, ben presto 43. Viaggio allucinante verso Milano, sole sulle gambe e braccia per tutto il tragitto. Il caldo ci fa sudare e bere a più non posso.
Arrivati a Milano, paralizzati in tangenziale, anche perché è l’ora dell’uscita dalle fabbriche e tutti il venerdì sera hanno voglia di tornare a casa.
Finalmente alle ore venti siamo a qualche chilometro dal traforo del S.Gottardo. Ci fermiamo per la notte nell’area autostradale S.Gottardo Sud. Apriamo tutte le finestre e gli oblò per rinfrescare il camper, persino l’acqua del serbatoio è calda, sembrerebbe che sia stato acceso il boiler, ma così non è. La temperatura pian piano ritorna a livelli accettabili e, dopo una parca cena, andiamo a letto nel fresco, finalmente, delle alpi svizzere.

Sveglia quasi all’alba delle sei, e partenza poco dopo le sette.
Prima tappa Friburgo.
Normali difficoltà per il parcheggio ma alla fine lo troviamo a pochi minuti dal centro.
Il solito paesone tedesco, o austriaco, o svizzero, con zona pedonale piena di negozi turistici, dove compriamo pane e una specie di paste ripiene di marmellata e cioccolata/amaretti/non so cosa.
Clou del paesone, la cattedrale, a detta delle guide Touring, la più grande della Germania (con somma gioia di mia moglie).
Arrivati nella piazza della suddetta, ci accorgiamo, che in tutto il perimetro attorno, c’è un mercato di frutta, verdura, fiori, formaggio e… wurstel. Il sacro e il profano, non è possibile fotografare la cattedrale senza bancarelle di venditori ambulanti. Gesù avrebbe cacciato gli ambulanti dal tempio, ma noi ci limitiamo a fotografarli assieme ad esso. L’idea non è malvagia, per i venditori locali, oltre ai normali clienti, possono contare sui fedeli della cattedrale, e sui turisti (come mia moglie) che la vogliono visitare. Notiamo anche alcuni (pochi) che vendono aceto balsamico e tortelloni di ricotta (prodotti locali della foresta nera?). Alla fine anche noi cediamo, compriamo due filetti di un non ben precisato pesce, non sapremo mai se di fiume o di mare, discreto nel sapore (cucinato alla sera col succo di arancio) unico punto di riferimento è che costava meno di tutti gli altri pesci.
Particolarità del paesone sono i minuscoli canali piedi d’acqua, trenta centimetri di larghezza e quindici di profondità, che corrono ai bordi delle strade. Utilità non mi sembra di vederne (pare che anticamente fossero utilizzati per spegnere gli incendi delle case costruite in gran parte in legno), se non nel fatto che qualche pensionato distratto cada con un piede nel canalino e finisca i suoi giorni battendo la testa a terra con somma gioia dei giovani che potranno usufruire della sua pensione in un lontano futuro. Noi, per fortuna usciamo indenni dopo meno di due ore di visita.
Sosta pranzo in un parcheggio attorniato da casa popolari e stadio, e poi partenza verso il lago Titisee, definito sempre dalla guida Touring (uno di questi giorni la faccio sparire) la perla della Foresta Nera.
Il laghetto, di origine glaciale, è circondato da foreste di pini, ma da pochi parcheggi e tutti ovviamente a pagamento.
A noi camperisti è riservato un unico parcheggio dietro la stazione dei treni. Non è lontano dal paese, ma molto molto vicino ai binari della ferrovia (circa cinque metri). Per il giorno si pagano 2,50 euro tramite le infernali macchinette, ma per la notte, da notare che non ci sono nè servizi, nè acqua nè possibilità di scarico, ben 10 euro che un solerte guardiano riscuote personalmente alle 8,10 svegliando anche chi sta ancora dormendo.
Il paese, che prende il nome dal lago, non lo descrivo neanche, unica nota è che il lungolago è pieno di pedalò a noleggio che sembrano motoscafi, ma nonostante l’apparenza, per procedere bisogna pedalare, pedalare.
Diluvio serale, ma la mattina dopo sole a tratti che ci permette di passeggiare e scattare qualche foto del lago.

Partenza per arrivare dopo circa trenta km a Donaueschingen. Ma cosa ci sarà mai da vedere in un paese tedesco dal nome impronunciabile?
Ebbene, la magica guida verde, e racconti trovati in internet di viaggi fatti in loco, asseriscono che proprio qui è situata la sorgente del Danubio.
Uno si aspetta di vedere una cascatella in mezzo al bosco, una sorgente tipo quella del Monviso dove un Bossi locale raccoglie in un’ampolla l’acqua danubiana per portarla in pellegrinaggio a Monaco di Baviera dove terrà un comizio al popolo bavarese, ma non è così.
In questo paesino però si trova la residenza ufficiale, castello con parco enorme annesso della grande casata dei Fustemberg, pieni di sicuro di soldi, e che possono annoverare nell’albero genealogico un’attrice di qualche anno fa dal nome Ira. Nel 1800, erano tanto potenti che convinsero, diremmo oggi gli addetti ai lavori, a certificare che la sorgente a fianco al loro castello, e allora conglobata nel giardino, fosse proprio quella del Danubio. Fecero costruire attorno una vasca con tanto di monumento ed epitaffio oggi visitabile dall’esterno del giardino. Patetico è vedere questa vasca di tre metri di diametro piena di monetine come la fontana di Trevi.
Interessante invece è il giardino del castello, dove sembra esserci una specie di fiera del giardinaggio e assimilati. In quella che era una volta zona di ristoro estivo dei Fustemberg, oggi la fanno da padroni gli espositori di mille facezie riempitive del vivere all’aperto. Dai venditori di cappellini e borse di paglia tipo regina Elisabetta, a quelli delle griglie in ferro o seggioline da giardino, dalle ambientazioni di ruscelletti in pietra o formicai con piccole formiche in ferro.
La gente è tanta, e molto interessata anche a fiori o piante ornamentali, ma soprattutto alle baracchine che vendono wurstel e… birra a fiumi. Notiamo signore ben vestite ed anche col cappellino appena acquistato, aggirarsi con grandi boccali di birra in mano.
Con le bici, sperimentiamo anche qualche tratto di piste ciclabili nei dintorni. Qui le piste sono notevoli, larghe e ben tenute, in mezzo alla campagna e boschi.
Probabilmente, un tempo tutta la zona era territorio di caccia dell’illustre casata, ma ora in questo immenso spazio trovano posto centro di tennis, innumerevoli campi di calcio, piste di atletica, piscine, maneggi e parcheggi, uno è riservato anche ai camper.
Quest’ultimo non è grandissimo ma gratuito e distante cinque minuti in bicicletta dal paese.
Qui decidiamo di pernottare, e qui conosciamo due equipaggi di Brescia che provenendo dalla direzione opposta ci danno “preziosi” consigli sul dove pernottare nei prossimi giorni.
Viaggiando in camper, a volte si fanno strani incontri, un austriaco che si è costruito un camper tutto il alluminio (5 mm di spessore) lasciandolo esternamente al grezzo su meccanica Mercedes e lui personalmente ha allestito il mezzo per la parte elettrica e idrica. Come camper d’autore non è male.
Un altro che anziché un generatore o pannello solare, si porta dietro un generatore eolico, una specie di ventilatore al contrario, non fa vento, ma mentre è in marcia il vento muove le pale e ricarica le batterie di servizio.
Notiamo anche una triade di nonnetti (circa 80 anni), che sempre in camper con due assi posteriori e quindi patente “c” girano la Germania. Alla guida una donna, forse la più “giovane” del gruppo, e uno dei due maschietti gira in bicicletta a tre ruote. Per organizzarsi, scaricare bici, gonfiaggio e partenza, impiegano circa 45 minuti, così per rimontare il tutto sul camper, ma visto che a loro il tempo non manca, questo non è un problema.
Per la cronaca, ci sono anche due coniugi olandesi che passano il pomeriggio seduti su comode seggioline a guardare il panorama campagnolo e a bere, lui lattine di birra e lei quasi due bottiglie di vino presumo tedesco. Alla sera, con occhi lucidi si ritirano presto, circa alle ore venti, e alla mattina quando partiamo sono ancora a letto a smaltire i fumi dell’alcol.

Villingen, un nome come un altro, un paese come un altro, case a graticcio come le altre, stupende cattedrali come le altre che ovviamente visitiamo, è la prima tappa mattutina.
Se non fosse che Giovanna prende nota di tutto, e di tutti i paesi, non sapremmo mai, al nostro ritorno dove abbiamo scattato quella foto.
Furtwanger, seconda tappa della giornata, è la sede del museo nazionale dell’orologio. Nonostante le indicazioni fornite dai vari viaggiatori itineranti in rete, non riusciamo a trovare per almeno un’ora un parcheggio e avanti e indietro transitiamo per la “gradevole” cittadina almeno otto volte.
Poi, un colpo di fulmine, anzi, un colpo di c…, un posticino sulla strada, mezzo sul marciapiede, e in pochi minuti arriviamo al famoso museo. Niente da raccontare, orologi, orologi, orologi.
Prossima tappa sono le cascate di Triberg. Su indicazione dei camperisti bresciani, arriviamo col nostro mezzo in area attrezzata, da loro segnalata, che con cinque euro a notte ti permette di utilizzare tutti i mezzi pubblici, oltre a piscine e impianti di risalita (ovviamente in inverno) e avere accesso gratuitamente alle cascate.
Tutto corrisponde, tranne che per un piccolo particolare. Le piscine, i campi da tennis e tutto il resto, compresa la fermata del bus per le cascate, dista circa 2,5 km. Tutti in discesa, ma quando sarà ora di risalire…
Ormai è fatta, nel primo pomeriggio dopo circa quaranta minuti di marcia forzata, siamo finalmente arrivati alla fermata bus, che in pochi minuti ci porta all’ingresso cascate.
Ingresso per noi gratuito, come il bus, visita alle cascate che non sono niente di eccezionale, se ne trovano di meglio in Italia, ma almeno sono gratuite, e i cinque euro pagati per sostare sono recuperati.
All’uscita, dopo un caffè che per noi italiani corrisponde ad una tisana, ci avviamo verso la fermata bus per rientrare, ma… comincia a piovere. Aspetta, aspetta, ma il bus non arriva, forse qualche santo in paradiso ci è benevolo. Decidiamo di prendere un taxi “casualmente” posteggiato nei dintorni, e mai decisione fu più provvida. Per soli 9,5 euro rientriamo in camper mentre comincia a diluviare. Se avessimo preso il bus, il mega temporale estivo ci avrebbe, si fa per dire, accompagnato per i 2,5 Km in salita dal bus verso il camper.
Per tutta la notte continua a diluviare, e sempre con cielo quasi nero, ci avviamo verso la “strada panoramica della foresta nera”.

Durante il percorso di avvicinamento notiamo parcheggi con negozi ed enormi orologi a cucù, in uno di questi ci fermiamo. Ci sono anche dei bus turistici parcheggiati. Il cosiddetto orologio, enorme, grande come la facciata di una casa, è formato da una serie di animazioni in legno, dai bevitori di birra ai ballerini tipo tirolese al falegname che sega la legna. Particolare però rilevante, è che le animazioni si attivano non allo scoccare dell’ora o dei quindici minuti, ma all’inserimento di un euro nell’apposita fessura ben segnalata a fianco dell’orologio. E così intere comitive di turisti rimangono in attesa di fotografare o meglio filmare il movimento fino a quando forse l’autista o la guida, che devono rispettare i tempi del tour, presi da disperazione sacrificano un euro pur di ripartire in fretta da questo squallido luogo. Noi siamo fortunati, l’autista di turno aveva già inserito la fatidica monetina, e in pochi minuti fotografiamo, filmiamo e ripartiamo.
Prima di inoltrarci nella strada della Foresta nera, tappa obbligata per i bravi camperisti è una fabbrica di vetro soffiato, come a Murano, ma di gran lunga inferiore come produzione, solo vasi, bicchieri e bottiglie. Anche qui bus turistici che portano gli incolpevoli giapponesi a fotografare come si produce un vaso di vetro in Germania, almeno qui le guide non devono inserire le monetine.
Ultima tappa prima di inoltrarci nella foresta nera, Freudenstadt. Tappa obbligata, almeno secondo Lei, perché nella piazza principale è in funzione un’enorme fontana. La fontana è in realtà una parte consistente della piazza, un rettangolo di circa 50 m per 30 m da dove zampillano almeno una trentina di getti che variano ogni momento di altezza e quantità di acqua erogata.
Non mancano la cattedrale protestante e negozietti vari, ma il clima quasi invernale, piove e tira un vento freddo, ci portano solo in chiesa (stupenda, stupenda) e poi si riparte.
La foresta nera ci attende, ma arrivati a circa ottocento metri di altitudine, la nebbia ci avvolge e la pioggia non cessa.
Dietrofront tattico, e nonostante siano solo le ore 17, ci fermiamo in un campeggino avvistato qualche chilometro prima in attesa che il tempo cambi. Tutte esaurite le piazzole, occupate da enormi caravan olandesi, ma… si, una ci sarebbe..., andiamo a vedere col gestore.
E’ l’unica piazzola allagata, in una buca del campeggio, ma con corrente elettrica. Ci adattiamo, stivali in gomma in dotazione al camper e via, il camper è anche questo.
Doccia calda compresa nel prezzo, passeggiata serale ad un laghetto vicino e poi a nanna.

Oggi 25 luglio, chiudo le comunicazioni telefoniche. E’ il mio compleanno, e come da parecchio accade, non voglio auguri da nessuno, amici, parenti e figli. Molti, figli compresi, lo sanno, ma per precauzione tengo spento il cellulare.
Giornata nera, oggi, come il nome della foresta. La foresta è una delusione, i punti panoramici, spaziano su zone brulle o piene di alberi seccati o abbattuti, o forse bruciati. Le zone attrezzate a centro visitatori, non sono altro che parcheggi con annessi impianti di risalita invernali e piste da sci.
Terminata la strada panoramica, comincia il nero più profondo. Cerchiamo invano per tutto il pomeriggio parcheggi che ci permettano di visitare residenze reali, cattedrali e “gradevoli centri storici”. Sembra quasi che non se ne possa fare a meno, di queste visite culturali, preoccupati di perdere un’occasione unica, irripetibile, che non ti capiterà mai più nella vita. Ma da queste parti, si sono attrezzati bene contro i camper.
Nessun divieto specifico o sbarre alte 2 metri nei parcheggi, ma tutti i parcheggi, ad eccezione di quelli riservati ai bus, sono interrati, quindi utilizzabili solo da auto o piccoli furgoni.
Ambedue sfiniti, io per aver trascorso tutto il pomeriggio alla guida in perenne ricerca come un cane da tartufo, lei per aver perso tante occasioni di visita, ci ritroviamo in uno squallido parcheggio per giunta di fronte ad una banca, in un paesino del quale non ricordo il nome circa alle otto di sera.
Decidiamo per domani di cambiare zona e trasferirci sul Reno.
Mentre passeggiamo nel parcheggio prima di ritirarci, si avvicina un signore che parla italiano, anzi per la precisione siciliano. Si è trasferito qui per lavoro da trentasette anni, ma non dimentica l’Italia, e quando incontra italiani, si fa in quattro per fornire informazioni sulla gelateria gestita da connazionali o sul supermercato poco distante dove si compra acqua a poco prezzo. Mi obbliga, molto gentilmente, a seguirlo per vedere da vicino il supermercato che domattina aprirà alle otto. Mi sciorina inoltre tutti i prezzi delle acque minerali, in bottiglia di vetro o di plastica e mi indica la marca che ha il prezzo migliore, orgoglioso quasi come un bambino che ha appena terminato di ripetere senza errori tutte le tabelline alla maestra. Sicuro di aver reso un buon servizio a concittadini, mi saluta e prosegue la sua passeggiata serale, obbligata dal dottore per digerire gli zuccheri che “danno fastidio al pancreas”.
Ovviamente la mattina dopo all’apertura del supermercato, siamo già in viaggio da almeno un’ora.
Prima tappa doveva essere Eltville am Rhein dove, secondo un articolo di Plein air, avremmo dovuto trovare un favoloso parcheggio alberato in riva al fiume con pista ciclabile e piscina comunale a pochi passi come il centro storico e annesso castello.
Il parcheggio effettivamente era dove doveva essere, grande, alberato ecc… ma, ma ora con divieto di parcheggio per camper.
A questi “ingombranti mezzi”, il piccolo comune ha riservato un piccolo e squallido parcheggio molto lontano dal fiume e per giunta utilizzato come sede di mercato settimanale.
Via di corsa, per proseguire la visita alle sponde del Reno, ed arrivo a Loreley. Il nome evoca luoghi magici e incantati abitati da ondine , appunto Loreley che attiravano col proprio canto i naviganti e li facevano naufragare, luoghi dove si perde la dimensione spazio-temporale per immergersi in atmosfere irreali e quasi afrodisiache. Non è proprio così, non è altro che un promontorio dal quale si dominano alcune anse del fiume. Il luogo semmai poteva prestarsi alla costruzione di un castello difensivo e di controllo della via fluviale, ma forse era troppo in alto e le frecce o lance del tempo che fu, non sarebbero arrivate sul nemico di passaggio più in basso. Ma il mito di Loreley ha resistito nel tempo, o forse riscoperto per scopi commerciali, e oggi auto e bus portano turisti sul promontorio dove non mancano bar e ristoranti.
Nel pomeriggio scendiamo a valle e, trovato un parcheggio in riva al fiume, ci fermiamo per farci un caffè. A dire il vero non è proprio un parcheggio, ma un enorme spiazzo asfaltato con attracco barconi turistici. I barconi adesso non ci attraccano più, ma in compenso i camper possono sostare anche all’ombra di alti alberi cresciuti sulla riva. Un camper di anziani tedeschi è già piazzato con seggioline e veranda.
Tra camperisti, vige la regola che se sei solo, basta aspettare ed in poco tempo la zona si riempie di camper. In fondo anche noi ci siamo fermati perché dalla strada avevamo visto un camper. Il tempo di bere il caffè ed ecco comparire un camper italiano che chiede se ci sono divieti alla sosta. Sono due camperisti sassolesi (sì, proprio di Sassuolo, provincia di Modena) che sono in giro da circa un mese per la Germania del nord e percorrono rigorosamente strade secondarie e mai autostrade. Ovviamente sono pensionati senza impegni di nipoti o genitori.
Nonostante siano solo le 16,30 decidiamo di rimanere a dormire in questo parcheggio con loro per poter scambiare due chiacchiere in italiano e soprattutto con modenesi. Le chiacchiere, fatta eccezione della pausa cena, diventano in realtà sedici, trentadue, sessantaquattro, ecc… fino alle 23, ora della nanna.
I due si portano al seguito un felino siamese, apparentemente con la coda tronca, ma in realtà la coda si è ritirata a spirale subito dopo la nascita, essendo la cartilagine della coda troppo inconsistente. Potenza della natura, piuttosto che strisciare la coda per tutta la vita, è meglio averla tipo molla piantata nel posteriore! Il prato in riva al Reno oltre che di alberi, è disseminato di tane di topolini di campagna ed il gatto che ne sente l’odore, si agita notevolmente, anzi quando il padrone lo porta a guinzaglio nel prato, non ne vuole sapere di ritornare in camper, è come tentare di convincere un bambino ad uscire da un enorme parco di divertimenti gratuito e con tutte le attrazioni a sua disposizione.

La mattina dopo, ci spostiamo a Marksburg, dove scopriamo che “esiste un castello restaurato”, ma và! Visita immancabile, guidata, e ovviamente con guida tedesca che parla solo tedesco. Qui sul Reno, i castelli, piccoli o grandi che siano, sono moltissimi, diremmo a Modena “ad ogni pisciata di cane” poiché il grosso fiume era ed è un’importantissima via di comunicazione e di transito merci, i punti difensivi o di controllo erano a vista fra loro per segnalare nemici con bandiere o fuochi.
Non avevano ancora inventato il cellulare, ma solo gli orologi a cucù.
Questi castelli, andati in disuso con l’invenzione di Marconi e la nascita di Vodafone.de ora sono in mano a privati che in cambio della ristrutturazione li utilizzano per aprire ristoranti e negozietti per turisti, oltre a dar da lavorare alle solerti guide che a volte anche vestiti con costumi medioevali ti portano in giro e credo si inventino tante leggende per la gioia di grandi e bambini.
Il Reno è un fiume impressionante, ha impressionato anche me. Largo in questo tratto dai tre ai quattrocento metri, con una portata e velocità della corrente enorme, ma affollato di chiatte lunghe anche duecento metri che trasportano di tutto e battelli turistici pieni di giapponesi e tedeschi con videocamere e fotocamere sempre appiccicate al viso.
Passati dall’altra sponda a Koblenz, unico ponte per molti chilometri, ci fermiamo Sankt Goar dove troviamo un parcheggio privato con attacco luce acqua e scarico per sette euro al giorno. I sette euro sono solo per il parcheggio, l’elettricità costa un euro ogni 1,5 kw consumati. Il conto però non lo fanno dopo, ma devi inserire la fatidica moneta nell’erogatore di corrente, erogatore che terminata l’energia a tua disposizione si spegne senza preavviso. Se sei fortunato e te ne accorgi subito, inserisci un’altra moneta, altrimenti se il frigorifero non ha la selezione automatica del tipo di energia utilizzabile, corri il rischio di perdere tutto quello che è in congelatore.

Domani, in previsione giornata cicloturistica.
Da queste parti, come anche vedremo poi sulla Mosella, va molto di moda girare in bici lungo le attrezzate sponde, visto che il bagno non si può fare, visto che contemplare il fiume e il transito di chiatte alla lunga stanca, visto che i castelli visitati una volta, due son troppe, anche i più attempati si dedicano a questo sport.
Tutti assatanati alla Pantani, con bici tipo mountan bike stracolme di sacche porta di tutto e a volte con carriolino coperto attaccato dietro con figlio dormiente o cane pure lui dormiente si cimentano in lunghe pedalate supportati da cartine dettagliate delle piste della zona.
Qualcuno però, più tranquillo, utilizza moto a tre ruote, a volte anche a tre posti, con moglie e figlio seduti dietro, e in alcuni casi con carrello o piccola caravan agganciati.
Dimenticavo un’altra categoria di turisti, quelli che non appena aprono i locali con tavolini, si siedono e cominciano a bere birra o vino chiacchierando tra loro.
La nostra giornata cicloturistica però, almeno per la mattina, viene annullata: piove. Ma se piove, cosa si può fare? Visita al centro del paese e… al castello!!!
Un trenino turistico, ci porta alla sommità del promontorio, e poi visita ai ruderi ristrutturati.
Nel pomeriggio, tentiamo la sortita in bici, qualche chilometro in su e in giù, ma non abbiamo il fisico, superati da decine di vecchietti in splendida forma. Meglio tornare in paese e sederci per prendere un caffè.

Anche l’indomani ci svegliamo con cielo nero e pioggia, partenza e trenta chilometri dopo doveva esserci uno spendido parcheggio su erba per camper in riva al fiume. Il parcheggio effettivamente non mancava, ma… era invaso da una specie di raduno di giocatori di bocce alla francese. Incuranti della pioggia, birra in una mano e palla nell’altra, giocavano in almeno un centinaio di campi delimitati da strisce blu, campi di venti metri per quattro. La pioggia non cessa, ed allora dritti verso la Mosella, Reno addio.

La Mosella, pur essendo un grande fiume, non ha niente da spartire col Reno nonostante sia un suo affluente. Il paesaggio cambia notevolmente, colline più dolci e piene di filari di vite, meno impetuoso anche perché è disseminato di dighe e chiuse con centrali idroelettriche annesse, tutto diverso, tranne che in una cosa, anzi due.
Paesini con case a graticcio e castelli vari.
Prima di cercare un posto per la sosta notturna, mia moglie decide che c’è ancora tempo per visitare… un castello, è un pochino in crisi di astinenza, oggi nessuna visita. Sotto una pioggia torrenziale andiamo a Burg Eltz. Le guide indicano il castello come unico perché intatto, mai attaccato e mai caduto per cause naturali come terremoti.
Arrivati al parcheggio, per raggiungerlo ci sono 2,5 km in ripida discesa, e circa a metà della camminata, appare.
Il gioiello è imboscato fra alte montagne e altipiani, impossibile da individuare, e controlla solo un piccolo ruscello che scorre ai suoi piedi. Probabilmente il signorotto che lo governò si fece sovvenzionare per la costruzione da finanziamenti statali destinati a sistemi difensivi, ma a quale nemico poteva interessare un ruscello di appena venti centimetri di profondità? Il classico castello dell’imboscato, vita tranquilla e senza grossi rischi, per l’epoca potrei paragonarlo ad una villa in costa Smeralda.
Per ritornare al parcheggio, o ti fai il percorso a piedi con pendenze tipo cima Coppi oppure con soli 1,5 euro un giovane ma intraprendente locale, dotato di furgone a dieci posti, in pochi minuti ti scarica davanti alle auto. Optiamo per questa soluzione, economica e soprattutto poco faticosa.
Serata e notte in un parcheggio sulla Mosella, dove notiamo che l‘abitar viaggiando ha molte facce e strane forme. Una famiglia di tedeschi ha adattato un vecchio carrozzone tipo zingari montato su carro agricolo a quattro ruote con tanto di balconcino posteriore pieno di fiori e lo traina con un trattore. La velocità di crociera non sarà elevatissima, ma il tempo per gustare il panorama di certo non mancherà.
Contrariamente alle rive del Reno, qui le aree per camper non mancano, quasi tutti i piccoli paesi si sono dotati di spazi a noi riservati che con modiche cifre, da quattro a sei euro per 24 ore, ti offrono enormi piazzole tipo campeggio, acqua scarico e corrente elettrica.
Non mancano neanche negozi che vendono il celebre vino della Mosella, vino che però preferiamo far degustare ad altri.
Ultimo particolare da citare sono le coltivazioni di vite. Sono quasi tutte abbarbicate sulle ripide colline che scendono sul fiume, tutte coltivate e raccolte a mano, dove l’uomo può arrivare con i piedi, stai pur certo che ci hanno già piantato una vite.
Le invitanti aree di sosta indurrebbero a passare qualche giorno in più in questi luoghi, ma il rientro è quasi obbligato.
Dopo aver brillantemente passato il nodo di Milano, il primo di agosto siamo a casa per pranzo.
Qualche giorno per lavare, pulire sia il camper sia la casa (Federico come donna di casa non è il massimo), poi vedremo.


Viaggio effettuato nel Luglio 2007 da Paolo Moretti

Potete trovare ulteriori informazioni sulle località toccate da questo itinerario nella sezione METE, e i più recenti aggiornamenti alla situazione delle aree di sosta nella sezione AREE DI SOSTA.


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