Friuli 2002
Viaggio in Friuli Venezia Giulia e Veneto
28 Agosto - 6 Settembre 2002
Con la partecipazione di Alessandra, Diana, Roberto e Blonde
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Roma, Orte, Orvieto, Firenze, Bologna, Padova, Palmanova, Aquileia: 680 km
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Acquileia: 0 km
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Aquileia, Grado: 10 km
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Grado: 0 km
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Grado, Monfalcone, San Giovanni di Duino(Stivan), Borgo Grotta Gigante, Trieste, Miramare: 106 km
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Miramare, Faro della Vittoria, Prosecco, Santa Croce, Aurisina, Sistiana, San Giovanni di Duino, Monfalcone, Redipuglia, Alture di Polazzo: 55 km
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Doberdò, Monte San Michele, Gradisca d'Isonzo, Gorizia: 45 km
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Gorizia, Oslavia, Cormons, Udine, San Daniele del Friuli, Pordenone, Conegliano, Nervesa della Battaglia, Montebelluna, Asolo: 210 km
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Asolo, Bassano del Grappa, Cima Grappa, Padova: 137 km
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Padova, Bologna, Cesena, Città di Castello, Perugia, Orte, Roma: 561 km.
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Conclusioni.
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Prefazione.
In genere non raccontiamo le nostre escursioni in terra d'Italia,
altri lo fanno meglio e più dettagliatamente di noi e spesso ci siamo trovati
a giovarci delle loro esperienze e per questo li ringraziamo. Questa volta abbiamo
deciso di fare la classica eccezione per confermare la regola. Due motivi principali
ci hanno spinto a fare questa scelta. Il primo è quello di contribuire a sanare
la carenza in fatto di resoconti di viaggio che riguardino il Friuli Venezia
Giulia. Questa regione sembra essere ignorata dal movimento camperistico sia
ufficiale e organizzato, che libero. Anche la stampa di settore dedica sporadici
spazi all'argomento con rara frequenza. Nelle nostre ricerche abbiamo trovato
solo tre resoconti ambientati in questi luoghi e tutti di passaggio verso Slovenia
e Croazia. Il secondo è che abbiamo notato come spesso vengano riportate visite
a luoghi importati della seconda guerra mondiale, noi stessi l'abbiamo fatto.
Per esempio la Normandia e le spiagge dello sbarco sono tappe quasi sempre presenti
nei diari di viaggio in Francia. A quasi cento anni dalla Grande Guerra non
troviamo citazioni per il Colle di Sant'Elia, il Monte San Michele, il Sacrario
di Oslavia, il Monte Grappa o il Pasubio. In tutti questi luoghi per quattro
anni la gioventù europea si è confrontata eroicamente in quella che è stata
l'ultima guerra combattuta dagli uomini. Abbiamo allora deciso di seguire un
percorso di visita che si sviluppasse in massima parte nelle due province più
piccole d'Italia, Trieste e Gorizia, sulle tracce della cultura friulana e della
storia contemporanea nazionale con la visita di quei luoghi in cui per la conquista
o la difesa di pochi chilometri di terra perirono decine di migliaia di giovani
Italiani, Austriaci, Sloveni, Croati, Boemi, Moravi, Ungheresi e Albanesi.
Mercoledì 28 agosto 2002.
Riusciamo a partire con il nostro solito cronico ritardo rispetto
a quanto stabilito. La giornata piuttosto perturbata dal punto di vista meteorologico
in un certo senso ci aiuta mantenendo sempre una temperatura fresca. Ci fermiamo
per il pranzo nell'area di servizio Lucignano Est, assolutamente inadatta, piccola
e angusta. Il traffico scarso e regolare in mattinata, si intensifica notevolemente
a Firenze Sud, da dove inziamo a seguire un lungo incolonnamento, con soste
ad elastico, che prosegue, con alterne vicende, fino oltre Bologna. Imboccata
la A13 verso Padova, cominciano a comparire con insistenza veicoli con targhe
dell'est europeo, anche ukraine e russe. Sulla tangenziale di Mestre nuovo colossale
rallentamento, ma ce lo aspettavamo. Gli sproloqui dei camionisti ci tengono
allegramente compagnia attraverso il baracchino. Ripresa la A4 verso Trieste,
usciamo al casello di Palmanova e raggiungiamo l'area attrezzata del parcheggio
di via Grandi di Aquileia alle 21.00.
Sommario
delle tappe.
Giovedì 29 agosto 2002.
Stanotte ha piovuto a più riprese anche con forte intensità. Ci
siamo addormentati in tre equipaggi e stamattina siamo una quindicina.
Siamo in uno dei siti archeologici più importanti d'Italia che vanta una continuità
di ritrovamenti che abbraccia oltre un millennio. Aquileia fu fondata dai romani
nel 181 A.C. e presto la sua felice posizione geografica la fece diventare la
quarta città d'Italia, crocevia verso Roma della via dell'ambra, proveniente
dal Baltico, e la via verso i Balcani. Aquileia inoltre possedeva un animato
porto, costruito sul fiume Natissa, i cui resti sono chiaramente visibili effettuando
una passeggiata che dalla Basilica porta al Museo Paleocristiano. La città.
Magistralmente fortificata resistette alle invasioni barbariche fino a cedere
agli Unni di Attila che la distrusse quasi completamente. L'autorità religiosa,
il vescovo metropolitano, nel VI secolo si trasferì allora a Grado per essere
protetto dall'autorità bizantina. I Longobardi elessero un nuovo patriarca ad
Aquileia e uno di questi, Popone, nell'XI secolo fece erigere la Basilica demolendo
la precedente. Nel 1420 Aquileia e il suo patriarcato passarono ai venziani
e da essi agli austriaci fino al 1918. Iniziamo la nostra visita proprio dalla
Basilica, alla quale arriviamo percorrendo Viale Patriarca Popone, con la magnifica
vista del Campanile, alto 73 metri che dal 1031 è un preciso punto di riferimento
per tutto il circondario, preso a prototipo per la costruzione di quasi tutti
quelli friulani ed istriani. La prima basilica fu eretta nel 313 sotto il vescovo
Teodoro e si trovava ad un livello di un metro più basso della attuale. Della
prima basilica rimangono ampie parti del mosaico pavimentale, un gioiello artistico
imperdibile. Tutto l'interno della basilica affascina per la bellezza ma altri
tesori sono le cripte, particolarmente la Cripta degli Affreschi, in grado di
lasciare qualsiasi visitatore a bocca aperta.
Usciti dalla basilica ci portiamo nel Battistero ad essa prospiciente, dalla
guida apprendiamo che questo, di forma ottagonale, conteneva una fonte battesimale
di forma esagonale, che sostutuiva un'eccezione in quanto all'epoca della sua
costruzione tutte le fonti avevano forma ottagonale e solo nel Patriarcato di
Aquileia tali vasche avevano sei lati in quanto le tre digonali che congiungono
gli angoli dell'esagono formano una figura di una I che interseca una X le lettere
iniziali di Iesus Xristos.Lasciato il Battistero aggiriamo il corpo della basilica
e, passando alle spalle del cimitero dei Caduti, andiamo a percorre la Via Sacra,
lungo il fiume Natissa, che ci consente di attraversare la zona archeologica
dell'antico porto romano. Passiamo poi ad ammirare le rovine del Foro, stupendamente
illuminate dalla rossiccia luce del sole calante. Cercando l'anfiteratro, arriviamo
fino al Sepolcreto Romano, la necropoli di Aquileia fino allo sbocciare del
cristianesimo. Torniamo al camper attraversando la Piazza San Giovanni ove troviamo
una fontana con dell'acqua freschissima. Alla sera, dopo aver cenato presso
l'agriturismo La Pergola, dall'altra parte della strada rispetto all'area di
sosta, giusto qualche decina di metri verso Grado, torniamo in piazza della
Basilica per ammirare tutto in notturna.
Sommario
delle tappe.
Venerdì 30 agosto 2002.
Ci spostiamo a Grado, in parte per piacere, in parte per lavoro.
La zona ufficiale riservata ai camper è sull'isola della Schiusa che si raggiunge,
provenendo da Aquileia, girando a sinistra la primo semaforo incontrato entrando
in città dopo aver superato il ponte girevole. Si può parcheggiare lungo le
sponde dell'isola e il rifornimento d'acqua è possibile sul lungomare di fianco
allo stadio di calcio. Noi ci portiamo invece nella zona degli impianti sportivi,
presso il palazzetto dello sport nei pressi del quale esiste il parcheggio Città
Giardino molto ampio e capiente, non utilizzabile il sabato mattina fino alle
15.00, per la presenza del mercato. L'accesso ai parcheggi della spiaggia è
ammesso a pagamento solo nelle ore diurne e consente di parcheggiare all'ombra
degli alberi e di fruire della spiaggia attrezzata anche con docce e bagni.
Il nome Grado sembra provenire da gradus, i gradoni che dalle banchine del porto
romano scendevano al pelo dell'acqua. Grado, infatti, fu il grande porto marittimo
di Aquileia e si sostuitì ad essa, come importanza, dopo le invasioni barbariche
che la risparmiarono in virtù della sua posizione imprendibile per popoli ignoranti
di navigazione. Il trasferimento del patriarcato la fece assurgere a regina
della lagune venete e quando lo perdette in favore di Venezia iniziò la sua
decadenza. Nuovo splendore Grado lo ebbe sotto l'impero asburgico, insieme a
tutte spiagge dell'Adriatico, come sede estiva di cortigiani e nobili che traevano
benefici effetti sulla propria salute dalla permanenza nelle proprie ville.
Veramente eccezionale il centro, con la cattedrale di Sant'Eufemia ed il Lapidario
romano. Altro gioiello il Battistero, poco lontano, circondato da sarcofagi
di epoca romana. In Piazza della Vittoria si possono agevolmetne ammirare i
resti della fondamenta e del mosaico pavimentale di una basilica paleocristiana.
Oggi quasi tutto il flusso turistico è basato sulle attrattive delle spiagge
e del mare e delle proverbiali sabbiature. Le gelaterie offrono ottimi gelati
e la sera tutto si anima fino a tarda ora senza schiamazzi e grida ma in un'atmosfera
di serenità e tranquillità.
Sommario
delle tappe.
Sabato 31 agosto 2002.
Bagni e sport per tutta la giornata.
Sommario
delle tappe.
Domenica 1 settembre 2002.
Lasciato Grado, percorrendo la litoranea, che aggira la laguna,
dopo aver superato il Tagliamento, presto arriviamo a Monfalcone, sede di grandi
cantieri navali ove vengono costruite le maggiori navi da crociera dei nostri
giorni. Senza
la pressione del traffico dei giorni lavorativi ci muoviamo agevolmente e troviamo
facilmente il modo di prendere la N14 che, in poci chilometri, ci porta a San
Giovanni di Duino(Stivan). E' questa una frazione del comune di Duino(Devin)
e luogo delle risorgive del Timavo, fiume che sorge in Slovenia e scorre verso
Trieste fino ad inabissarsi nella grotte di San Canziano, sempre in Slovenia.
Lungo il suo percorso sotto l'altopiano carsico, raggiunge anche una quota di
ben 18 metri sotto il livello del mare, per poi riaffiorare in questo luogo
a pochi chilometri dal mare. Quasi tutte le risorgive sono liberamente visitabili,
le tre principali sono prossime ad un ampio parcheggio sterrato immerso nel
bosco, mentre alcune sono captate per rifornire l'acquedotto cittadino di Trieste.
Lo spettacolo è suggestivo, vedere l'intero fiume, con le sue acque cristalline
e verdi per il riflesso della vegetazione, che esce dalla roccia è veramente
impressionante. Ripresa la litoranea abbiamo qualche difficoltà a trovare la
giusta deviazione verso Borgo Grotta Gigante, anche a causa della segnaletica
bilingue, ma, anche saltando qualche incrocio, le distanze tra i vari centri
sono così piccole che è facile recuperare. Comunque, superato Duino, raggiungiamo
Sistiana e qui seguiamo le indicazioni per Aurisina(Nabrezina) inoltrandoci
nel Carso presto troviamo le indicazioni per Sgonico e la Grotta. Poco prima
dell'ingresso troviamo un comodo parcheggio, privo di divieti, ma non motlo
ampio e abbastanza isolato alla chiusura dell'impianto. Questa grotta, scoperta
nella ricerca del percorso sotterraneo del Timavo, fu esplorata per la prima
volta nel 1840 e si trova nella contrada Borgo Grotta Gigante del comune di
Sgonico. Aperta al pubblico dal 1908 è, dal 1995, inserita nel Guiness dei Primati
quale grotta attrezzata turisticamente più grande del mondo. La caverna principale
è alta 107 metri, lunga 280 e larga 65, e potrebbe contenere la Basilica di
San Pietro. Notevoli sono le formazioni di stalattiti e stalagmiti al suo interno
come la Grande Colonna o la Palma, alta ben 6 metri. Facciamo i biglietti e,
nell'attesa del turno d'ingresso, visitiamo il piccolo museo geologico ove è
illustrato il processo di formazione della grotta. La visita dura un'ora, quasi
tutta svoltasi su scale, prima per scendere e poi per risalire. Fortunatamente
seguiamo una guida molto ben preparata, disponibile al dialogo con i visitatori,
che ci approfondisce sul luogo il processo formativo e l'erosione del Carso.
All'uscita abbiamo un discreto appetito, la risalita è stata faticosa. Ci fermiamo
a mangiare presso il chiosco con panini farciti di formaggio locale e birra.
Lasciato il parcheggio della Grotta, percorriamo parte dell'altopiano carsico,
quindi scendiamo a Trieste con una panoramica strada a tornanti, che ci scopre
stupendi panorami sul golfo e la costa Istriana. Passati davanti all'Università,
arriviamo fino a Piazza della Libertà, di fronte alla Stazione Centrale, da
dove iniziamo a percorrere via Cavour per raggiungere il centro e percorrere
le varie Rive, III Novembre, Mandracchio, Nazario Sauro, lungo il mare. Superato
il porto turistico, imbocchiamo il Passaggio di Sant'Andrea e, dopo l'uscita
della soprelevata, via dei Campi Elisi. Seguiamo poi le indicazioni reperite
sul sito Camper Live (http://digilander.libero.it/phil50/camper/live/) e raggiungiamo
l'area attrezzata. La disposizione non pare molto invitante, oltretutto, essendo
oggi domenica, è anche incustodita. Ci risulta comunque funzionale, con il camper
service all'esterno dell'area di parcheggio, il cui accesso avviene attraverso
l'attivazione di una barra automatica di chiusura, ed un sicuro punto di riferimento
per una sosta prima di sconfinare in Slovenia e Croazia. Trieste, a nostro avviso,
ha perso buona parte di quella connotazione mitteleuropea che tutte le guide
le attribuiscono. Ci siamo capitati di domenica pomeriggio e, nonostante lo
scarso traffico, troviamo disordine diffuso e in poco di incuria. L'area attrezzata,
segnalata ad ogni ingresso della città, è poco invitante disposta come è proprio
sotto le rampe della soprelevata e molto lontana dal centro. Noi, come detto,
la troviamo deserta, ma, nei giorni feriali, è custodita dai volontari del camper
club cittadino. I parcheggi del lungomare e del centro sono a pagamento dalle
8.00 alle 20.00, dal lunedì al venerdì, vediamo camper parcheggiati ovunque
per cui, tornati sui nostri passi, lasciamo il nostro di fronte all'edificio
della Pescheria Grande, in ristrutturazione, alle spalle dell'Acquario. Ci avviamo
sotto un sole caldo e una bora fresca a visitare il molo Audace, già San Carlo,
così ribattezzato in quanto ad esso attraccò l'Audace prima nave italiana a
raggiungere Trieste il 3 novembre 1918. Poco più in là troviamo il Canale Grande,
antico porto veliero ove i mercantili approdavano e scaricavano le merci nei
magazzini limitrofi. Oggi vi sono innumerevoli e variopinte barchette di pescatori
all'attracco. Percorrendo una delle sue sponde, ci avviamo al Teatro Romano,
ove si tengono spettacoli legati al programma di manifestazioni culturali estive.
Andando avanti ammiriamo dal basso la romanica chiesa di San Silvestro, la quale
sembra fare la guardia alla barocca Santa Maria Maggiore. Facciamo un pensierino
a raggiungere il colle di San Giusto a piedi, ma la stanchezza comincia a farsi
sentire, per cui optiamo per un tentativo in camper. Percorriamo qualche vicolo
interno e sfociamo rapidamente nella grande Piazza dell'Unità d'Italia, ai cui
lati sorgono i bellissimi palazzi sede della Regione Fiuli, del Comune e del
Lloyd Triestino. Ritornati al camper ci avviamo al colle di San Giusto arrampicandoci
per vicoli tortuosi resi maggiormente stretti da un'initerrotta coda di auto
parcheggiate che ci fanno presagire un infausto epilogo. Il presagio si materializza
una volta giunti in cima ove troviamo il piccolo parcheggio, molto panoramico,
occupato dai pulmann e dalle vetture che non lasciano quasi spazio a nessuna
manovra. Durante i mesi estivi si tengono qui manifestazioni culturali e questo
è il motivo di tanto afflusso di persone. Siamo costretti a ridiscendere senza
possibilità di fermarci. I sensi unici e l'errata interpretazione di qualche
segnale ci portano alla periferia sbagliata della città, tornati sui nostri
passi, dalla Stazione Centrale, imbocchiamo il lungomare diretti al castello
di Miramare. Si stà facendo tardi ed è l'ora classica del rientro, una fila
interminabile di auto percorre la nostra stessa strada in senso contrario a
passo d'uomo. Fortunatamente, lungo la via di accesso al castello, troviamo
posto nello slargo appena dopo l'Ostello e prima del tratto con parcheggio a
pagamento. Purtroppo siamo giunti in ora di chiusura. Chiediamo gli orari per
l'indomani e se è possibile pernottare ove siamo in quanto tornare all'area
attrezzata, posta alla periferia opposta della città, ci costerbbe sicuramente
più di un'ora di coda. A sera ci godiamo la vista della città illuminata e del
suo golfo spazzato dai fasci di luce del Faro della Vittoria, che segnala la
posizione del porto alle diverse grosse navi ancorate in rada.
Sommario
delle tappe.
Lunedì 2 settembre 2002.
Nonostante i timori serali di essere finiti in una specie di Piazza
Scopetta, la notte è passata assolutamente tranquilla, in compagnia di altri
equipaggi che ci hanno affiancato durante la notte, come ci aveva anticipato
la custode del parco interpellata ieri sera. La visita di tutto il parco, bosco
e giardini, è gratuita mentre l'interno dell'edificio, ed eventualmente il parcheggio
nelle vicinanze dell'ingresso, sono a pagamento. Il
castello (http://www.castello-miramare.it/), costruito per l'arciduca Ferdinando
Massimiliano d'Asburgo, fratello dell'imperatore e comandante della flotta militare
imperiale, sorge sul promontorio di Grignano, alla periferia occidentale della
città. E' molto scenografico, da diversi punti di vista, e ricorda esteriormente
quello di Hluboka nad Vltavou nella Repubblica Ceca. Gli interni sono arredati
completamente in legno, compresi pavementi e soffitti, rispettando rigorosamente
uno stile marinaresco a cui il principe teneva molto. Nel bosco si aggirano
numerose specie di scoiattoli e nel laghetto troviamo cigni e papere in quantità.
I giardini sono completamente fioriti e ornano una immensa terrazza che porta
ad un belvedere sul mare limpido e cristallino e che costituisce una riserva
marina. Alla caffetteria interna al parco, un pezzo di pizza, che a Roma pagheremmo
non più di 25 centesimi, viene venduto a 4 euro più 1 euro per il servizio al
tavolo. Passeggiamo per tre ore nel parco e nel castello, scattiamo una buona
quantità di foto e a mezzodì partiamo. Torniamo verso Trieste per salire al
Faro della Vittoria ma saltiamo l'incrocio e finiamo per tornare alla Stazione
Centrale. Percorriamo la circolatoria di Piazza della Libertà e torniamo testardamente
indietro. Al semaforo del centro velico abbiamo il tempo di fare il punto e
voltiamo a destra, ci troviamo di fronte una via stretta e con pendenza notevole.
Innestiamo la primina e via. Troviamo posto nel piccolo parcheggio proprio sotto
il faro da cui si gode una vista stupenda sul golfo. Pensiamo di poter visitare
anche il faro ma non è possibile in quanto zona militare, peccato, chissà cosa
si sarebbe visto dalla sua sommità. Riprendiamo il nostro cammino percorrendo
la Via del Friuli, che corre a metà costone tra la litoranea e la sommità dell'altopiano
carsico. La guida ci impegna molto in quanto è un susseguirsi di curve, ma i
panorami sono da favola. Raggiunto il Carso, arriviamo a Prosecco ove riprendiamo
la strada fatta all'andata passando per Santa Croce, Aurisina, Sistiana, San
Giovanni di Duino e, infine, Monfalcone. Arriviamo al parcheggio dell'ospedale
che sono le 13.30 e l'appetito ci suggerisce una sosta strategica. Ci rechiamo
alla panineria Take Away, sull'altro lato della strada, ove ci facciamo fare
tre grossi panuozzi gragnanesi farciti. Ripartiamo alle 14.30 e in quindici
minuti raggiungiamo l'immenso parcheggio del Sacrario di Redipuglia. In questo
luogo riposano le spoglie di centomila giovani soldati di cui sessantamila ignoti,
raccolte dai numerosi cimiteri sorti al termine della guerra nei luoghi di battaglia.
Il
Sacrario è appoggiato sul versante occidentale del Colle Sei Busi che, pur non
essendo molto alto, concede dalla sua sommità la panoramica vista di buona parte
della valle dell'Isonzo fino alle pendici del Carso e per questo di importanza
strategica sulla direttrice che va da Gorizia a Trieste. Esso è il più grande
e importante dei Sacrari Militari Italiani, la sua costruzione risale al 1938,
su progetto dell'architetto G. Greppi. Dal parcheggio, passiamo dinanzi al Museo
della Grande Guerra, attraversiamo la strada e raggiungiamo il Sacrario superando
la catena dell'ancora della Torpediniera Grado. Giunti sul piazzale leggiamo
una ad una le lapidi che riportano i nomi delle più sanguinose battaglie della
guerra e che formano la cosiddetta Via Eroica. Arriviamo quindi alla tomba di
Emanuele Filiberto di Savoia, Duca d'Aosta e Comandante della Terza Armata,
dietro la quale troviamo anche le tombe di cinque suoi Generali. Cominciamo
poi a salire l'imponente scalinata dei centomila caduti, formata da 22 gradoni,
nella quale sono riposte le urne con i resti dei militari, disposte in ordine
alfabetico da sinistra verso destra. Cerchiamo soldati con i nostri cognomi
e con quelli dei nostri genitori, difficile non trovarne. Giunti sulla sommità
rendiamo omaggio alle due tombe comuni, ciascuna con i resti di 30.000 caduti
ignoti, ai cui lati sorgono le tombe dei marinai e dei finanzieri. Ancora più
in alto si trovano le tre croci di bronzo raffiguranti il calvario. Sulla spianata
sommitale del colle, in parte riservata a parcheggio, per chi non potesse effettuare
tutta la salita, un frammento di colonna romana, proveniente dagli scavi di
Aquileia, celebra la memoria dei caduti di tutte le guerre. Più in là si trova
l'Osservatorio, composto da una torre circolare sul cui parapetto sono riportate
indicazioni che consentono di individuare le località in cui si svolsero le
battaglie più importanti: Monte Nero, Monte Sabotino, Dosso Faiti, Monte Santo
e Monte San Michele. In due aule sono poi disposte foto, ricordi ed effetti
personali di alcuni dei soldati presenti nel Sacrario. In una sono anche custodite
le urne di soldati ignoti caduti nella campagna di Russia della Seconda Guerra
Mondiale. Ridiscesi a valle per la stessa strada, ci rechiamo a visitare il
Colle S. Elia, che sorge di fronte al Sei Busi e primitiva sede del Cimitero
degli Invitti, composto da ben trentamila tombe, da cui è nata l'idea del Sacrario.
Molti soldati morirono per la conquista di quest'altura e oggi riposano nel
Sacrario, mentre qui è stato organizzato un Parco dei Ricordi. Sulla cima troviamo
ancora le trincee e le postazioni per i cannoni e le mitraglie. Passiamo poi
a visitare il Museo della Grande Guerra ove si trova la ricostruzione di una
trincea completamente attrezzata e dove leggendo delle varie fasi della guerra
apprendiamo che l'Esercito Italiano fu impiegato anche su fronti esteri particolaramente
in Francia con il II Corpo d'Armata che combattè valorosamente a Bligny ed allo
Chemin des Dames. Alle 17.40 ci spostiamo poco più avanti, presso l'APT di Fogliano
Redipuglia, situata di fronte alla stazione ferroviaria il cui parcheggio, anche
se lungostrada, è privo di qualsiasi divieto al pernottamento, contrariamente
a quelli immensi e deserti del Sacrario. Chiediamo per un campeggio e ci viene
indicato l'agriturismo Parco Rurale Alture di Polazzo (http://www.parcorurale.com/).
Le indicazioni sono abbastanza precise e, superato l'abitato di Fogliano, alle
porte di Sagrado, sottopassiamo la ferrovia seguendo le indicazioni di Castelvecchio.
Dopo circa un chilometro, siamo di nuovo sul Carso e pecorriamo un lungo tratto
di strada nell'assoluta solitudine fino a trovare le indicazioni per Doberdò
del Lago e dell'agriturismo. Ci registriamo e ci sistemiamo agevolmente. Bisogna
tenere presente che la struttura non possiende né ristorante, né scarico ma
i gestori ci forniscono la cartina con le informazioni per trovare il camper
service di Gradisca d'Isonzo, poco lontano. In questa zona si combatterono le
prime sei battaglie dell'Isonzo e, nel periodo invernale la Pro Loco di Fogliano
Redipuglia organizza escursioni e visite alle trincee di prima linea. Nelle
vicinanze dell'agriturismo si trova la Dolina del 15° Bersaglieri ove riposavano
le spoglie di centinaia di caduti. Siamo a poca distanza dal monte San Mcihele,
uno dei caposaldi per la difesa di Gorizia, per la conquista del quale si svolse
una delle dodici battaglie dell'Isonzo. Immersi nella natura carsica ed esposti
al vento. Dobbiamo annotare che con il nostro piccolo televisore portatile abbiamo
notevoli difficoltà a captare decenti segnali delle televisioni italiane, tra
l'altro le peggiori sono quelle Rai, mentre riusciamo facilmente a sintonizzare
perfettamente stazioni in lingua slovena e Capodistria in lingua italiana.
Sommario
delle tappe.
Martedì 3 settembre 2002.
Una breve passeggiata mattutina fuori dal campeggio ci fa scoprire
uno dei Sentieri della Pace e le fortificazioni italiane presenti nei pressi.
Siamo sulla linea del fronte del 1915, prossimi alla Dolina Venezian, e da queste
postazioni gli italiani lanciarono l'offensiva del Novembre 1915. Partiamo alle
9.15 e, in meno di mezz'ora, passando per San Martino al Carso, arriviamo sulla
sommità del Monte San Michele. Abbiamo
incontrato lungo la strada numerosi cippi e cimeli rievocativi delle gesta e
delle perdite subite dai due eserciti da queste parti. Da notare che tutta la
zona del monte San Michele, dalla cui sommità si domina la valle dell'Isonzo
fino a Gorizia, è stata dichiarata sacra per il significato assunto dalla località
nel corso della prima guerra mondiale. Siamo a 275 metri di altezza, e il monte
è la cima più elevata dell'altipiano, fu conquistato nel 1916 al costo di ben
quindicimila perdite di vite umane, solo da parte italiana. Gabriele D'Annunzio
dedicò a questo monte toccanti versi: "Tragico monte dalle quattro cime, meta
di sei battaglie, tomba di innumeri eroi, monumento della grande Italia". E'
possibile visitare il Museo dei cimeli bellici, che contiene grafici e fotografie
d'epoca. Particolarmente toccante il ricordo dell'attacco a sorpresa ad opera
dell'esercito imperiale, avvenuto il 29 giugno 1916, con gas asfissianti, i
cui sopravvissuti furono finiti a colpi di mazza ferrata. La Grotta con le postazioni
dei cannoni è inaccessibile e un laconico cartello ci informa che la causa è
dovuta ad un non meglio precisato dissesto statico, forse causato dall'impianto
di antenne TV sulla sua volta. In questa zona, sacra per tutti, dove non riuscirono
gli eserciti e il logorìo del tempo, riuscirono le televisioni. Aggiriamo l'ostacolo
percorrendo uno dei sentieri che conducono alla cima e, dietro gli edifici,
troviamo le aperture da cui erano puntati i cannoni, più avanti arriviamo ad
una piccola radura da cui possiamo distintamente vedere i cantieri navali di
Monfalcone e il mare. Seguendo i cartelli saliamo alla Cima Tre, la più alta
del S. Michele, e vi troviamo resti di trincee e camminamenti. Ancora un omaggio
ai vari monumenti e ci rimettiamo in viaggio. Scendiamo per la stessa strada
percorsa ieri sera in quanto gli altri sottopassi della ferrovia sono troppo
bassi per i camper. Raggiunta Sagrado, attraversiamo l'Isonzo e imbocchiamo
Viale Trieste che ci conduce a Gradisca. Tra il supermercato LD e il distributore
Shell, troviamo l'area attrezzata con tre posti e la possibilità di fare carico
e scarico. Ci sistemiamo e approfittiamo per fare camper service e la spesa
in contemporanea. Finite queste operazioni ci avviamo a visitare la cittadina.
Tornati
al camper sufficientemente soddisfatti, per mangiare ci spostiamo nello spiazzo
verde vicino al ponte sull'Isonzo all'inizio di Viale Trieste. Dopo mangiato
ci scappa anche un poco di tintarella e qualche abluzione nelle limpide e fresche
acque del Fiume degli Eroi.Partiamo alle 16.15 e per venti minuti rialiamo la
riva destra del fiume fino ad arrivare a Gorizia ove saliamo subito al castello
nel quale troviamo posto nel piccolo parcheggio alberato all'interno del parco.
Paghiamo il biglietto e visitiamo gli interni in cui è allestita una mostra
sulla cultura celtica. Dai camminamenti sul muro di cinta si distingue distintamente
in lontananza la bianca sagoma del Scarario di Oslavia. Usciti passeggiamo per
il borgo e scampiamo alla rapina del locale bar che ci vuole rifilare un Duetto
Sammontana da 0.80 centesimi riprezzato a 1.30 euro, effetti del ricco, e frescone,
turismo tedesco, dicono. Ridiscesi in città l'attraversiamo tutta per un paio
di volte prima di riuscire a prendere la giusta direzione. Alla fine riusciamo
ad imboccare via XX Settembre al termine della quale, prima di passare il ponte
ci fermiamo per una piccola spesa in un supermercato. Saliamo poi all'Ossario
di Oslavia ma, trovato chiuso e senza parcheggio, torniamo a dormire nel piccolo
parking del Parco Piuma Isonzo prima di ripassre il fiume e rientrare in Gorizia.
Sommario
delle tappe.
Mercoledì 4 settembre 2002.
Nonostante il parcheggio, situato uscendo da Gorizia verso Oslavia
per via XX Settembre, passato il ponte sull'Isonzo a sinistra per 100 metri,
con la pesa pubblica, si trovi a bordo strada, il traffico notturno è stato
praticamente inesistente. Siamo
al limite dell'Isonzo italiano, poco più a monte entra in territorio Sloveno.
Nella breve passeggiata mattutina nel parco, che si stende lungo le sponde del
fiume, incontriamo una nutrita fauna, tra cui alcuni scoiattoli. Partiamo alle
9.30 e, in pochi minuti ci portiamo al Sacrario ove, come detto, non troviamo
parcheggio per cui sistemiamo il mezzo nei pressi dei secchioni dell'immondizia.
Ci avviamo alla visita ma, al cenno di uno dei custodi che Blonde non può entrare,
mestamente torniamo sui nostri passi per lasciarla nel camper e pensiamo a quanti
cani, muli e asini, a quattro zampe, sono morti assieme ai caduti venerati in
questo luogo. Questo sacrario, eretto nel 1938, si trova lungo la strada che
da Gorizia porta a San Floriano arrampicandosi sulle alture del Collio. Qui
riposano 57.200 soldati italiani, di cui 36.440 ignoti e 536 caduti austro ungarici,
provenienti dai molti cimiteri di guerra che si trovavano nel territorio compreso
tra l'Altopiano della Bainsizza ed il Vipacco. La costruzione ha l'aspetto di
una fortezza con torre centrale e torri laterali collegate fra loro da percorsi
sotterranei. Al termine della scalinata di accesso, vicino alla torre sinistra,
si trova la campana "Chiara" che viene fatta suonare tutti i giorni. Oslavia
è passata alla storia come il settore più cruento in cui si confrontarono gli
eserciti contrapposti. Negli ambienti militari di Oslavia si dice "Nessun sito
è tanto caldo come Oslavia", con riferimento all'inferno che le artiglierie
dei due schieramenti scatenavano nella zona. Nella IV battaglia dell'Isonzo,
Oslavia costò ben 113.000 morti all'Esercito Italiano. Nel Novembre 1915 per
venti giorni si susseguirono ininterrotti assalti per la conquista di questo
colle. Solo il 6 Agosto del 1916, gli Italiani occuparono definitivamente l'altura,
a quota 188 ad est del cimitero, e costrinsero gli austriaci a oltrepassare
l'Isonzo nei giorni seguenti. Anche qui non è difficile trovare lapidi con i
propri cognomi. Durante la visita notiamo che alcune di queste, rovinate dall'umidità
risultano prograssivamente illeggibili. Ripartiamo alle 10.45 scendendo ancora
verso Gorizia. Dirigendo poi verso Cormons seguiamo la direzione del Vallone
dell'Acqua al fine di raggiungere il Monte Calvario. Questa è la collina che
si trova sopra il paese di Piedimonte ma l'esercito lo chiamò Podgora, dal nome
del paese sottostante, che significa, in sloveno, Piedimonte. Il Calvario era
la testa di ponte della difesa di Gorizia e fu difeso eroicamente dagli Austriaci.
La conquista avvenne metro per metro con cruenti corpo a corpo per più di un
anno. Il 17 luglio 1915 ebbe inizio la battaglia per la conquista di Gorizia,
a novembre dello stesso anno fu sfondata la linea austriaca del Vallone dell'Acqua
fino ad occupare la quota 240 del Podgora-Calvario ma solo il 7 Agosto del 1916
le brigate Cuneo, Casale e Pavia, riuscirono a sopraffare le posizioni nemiche
sul Calvario e a raggiungere la sponda destra dell'Isonzo. Ci inoltriamo in
un folto bosco seguendo un decrepito cartello giallo. Arriviamo ad un bivio
che ci segnala una strada senza uscita, seguiamo l'altra ma, poco dopo, finiamo
in un vallone pieno di vigneti. Torniamo indietro e ci avventuriamo lungo la
strada senza uscita fino trovarci di fronte uno sbarramento dovuto, forse, ad
una frana. Siamo costretti a fare più di un chilometro in retromarcia tra curve
e arbusti che invadono la carreggiata. Dobbiamo rinunciare al Podgora. Ridiscesi
sulla strada pricipale seguiamo le indicazioni verso Cormons. Raggiunta la periferia
di Udine, percorriamo la tangenziale, parallela all'autostrada, fino ad uscire
verso Spilimbergo. Presto troviamo le indicazioni della Strada dei Castelli
e del Prosciutto che seguiamo fino a raggiungere la periferia di San Daniele
del Friuli. Dato che l'accesso al centro risulta problematico in quanto stanno
smontando i banchi del mercato, appena concluso, e visto che sono le 13.00 optiamo
per una sosta alla Prosciutteria Mangia e Bevi San Daniele (http://www.mangiaebevisandaniele.com)
per il pranzo. Assaggiamo così direttamente sul luogo il delizioso prosciutto
locale e beviamo dell'ottima birra austriaca. Tanto per rimanere in tema, anche
San Daniele
durante la Prima Guerra Mondiale subì gravi danni e perdite umane e dopo la
rotta di Caporetto nel 1917, fu di assoggettata all'Austria fino alla resa.
Alle 14.00 ci spostiamo nella meravigliosa area attrezzata comunale, parcheggiamo
e ci rechiamo a visitare il centro. Il paese sorge su un colle sito in un ansa
del Tagliamento, chiaramente visibile dalla sommità. Riusciamo a salire fino
alla chiesa di San Daniele, proprio alla sommità del paese, e scendendo vediamo
il Duomo, il Municipio, la Loggia e il Campanile. Preso un gelato e fatte alcune
spesucce ci rimettiamo in marcia alle 15.50. Dirigiamo verso Pordenone fino
a raggiungere la N13 che seguiamo superando Sacile e Conegliano. Superato il
Piave a Nervesa della Battaglia, facciamo una piccola sosta dopo vari chilometrri
di coda causa traffico, centri abitati e semafori. Ripreso il viaggio, all'approssimarsi
della sera, cominciamo a cercare un'area dove sostare la notte. A Montebelluna,
ove arriviamo alle 19.00, troviamo il camper service ma i parcheggi limitrofi,
per quanto quasi deserti, sembrano vietati ai camper. Giunti ad Asolo, quando
è già buio e sotto un diluvio, finiamo per arrivare in centro con molti brividi
per le strettoie. Chieste informazioni, scendiamo per un'altra strada e presto
troviamo l'area attrezzata (http://www.asolo.it/turismo/territorio/camper.html)
nel parcheggio P2 vicino la ASL che ci accoglierà per la notte.
Sommario
delle tappe.
Giovedì 5 settembre 2002.
Da Asolo a Bassano del Grappa non impieghiamo più di mezz'ora.
Entrati in città chiediamo ad una pattuglia dei vigili dove trovare Prato Santa
Caterina e senza perdere tempo alle 10.00 siamo sul posto. Oggi
è giorno di mercato e abbiamo la fortuna di trovare un'equipaggio tedesco che
ci cede il posto avendo terminato la sua visita. Dal parcheggio passiamo nel
Parco Ragazzi del 99 per rendere omaggio al monumento omonimo. Ricorda quei
giovani, nati nel 1899, che appena diaciannovenni vennero addestrati in fretta
e spediti al fronte dopo la disfatta di Caporetto e che tanto onore si fecero
specie sul Monte Grappa. Risaliamo la scarpata e raggiungiamo agevolmente il
Brenta ove troviamo il famoso Ponte degli Alpini. Completamente costruito in
legno, la sua prima realizzazione risale al 1569 ad opera di Andrea Palladio
è stato distrutto più volte sia a causa di eventi bellici che delle brentane
le naturali e possenti piene del fiume ed altrettante volte ricostruito. L'ultima
volta la ricostruzione è stata appunto opera degli alpini i quali si sono strettamente
attenuti al primitivo progetto del Palladio. Scattate le foto di rito risaliamo
la sponda fino a Palazzo Sturm, dal cui giardino si gode di una delle più scenografiche
viste del ponte, per poi proseguire verso Piazza della Libertà e Piazza Garibaldi
ove il mercato assedia, ma non oscura, i monumenti che su esse si affacciano
come le chiese di San Giovanni Battista e San Francesco o la Torre Civica. Il
mutare in peggio del tempo ci spinge ad accorciare la visita e a tornare al
camper. Alle 12.10 usciamo da Bassano dirigendo verso Romano d'Ezzelino da dove
iniziamo a salire verso il monte seguendo il percorso della Strada Cadorna,
costruita nel 1916, su idea del generale e che è uno dei principali manufatti
militare dell'area. Questa strada ebbe un'importanza strategica determinante
per l'organizzazione della logistica di difesa di tutto il massiccio del Monte
Grappa. Nonostante il tempo non eccezionale, le nuvole non sono troppo basse
così, man mano che saliamo di quota, si aprono panorami sempre più vasti sulla
pianura solcata dal Piave, dalle alture del Montello e fino al mare. Senza alcuna
difficoltà raggiungiamo i 1776 metri della Cima Grappa ove giungiamo alle 13.15
e parcheggiamo a fianco della Caserma Milano, anch'essa costruita durante la
guerra per ospitare gli operai che costruivano la strada. Dalla caserma era
possibile raggiungere il Tunnel Vittorio Emanuele direttamente da un passaggio
sotterraneo. Il Tunnel, costruito in meno di dieci mesi, nel 1917, su idea del
Colonnello Gavotti, si sviluppa per 5 chilometri nelle viscere della montagna
e consiste di una galleria principale di 1500 metri dalla quale ne dipartono
altre verso le postazioni armate dell'artiglieria e i punti di osservazione.
Per la sua costruzione furono rimossi 40.000 metri cubi di viva roccia e fu
armato ed equipaggiato per consentire la sopravvivenza e il combattimento di
15.000 soldati e 72 cannoni per lungo tempo. La sua efficacia fu determinante
per il successo della seconda e terza battaglia del Grappa. Purtroppo noi lo
troviamo chiuso e siamo impossibilitati a visitarne l'interno. Saliamo allora
alla Casa dell'Armata del Grappa e al Rifugio Bassano ove pranziamo presso il
ristorante. Dopo pranzo, mentre il tempo inizia a migliorare, iniziamo la visita
della cima. Lungo un sentiero troviamo gli sbocchi armati di cannoni della galleria
Vittorio Emanuele. Dopo il disastroso epilogo della dodicesima battaglia dell'Isonzo,
con la disfatta di Caporetto, gli italiani tentarono una prima linea difensiva
sul Tagliamento al fine di consentire di prepararne una più sicura sul Piave.
Una volta riparata la Terza Armata oltre il fiume, quasi al completo come effettivi
ma praticamente priva di armamenti, il massiccio del Grappa divenne la prima
linea di difesa in montagna tra il Piave ed il Brenta, entrambi chiaramente
visibili dalla sommità del monte. La conquista del massiccio avrebbe consentito
agli imperiali di aggirare e annientare la difesa organizzata sul Piave e di
dilagare verso la pianura Padana per questo i soldati italiani dissero di questa
cima 'Monte Grappa tu sei la mia Patria'. Sul Grappa furono combattute tre sanguinose
battaglie.La prima, tra novembre e dicembre 1917, detta di Arresto, consentì
di fermare il dilagare dell'esercito austro ungarico nell'accerchiamento della
ritirata della Terza Armata. A dispetto del numero e della forza degli attacchi,
il nemico fu arrestato e buona parte del merito di ciò và accreditato all'eroismo
dei singoli soldati sul Monte, come al valore del coraggio di quelli sul Piave.
La cosa frustrò psicologicamente il morale dell'esercito austro ungarico che
presto si rese conto di non riuscire a sconfiggere definitvamente gli italiani.
La seconda battaglia, tra giugno e luglio 1918, detta del Solstizio seguì un
inverno difficile per gli italiani i quali, comunque scavarono lo strategico
Tunnel Vittorio Emanuele proprio sotto la vetta del monte. L'offensiva scattò
il 15 giugno improvvisa ma non inaspettata e sul monte gli imperiali si spinsero
fino a Ponte San Lorenzo. Il giorno successivo irruenti contrattacchi riuscirono
a ricacciare il nemico da quasi tutte le postazioni occupate. Sul basamento
della colonna romana a Ponte S. Lorenzo un epigrafe ricorda "Qui giunse il nemico
e fu respinto per sempre il 15 giugno 1918". La terza battaglia, detta Offensiva,
scatta all'alba del 24 giugno per iniziativa italiana. L'attacco ebbe inizio
dopo un pesante tiro di artiglieria e in breve tempo travolse le postazioni
austriache, nonostante le pesanti controffensive mosse il 27 e il 28 ottobre.
Il 29 ottobre, in concomitanza con la grande battaglia offensiva sul Piave,
la 4° armata irrompe sul territorio occupato travolgendo ogni difesa, arrivando
fino alla linea Borgo in Val Sugana e Fiera di Primiero in Val Cismon. Numerose
riconoscenze furono assegnate alla Armata del Grappa: 640 medaglie al valor
militare di cui 486 a soldati di truppa a testimonianza dell'eroismo dei singoli.
Piano piano il tempo migliora e ci si aprono panorami memorabili sulle alpi.
Dalle fortificazioni saliamo al Sacrario Austriaco e di qui all'Osservatorio.
Scendiamo poi per la Via Eroica fino a raggiungere l'ossario che contiene i
resti di oltre 12.000 caduti ed è composto di cinque cerchi concentrici che
scendono lungo il pendio del monte. Tra il 4° e il 5° anello si trova la tomba
del Maresciallo D'Italia Gaetano Giardino, che prima di morire (nel 1935), aveva
espresso il desiderio di essere seppellito tra i suoi soldati della "Armata
del Grappa". Tornati al parcheggio riprendiamo il mezzo e iniziamo una cauta
discesa a valle. Anziché effettuare il medesimo percorso dell'andata, deviamo
per la visita delle Trincee di Col Campeggia, non le troviamo ma lungo la strada
incontriamo un cerbiatto intento a brucare le foglie basse degli arbusti. Arriviamo
a valle alle 18.15 e seguiamo le indicazioni per Padova. Arriviamo all'area
attrezzata in Prato della Valle che sono le 20.00, lungo il percorso abbiamo
incontrato un raffico piuttosto intenso ma senza ingorghi o rallentamenti.
Sommario
delle tappe.
Venerdì 6 settembre 2002.
Partiamo alle 8.00 e rapidamente ci immettiamo sulla A13 diretti
a Bologna. Il tempo rimane perturbato ma non piove e il traffico è scorrevole.
Nella regolarità del viaggio, pianifichiamo di percorrere la E45, anziché la
A1 così, arrivati a Bologna Arcoveggio alle 9.35, deviamo sulla A14 verso Rimini.
Usciamo a Cesena Nord che sono le 11.10 e imbocchiamo la E45 verso Roma. Nel
tratto appenninico ci imbattiamo un vero nubifragio con i Tir che ci sfrecciano
a fianco facendoci tremare e inondandoci di acqua. Ci fermiamo per il pranzo
nell'area attrezzata di Citta di Castello. Ripreso il viaggio alle 16.15, in
poco più di due ore siamo ad Orte, dove saliamo sulla A1. Ancora un'ora di viaggio
regolare e alle 19.30 ci immettiamo sul Grande Raccordo Anulare per giungere
finalmente a casa che sono le 20.00
Sommario
delle tappe.
Conclusioni.
Abbiamo iniziato questo viaggio senza troppa convinzione, non avremmo
mai pensato che alla fine ci avrebbe coinvolto tanto dal punto di vista emotivo.
Il Friuli è una regione che non pensavamo tanto carica di storia, di arte, di
natura e di cultura. Oltre a ciò è assolutamente fruibile dal movimento camperistico.
Abbiamo facilmente trovato sistemazioni legali e comode ad ogni tappa, sempre
avendo a disposizione diverse alternative nelle immediate vicinanze. Mai ci
siamo trovati in difficoltà di movimento, escludendo la serata di Asolo dovuta
all'oscurità e al tempo avverso. Dobbiamo dire che siamo certi di tornarci in
quanto riteniamo di non aver esaurito, a nostro parere, neanche le visite dei
luoghi ove siamo stati e ancora molto altro c'è da vedere.
Sommario
delle tappe.
Viaggio effettuato nel 2002 da Roberto Lumaca.
Potete trovare ulteriori informazioni sulle località toccate da questo itinerario nella sezione METE, e i più recenti aggiornamenti alla situazione delle aree di sosta nella sezione AREE DI SOSTA.
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