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10 Maggio – 12 Luglio 2005 Chi siamo –
l’idea e l’organizzazione del viaggio sono mie e di mia moglie (Alberto e
Cristina, di 65 e 60 anni, residenti a Frascati). A noi si sono uniti un’altra
coppia di camperisti di Frascati, amici di lunga
data, con i quali avevamo già fatto altri viaggi con ottima intesa, e altre due coppie che si sono aggiunte all’ultimo momento. In tutto quattro equipaggi, tutti dotati di mezzi spaziosi e
moderni, due su telaio Iveco Daily,
due su Fiat Ducato, tutti equipaggiati con radio CB. L’itinerario – il
programma prevedeva di entrare in Turchia dalla Grecia, con traghetto Bari – Igoumenitsa. La visita si è svolta a
partire da Istambul e da lì a proseguire in
senso orario verso Ankara, la Cappadocia, l’Anatolia
orientale e poi verso sud, vicino al confine con la Siria e da lì verso ovest,
in un percorso prevalentemente lungo le coste del Mediterraneo e dell’Egeo. In
tutto abbiamo percorso 7300 km (da Igoumenitsa a Igoumenitsa), abbiamo speso poco
meno di 4.000 Euro e abbiamo impiegati 50 giorni in Turchia e di questi abbiamo
pernottato circa il 50% delle volte in campeggi o strutture assimilabili. Il viaggio aveva vari scopi: conoscere la Turchia di oggi, la gente, lo stile di vita; conoscere le bellezze e
le curiosità geografiche del paese; visitare siti di rilevante importanza
storico/architettonica; infine spendere un paio di settimane di vacanze marine
verso la fine del viaggio. Dall’itinerario effettivamente percorso sono assenti luoghi importanti, in particolare Mileto, Didyma, Priene, Pergamo e Troia, località già visitate in
precedente viaggio. Altre località non sono state inserite perché non è
possibile in un solo viaggio visitare proprio tutto e quindi è necessario fare
delle scelte. Per la preparazione del programma e durante il viaggio ci siamo avvalsi di tre guide turistiche: Lonley
Planet edizione in inglese del 2002, guida Routard ed. italiana 2004-2005 e la guida turistica del
Sole 24 Ore, che è certamente la più completa e ben fatta per tutto quello che
riguarda gli aspetti storici, geografici e culturali del paese. Il paese – la
Turchia ci è piaciuta tutta, anche (e forse
soprattutto) quella meno conosciuta. Ci sono piaciuti gli spettacoli della
natura, i monti, le foreste, i canyon, le coste. Ai primi posti in questo
settore metterei la Cappadocia (con le curiose
formazioni rocciose di Göreme e la valle di Ihlara), le coste meridionali
(baia di Ölüdeniz e penisola di Datça),
mentre non ci sono piaciuti Pamukkale, perché le
famose vasche calcaree sono inaridite e non esistono più, e la costa egea, meno bella di quella meridionale e molto, troppo
urbanizzata da costruzioni a vocazione turistica di massa. Per quanto riguarda gli aspetti storico/architetturali,
possiamo dire che sono talmente conosciuti e celebrati in tutte le guide che
noi possiamo aggiungere ben poco. La civiltà europea (e non solo) ha avuto
origine in grossa percentuale da queste parti. Le antiche città dell’Anatolia e dell’Egeo erano potenti ricche e belle e il
loro elenco sarebbe lunghissimo (Troia, Pergamo, Mileto,
Efeso, Sardi, Didyma, Priene...).
Da questo punto di vista, le cose che abbiamo trovato più interessanti sono: il
villaggio-santuario ittita di Yazilicaya (vicino ad Hattuşa), il monte Nemrut Daği con le statue
colossali a 2200 metri di altezza, l’antica città di Termessos,
vicino ad Antalya, ed infine i resti maestosi della
città di Sardi, perché poco conosciuti e frequentati I turchi – la
popolazione, con l’eccezione di chi vive di turismo, è tranquilla, cordiale, molto
ospitale, servizievole (ma non servile) e onesta. Ovunque ci siamo
sentiti sicuri e ben accetti, non siamo mai stati importunati da alcuno.
Solo ad Istambul un nostro amico ha subito il furto
del telefonino, ma questa è cronaca corrente in tutte le grandi città europee.
In ogni caso, in tutte le zone del paese, banche e gioiellerie hanno le porte
aperte e non ci sono vigilantes appostati.
Nelle città e in campagna sono solo poche le case che al piano terreno
hanno le sbarre alle finestre (vedere le case di Roma, tanto per fare un
confronto!). Persino i tassisti sono in maggioranza corretti,
però bisogna chiedere di attivare il tassametro con tariffa diurna. Ad Istambul questo è sempre avvenuto senza doverlo neanche
chiedere. Gli aspetti meno piacevoli che abbiamo notato sono
relativi alla enorme disuguaglianza sociale (i poveri sono molti milioni
e sono molto, molto poveri), alla scarsa attenzione all’igiene dei luoghi, alla
condizione femminile, poiché tradizione e religione obbligano le donne non solo
a coprire il capo con i tradizionali fazzolettoni, ma
a coprire ogni parte del corpo con indumenti pesanti, anche quando devono
lavorare a 40 gradi all’ombra. Questa condizione riguarda di
fatto la totalità della popolazione femminile residente nelle zone agricole
e nei piccoli centri e in misura minore, ma significativa, anche nelle grandi
città. Nelle campagne i lavori manuali sono fatti dalle donne, mentre gli
uomini guidano i trattori o se ne stanno nei bar a prendere il tè. Un altro
aspetto che non abbiamo apprezzato è l’esasperato nazionalismo, che soffoca le
minoranze etniche e religiose con odiose discriminazioni. È addirittura
imbarazzante il numero di bandiere turche esposte in ogni luogo. Le città –
le grandi città turche non sono solo grandi: sono enormi. Le colline intorno a Istambul, per decine di
chilometri su entrambe le sponde del Bosforo, sono coperte da centinaia di
migliaia di palazzoni. L’aspetto di questi quartieri è quello di enormi alveari, aspetto accentuato dal fatto che una
discreta percentuale dei palazzi è disabitata. Alcuni, vecchi di pochi anni,
già cadono in rovina. Nessuno è riuscito a spiegarmi il motivo per cui sono stati costruiti. Lo stesso fenomeno l’abbiamo
osservato in certi insediamenti turistici, dove intere colline con vista su
baie stupende sono coperte da centinaia di villini, tutti uguali, brutti e
disabitati. Normalmente le strade di accesso alle
città sono molto larghe, alberate e molto piacevoli. A volte anche nei centri
storici l’accesso non è complicato e in generale il traffico è nettamente
inferiore a quello delle nostre città, probabilmente, grazie all’eccellente
sistema di trasporto, basato sui dolmuş, sorta
di minibus frequenti ed economici. Le strade sono pulite, anche quelle
secondarie, e questo contrasta con i modesti standard igienici di ristoranti,
campeggi e bagni. Nell’attraversare le città è facile perdersi, per la quasi
completa assenza di segnalazioni stradali. Dai turchi è difficile avere
indicazioni utili, a causa della decisamente modesta
conoscenza di lingue straniere da parte loro e per la nostra ignoranza del
turco. Spesso la vie principali sono interrotte per
lavori e non vi sono indicazioni di sorta per la deviazione da seguire. Ad Antalya abbiamo dovuto pagare un taxi perché ci guidasse fuori
della città, dalla quale non riuscivamo a uscire. Le
città hanno un modesto appeal (a parte Istambul) a causa della povertà dell’architettura ottomana.
Le moschee sono tutte uguali, copie in piccolo della moschea blu di Istambul, a sua volta copia imperfetta
della chiesa di S.Sofia. I resti della parte antica
delle città sono molto pochi, perché andati distrutti dall’uomo o dai terremoti
e comunque trascurati, per cui quasi nulla di notevole
è rimasto ad attrarre i visitatori. Di notevolissimo interesse sono invece i
musei, soprattutto quello della civiltà anatolica di Ankara ed il museo archeologico di Istambul.
Altro luogo di interesse è l’immancabile bazar. Di
tutte le città visitate, quella che possiede il bazar più interessante, genuino
e affascinante è Şanli Urfa,
che offre anche altri motivi di attrazione. Acquisti, ristorazione, prezzi –
la Turchia non è cara, ma vanno evitati i negozi e i ristoranti delle zone
turistiche. Si fanno ottimi acquisti di tessili, scarpe, frutta, carne e molto
altro, e si fanno pasti gustosi ed economici negli
esercizi di cui si servono i turchi. Nei negozi si trova di tutto e nelle
grandi città sono nati centri commerciali anche migliori dei nostri. Nei
piccoli centri bisogna accontentarsi, ma non abbiamo mai avuto difficoltà a
trovare quello di cui abbiamo avuto bisogno. Sono di qualità decisamente
bassa e molto cari i vini, mentre la birra è buona e il prezzo accettabile. Nei
ristoranti bisogna evitare di mangiare il pesce, perché è caro, la scelta è
limitata e non lo sanno cucinare. Questa carenza è
ampiamente compensata dalla buona qualità della carne e dei vegetali. Da
gustare, oltre alle numerose varietà di Kebab, ci
sono le pizze turche, molto gustose e fragranti, i piatti di verdura e i dolci,
di cui i turchi vanno giustamente fieri. Salumi e formaggi sono molto limitati
ed anche lo yogurt è inferiore a quello greco. Le stazioni di servizio sono
frequentissime e moderne, ma il carburante è più caro che in Italia. Banche e
sportelli bancomat sono ovunque. A noi è capitato una volta che lo sportello
bancomat, senza alcun motivo, ha ingoiato la nostra carta, e purtroppo, era domenica, la banca era chiusa. Si consiglia di prelevare
denaro con il bancomat solo durante l’orario di apertura
delle banche. Per chi è interessato, ci sono Internet Caffè
in ogni località turistica, anche piccola. Il servizio fornito è ottimo, il
collegamento velocissimo e i prezzi sono circa un decimo di quelli praticati in
Europa. Attenzione alla configurazione della tastiera (in particolare la i con il puntino è situata al posto della nostra o
accentata). Turismo con i camper – i
turchi, si sa, erano nomadi e per loro l’ospitalità è
sacra. Il camperista in Turchia si sente come a casa:
si può pernottare ovunque, salvo ove non sia palesemente inopportuno, l’acqua
si trova con grande facilità e lo scarico delle
cassette può essere effettuato nelle toilette delle stazioni di servizio. Sono
invece assenti, anche nei campeggi, i pozzetti per lo scarico delle acque
grigie e dei WC nautici. I posti migliori per pernottare durante i
trasferimenti sono le stazioni di servizio, numerose, pulite e con enormi
parcheggi, oppure i ristoranti fuori città che dispongano
di adeguato spazio di parcheggio. Numerosi ristoranti e pensioni, nelle
località turistiche, si fregiano dell’insegna “camping”,
anche se nella maggioranza dei casi si tratta solo di luoghi idonei per
passare una notte. Più difficile pernottare nei parcheggi dei siti
archeologici, poiché spesso sono all’interno dei siti stessi e devono essere lasciati
all’ora di chiusura. Nessun problema per la sicurezza:
la polizia è onnipresente, la gente è tranquilla e ospitale, nessun camperista ha mai riportato episodi spiacevoli e noi ci
siamo sempre sentiti sicuri, anche quando abbiamo pernottato da soli. Fin qui
le note positive, ma purtroppo bisogna segnalare anche
gli aspetti negativi. Cominciamo dai campeggi: ce ne sono molti, ma di campeggi
veri e propri ce n’è veramente pochi. In tutti i casi,
esclusi tre o quattro in tutto il paese, i servizi sono inutilizzabili per
motivi igienici. Quasi sempre risulta un’impresa
difficile riuscire a fare una doccia calda. Inoltre i campeggi stanno chiudendo
uno dopo l’altro per cui capita (a noi è capitato tre
volte) di trovare chiuso un campeggio segnalato dalle guide. I prezzi poi sono decisamente alti in rapporto alla qualità dei servizi
offerti e al costo della vita in Turchia (12/20 Euro la notte, quanto un buon
campeggio in Grecia). Il carburante è molto caro, più che in Italia, e se ne
consuma molto per via delle distanze e a causa delle strade che obbligano a
procedere con le marce basse. L’aspetto più negativo, comunque,
è lo stato delle strade. Sono costruite senza massicciata, per
cui dopo alcuni anni sono inservibili. Abbiamo percorso circa 6.000 km
in Turchia e di questi circa la metà era su strade dal
fondo cattivo, un quarto con fondo pessimo, e un altro quarto era con fondo
impossibile. Avvallamenti, buche, lavori in corso su tutte le
corsie, fondo stradale che quando c’è somiglia ad una grattaformaggio,
ci hanno obbligato a procedere in seconda o terza marcia per migliaia di
chilometri. Un’altro aspetto che scoraggia il
turismo con camper è la scriteriata gestione del turista, sia da parte del
governo che da parte dei privati. In tutti i siti archeologici, anche quelli
più modesti, si deve pagare per il parcheggio (generalmente economico) e per
l’ingresso (generalmente caro). Inoltre in alcuni luoghi (Efeso, Topkapi di Istambul
ed altri), dopo aver sborsato fior di quattrini per l’ingresso, si deve poi
pagare una somma altrettanto elevata per visitare una particolarità dello
stesso sito. Nel caso del Topkapi, ad esempio, si
deve pagare un biglietto extra per visitare l’harem e un altro biglietto extra
per visitare il tesoro. Quello che poi infastidisce al massimo è la voracità
dei privati. Io ho coniato un espressione: in Turchia
del turista non si butta niente. Appena arrivato in un
sito da visitare, il turista viene “lavorato” come in una catena di montaggio:
all’inizio si è circondati da un nugolo di procacciatori che invitano a
parcheggiare nel loro campeggio o pensione o ristorante o parcheggio a
pagamento. Appena scoperta la nazionalità, il turista viene
consegnato ad un personaggio che parla la lingua e che offre vari servizi.
Tutti si dichiarano studenti o funzionari governativi, tutti offrono i loro
servigi a titolo gratuito, tutti ti conducono prima o poi
da un loro zio che immancabilmente fabbrica tappeti che, se proprio vogliamo,
possiamo acquistare a prezzi che sono un terzo di quelli praticati nei negozi. Conclusioni – il
viaggio in Turchia è relativamente poco costoso, ma molto impegnativo per i
molti chilometri da percorrere e per il disastroso stato delle strade, che mette a repentaglio l’integrità del camper. Io sconsiglio
fortemente il viaggio a chi non dispone di almeno 5
settimane di tempo, a chi non è capace di effettuare piccole riparazioni, a chi
non dispone di un mezzo robusto e dotato di WC con cassetta (meglio se con due
cassette) ed infine a chi non parla inglese o tedesco. A tutti costoro consiglio di arrivare in aereo, poi spostarsi con mezzi
pubblici ed eventualmente affittare un’auto per periodi limitati o per tutto il
periodo di permanenza. Per coloro che
invece sono disponibili ad affrontare i disagi di un lungo viaggio posso dire che avranno in premio la possibilità di visitare
paesaggi stupendi ed inconsueti, di incontrare un popolo generoso, di osservare
in molti luoghi uno stile di vita “diverso”, pittoresco, senza tempo, forse in
via di estinzione e di effettuare buoni acquisti e gustare squisite specialità
culinarie (kebab, pizza e dolci) DIARIO
Avvertenza: nel diario che segue abbiamo annotato le
informazioni che possono risultare utili per futuri
viaggi in Turchia. Inoltre ci sono le nostre impressioni dei luoghi visitati e
dei siti ove abbiamo mangiato o pernottato. Per la descrizione dei luoghi da
visitare è bene acquistare una buona guida. 10 maggio – Siamo quattro equipaggi formati da coppie
di pensionati (età 60-69 anni). L’appuntamento è alle quattro di pomeriggio
nell’area di servizio La Macchia, sull’Autostrada del Sole poco prima di Frosinone. Dopo i convenevoli ci mettiamo
in marcia e verso le nove di sera arriviamo a Barletta, ove pernottiamo
in un ottimo parcheggio situato tra il castello ed il porto. 11 maggio – La mattina visitiamo Barletta, che
troviamo bella ed interessante. Con l’occasione acquistiamo mozzarelle e
taralli pugliesi, assicurandoci un vitto fragrante e gustoso per i prossimi due
giorni. Nel tragitto verso il porto di Bari, sostiamo brevemente nei pressi
della splendida cattedrale di Trani. Nel
pomeriggio ci imbarchiamo sul traghetto della Ventouris, che abbiamo prenotato (a prezzi molto
convenienti) con la formula “open deck”. 12 maggio – ore 8.00 arrivo ad Igoumenitsa
e partenza con destinazione Kosani. Abbiamo
impiegato tutta la mattina per arrivare a Iohannina, a causa delle pessime condizioni stradali
e per fare i primi acquisti in Grecia. Il pomeriggio, nonostante un equipaggio
lamenti vari guasti e risenta della stanchezza, riusciamo
ad arrivare a destinazione. Pernottiamo nel parcheggio del supermercato Lidl, pianeggiante, tranquillo ed illuminato. 13 maggio – Si marcia veloci verso Makri, dove pernottiamo al porto, dopo un abbondante
cena a base di pesce. 14 maggio – Tutta la giornata se ne va per
attraversare la frontiera turca (2 ore e 25 Euro di spesa) e per percorrere i
circa 220 km per raggiungere il camping nelle vicinanze di Istambul. Il piano originale era di andare al
camping Londra, reputato migliore dell’altro, ma il capo-colonna sbaglia strada
e, scortati da una pattuglia della polizia che aveva notato le nostre
difficoltà, arriviamo al camping Atakoy, che si
presenta gradevole nell’aspetto, ma orrendo nella
qualità dei servizi, nonché molto caro per quello che offre. Infatti
18 Euro al giorno sono un’enormità per un campeggio che di giorno toglie la
corrente elettrica, non dispone né di bagni né di docce usabili e non ha acqua
potabile. Quella che abbiamo usato per caricare i serbatoi
era salmastra e piena di terra. Purtroppo ce ne siamo accorti in ritardo ed
abbiamo dovuto svuotare e pulire i serbatoi alla prima occasione possibile. Da
altri equipaggi incontrati sappiamo che il camping Londra è altrettanto
orribile e più caro, però meglio collegato a Istambul. Due giorni dopo ci siamo trasferiti in un
tranquillo parcheggio a 100 metri dalla Moschea Blu, pagando 21 Euro al giorno. 15-17 maggio –Abbiamo effettuato
varie visite ed escursioni nella meravigliosa città di Istambul.
Oltre ai soliti siti da visitare, che sono ampiamente descritti in ogni guida
turistica, abbiamo fatto lunghe passeggiate a piedi nella Istambul asiatica e nella Istambul
“moderna”. In queste occasioni abbiamo fatto le prime esperienze di vita turca
vera e l’impressione, globalmente molto positiva, è
quella di un popolo in pieno boom economico e con una gran voglia di modernità.
La maggioranza delle donne non indossa nessun copricapo o velo, si comporta in
modo alquanto indipendente e non sembra subire discriminazioni. Tuttavia
frequentemente si incontrano donne, anche giovani,
intabarrate con un lungo impermeabile e con il fazzolettone
che lascia scoperto solo il pallido ovale del viso. Abbiamo anche visto donne
con il burka, ma queste suppongo
siano profughe afgane. I negozi offrono abbondanza di merce, di buona o ottima qualità e di prezzo conveniente. I mercati rionali
sono puliti e ben forniti. I ristoranti sono di un’incredibile varietà e
offrono cibi gustosi a prezzi decisamente ragionevoli.
L’aspetto negativo è l’inflazione alta che affligge questo paese. Tuttavia i prezzi, nonostante gli aumenti degli ultimi anni, sono
generalmente convenienti, almeno per tutto ciò che non è diretto al turista
occidentale. Particolarmente economici (e numerosissimi) sono i taxi,
corretti nella scelta dei percorsi e nelle tariffe del tassametro. Per quanto
riguarda la sicurezza, c’è da stare attenti (come peraltro in ogni grande città europea) perché nei luoghi frequentati dai
turisti pullulano i borseggiatori. 18 maggio – Dedichiamo la mattina alla visita dei
musei archeologici. Impressionanti i sarcofagi romani e le vestigia di civiltà anatoliche, che poi vedremo nel
museo di Ankara in modo più ampio e completo.Verso
mezzogiorno partiamo in direzione di Ankara. Dopo
circa 400 km di autostrada (bella e supereconomica) ci
fermiamo per la sosta notturna in una meravigliosa stazione di servizio, con
parcheggio alberato e lontano dalla strada. 19 maggio – In mattinata
arriviamo ad Ankara e puntiamo direttamente al Museo delle Civiltà Anatoliche. Riusciamo a parcheggiare tutti nelle immediate
vicinanze del museo, cosicché la visita dura complessivamente circa due ore.
Questo museo, che nel 1997 ha ricevuto un prestigioso
premio internazionale, espone in modo accurato una notevolissima quantità di
reperti di alto interesse artistico e culturale, che illustrano il livello di
civiltà delle varie popolazioni che nel tempo hanno abitato l’Anatolia.
Particolarmente ricca e interessante è la sezione dedicata agli Ittiti,
popolazione indoeuropea che si insediò in Anatolia verso
il 1800 avanti Cristo e scomparve dalla storia, in modo improvviso e
misterioso, verso il 1170 a.c. Dopo la visita decidiamo di lasciare Ankara, non
perché non meritasse una visita più approfondita, ma perché non è facile
districarsi nel traffico caotico e trovare un’adeguata sistemazione per la
notte. Così filiamo via e ci dirigiamo verso Hattuşa,
l’antica capitale degli Ittiti, a circa 200 km da Ankara. Qui, appena arrivati,
siamo presi in consegna da un tizio che in un buon italiano ci dice che lui ha lavorato per anni con Mario, un archeologo
di Milano, e che vuole farci da guida in modo gratuito. Il tizio ci fa entrare
nella zona degli scavi con i camper e in circa un’ora effettuiamo
la visita del sito (molto interessante e suggestivo). Nel corso della visita ci
viene spiegato che il suo villaggio è molto povero e
che la gente del posto non ha lavoro. Dopo questo preamboli
siamo dati in pasto ad un gruppo di ambulanti, veramente malmessi, che ci
impietosiscono e ci vendono una quantità di ricordini in pietra. Dopo la visita
al sito, il tizio non se ne va e pretende di portarci a pernottare in un posto
gratuito. Naturalmente si tratta della locale fabbrica artigianale di tappeti,
ma noi rifiutiamo di fermarci lì e ci dirigiamo con i camper su un prato vicino
all’ingresso del sito archeologico. Qui siamo circondati da mucche, oche e da
un nugolo di bambini carinissimi, che cercano di esercitare su di noi le loro
prime cognizioni di lingua inglese. Tuttavia riusciamo
a pernottare in modo tranquillo. 20 maggio - La mattina presto andiamo al centro del
villaggio per fare la spesa e scopriamo che in questo piccolissimo e
“poverissimo” villaggio ci sono ben quattro supermercati e una banca, le case
sono moderne e ci sono due spazzini che puliscono le strade. Dopo andiamo a visitare Yazilicaya, a 2
km da Hattuşa. Si tratta di uno
stupefacente santuario rupestre ittita, con moltissimi bassorilievi scolpiti
direttamente sulle rocce. Proseguiamo il viaggio e verso sera arriviamo a Göreme, ove sostiamo al Camping Panorama, posto su
una collinetta ai margini della città. Il camping è molto essenziale, però ha
docce con acqua calda, offre una splendida vista sulla città e costo solo 9€. 21 maggio – La mattina affittiamo un pulmino con
autista, che ci porta a visitare i dintorni di Göreme
(Uçhisar, Çavuşin, Ürgüp e Zelve). Il pomeriggio è
dedicato alla pulizia dei camper e delle persone. La sera si cena al Mercan Restaurant (pessima
qualità). 22 maggio – Lasciamo il camping e con i nostri mezzi
andiamo a visitare il Museo all’Aperto di Göreme,
spettacolare e suggestivo: da solo giustifica il
viaggio in Turchia. Nel pomeriggio ci trasferiamo a Kaymakli,
ove visitiamo una delle due più famose città sotterranee. Il sito è
impressionante, ma la visita è faticosa e decisamente
da sconsigliare a chi soffre di claustrofobia o ha problemi a camminare piegato
in due. Poi proseguiamo verso Ihlara, paese
che dà il nome alla valle che visiteremo domani. Per
la notte sostiamo nella piazza principale, di fronte ad un pittoresco
ristorante in riva al fiume, dove però abbiamo
mangiato piuttosto male. 23 maggio – Per la visita ci spostiamo al parcheggio
del secondo punto d’ingresso alla valle. Da lì iniziamo il percorso di circa 6
km, abbastanza faticoso, lungo uno stretto e profondo canyon che offre uno
scenario stupendo. Vale assolutamente la pena di faticare per arrivare fino a Bellisirma, ove ci attendono numerosi ristoranti in
riva al fiume. Con un pulmino torniamo al parcheggio dove abbiamo lasciato i
camper e con questi ci spostiamo a Selime (lato nord
della valle) dove, utilizzando gli stessi biglietti d’ingresso fatti il
mattino, possiamo accedere al complesso monastico
chiamato Kale. Il monastero è stato scavato
all’interno di una montagna e si presenta come un impressionante formicaio, al
cui interno ove possiamo muoverci in tutte le direzioni attraverso passaggi, gallerie
e vari ambienti fino a salire su in alto, dove è
situata la chiesa. Si gode di una vista spettacolare.
La giornata è stata faticosa ma la visita dei luoghi, di impressionante
e suggestiva bellezza, valeva il viaggio in Turchia. Per la sosta notturna c’è
solo l’imbarazzo della scelta e noi scegliamo di
fermarci in un’area picnic bellissima in riva al fiume, vicino Selime. 24 maggio – Trasferimento verso Aksaray
per visitare uno dei caravanserragli della zona. Scegliamo quello di Azgikarahan perché molto
bello e non troppo distante. A questo punto uno degli equipaggi non se la sente
di proseguire ulteriormente verso est e preferisce accorciare il viaggio,
puntando su Konya e sulla costa mediterranea. Dopo i
saluti e gli abbracci ci trasferiamo a Kaysery (l’antica Cesarea), ove giungiamo nel
pomeriggio. Ci fermiamo nell’ampio parcheggio della piazza
principale della città, così possiamo girare per il centro in tutta
comodità. Naturalmente per la notte restiamo nello stesso posto, anche se
prevedibilmente rumoroso per il traffico. La città non offre un granché dal
punto di vista turistico. Abbiamo trovato interessante il bazar, che abbiamo
visitato con una guida “disinteressata”, che come al
solito ci porta al negozio di tappeti dello zio. Nel bazar abbiamo apprezzato
la fusione tra la vecchia e la nuova Turchia in una media città in via di modernizzazione. 25 maggio – giornata di trasferimento verso Kahta.
Per la notte sostiamo presso un distributore di carburante per soli veicoli
pesanti. Ci accolgono con estrema cortesia e ci sentiamo rassicurati dal fatto
che la stazione di servizio è aperta tutta la notte. Appena
parcheggiato il gestore viene a portarci un buon tè. Noi contraccambiamo
offrendo gli ultimi taralli acquistati a Barletta. 26 maggio – arriviamo a Kahta
in tarda mattinata. Per la sosta ci sono due possibilità, entrambe presso
pensioni che hanno adibito il cortile a campeggio. La prima si chiama Zeus, ci
sembra molto curata e chiede 20 YTL per notte. Optiamo
per la seconda, Commagene Hotel, che pur
presentandosi più spartana della prima, ci chiede solo 10 YTL e gode di buone
referenze. La scelta si rivelerà giusta poiché i bagni e le docce sono brutti
ma abbastanza puliti, e poi il gestore organizza anche
le escursioni al Nemrut Daği
con proprio minibus. Il pomeriggio visitiamo la cittadina, che è di uno
squallore e bruttezza ineguagliabili. Tuttavia
facciamo i soliti acquisti di prodotti alimentari, a prezzi veramente
convenienti. Cerchiamo qualche agenzia di viaggi per avere un preventivo per la
visita al Nemrut Daği, ma a Kahta non ci sono più
agenzie. Apparentemente questo luogo, una volta famoso
come punto di partenza per le escursioni al Nemrut Dagi, ora è stato abbandonato dal turismo internazionale,
forse a causa della bruttezza del paese, forse per l’esosità degli operatori
turistici. In parte la nostra impressione è confermata dalla trattativa
intercorsa tra noi ed il proprietario del campeggio, che dapprima ci aveva
offerto la gita di 8 ore a 55 YTL a persona, poi si accontenta di 35 YTL a
persona per un tour completo, che include altre
quattro tappe oltre al Nemrut Dagi,
e include anche i biglietti d’ingresso. Secondo le informazioni in nostro
possesso, non avremmo dovuto pagare più di 15-20 YTL, ma purtroppo a Kahta non c’è più concorrenza. 27 maggio – alle 13 partiamo per la gita al Nemrut Daği. Il tempo non è
un granché, tuttavia c’è alternanza di nuvole e di sole. Come prima tappa visitiamo il Tumulo
di Karakuş, che copre le tombe delle donne
di stirpe regale di Commagene. Dalla cima del tumulo
la vista spazia su tutta la zona circostante. Proseguendo per 10 km si arriva
ad un ponte romano sul fiume Cendere. Il ponte
è impressionante per la sua struttura e lunghezza. Purtroppo anni addietro un autobotte con rimorchio l’ha attraversato, causandone il
crollo. Ora è stato ricostruito, utilizzando ove possibile i pezzi antichi, ma
non è più la stessa cosa. Proseguendo ancora per alcuni chilometri, arriviamo a Eski Kahta, l’antica capitale estiva dei re di Commagene. Anche in questo caso la visita è estremamente interessante e consigliabile a chi dovesse
capitare in questa zona. Oltre ad un panorama stupendo, si possono ammirare
bassorilievi scolpiti direttamente sulla roccia, tunnel scavati nelle viscere
della montagna e statue di guerrieri. Infine ci dirigiamo alla meta più
importante della gita, la cima Nemrut Daği, ove c’è il favoloso Tumulo
di Antioco I, circondato da statue colossali che rappresentano il re e le
cinque divinità con le quali il re si diceva imparentato perché discendente di
Alessandro Magno. La salita fin sulla cima va fatta a piedi per gli ultimi
150-200 metri di dislivello, ma la fatica è ampiamente compensata dallo
spettacolo. Purtroppo, dopo l’alternanza tra sole e nuvole, queste prendono il
sopravvento e c’impediscono di gustare il sito alla luce del tramonto. Siamo
stanchi, la via del ritorno è molto lunga, ma tutti abbiamo
avuto la certezza di aver vissuto un gran giorno della nostra vita. 28 maggio – Partiamo presto da Kahta
e ci dirigiamo a Şanli Urfa, città grande e affollata. Tentiamo senza successo
di parcheggiare al centro, così torniamo verso la periferia, ove abbiamo la
fortuna di trovare posto in un parcheggio dell’azienda elettrica, ormai
semivuoto per il week-end. I guardiani ci consentono
di sostare, anche per la notte, e ci offrono il tè, poi ci indicano
il dolmuş con il quale possiamo raggiungere il
centro in pochi minuti e con pochi spiccioli. Şanli
Urfa è una città interessante sotto molti punti di
vista. Sono ben visibili gli sforzi dell’amministrazione di ammodernare e
abbellire una delle più antiche città del mondo (si dice
che Abramo vi soggiornò a lungo), oggi abitata da popolazione curda e da qualche famiglia di origine araba (siriana). Da visitare i giardini ove sono mantenute centinaia di carpe sacre
in ampie vasche circondate da fiori, le belle moschee, il castello che domina
la città, ma soprattutto il bazar, che da solo vale il viaggio dall’Italia.
Questo bazar, come tutti gli altri, è costituito da una serie di stradine,
ognuna specializzata in qualche genere merceologico. Tuttavia, quello che rende
unico questo bazar è che mentre negli altri le botteghe vendono prodotti che si
possono trovare in qualsiasi negozio, in questo i prodotti, non tutti
ovviamente, sono fabbricati sul posto, con tecniche manuali tramandate da
centinaia di anni. Vi si trovano i fabbri che forgiano
gli attrezzi da lavoro con la fucina, l’incudine e il martello, i falegnami che
costruiscono vari prodotti con la pialla a mano, i calderai che battono le
lastre di rame per ricavarne piatti, vasi ed altro. Da notare, infine, che ci
sono pochissimi turisti e che la stragrande percentuale di acquirenti
sono i contadini dei dintorni che sono scaricati qui dai frequentissimi e
strapieni dolmuş. 29 maggio – Partiamo presto verso Harran,
ove contiamo di arrivare in meno di un’ora. Purtroppo la strada è in
rifacimento, per cui il percorso si rivela un vero
inferno. Per molti chilometri siamo costretti a procedere in seconda o terza
marcia, a non più di 15 km/h. Appena arrivati a
destinazione, siamo messi in lavorazione dai soliti vampiri del posto.
Trattiamo sul prezzo e dalle originali 60 YTL richiesteci arriviamo a 15 YTL
per avere una guida che ci accompagna a visitare i luoghi direttamente con il
camper, evitando in tal modo che i ragazzini del posto, probabilmente istruiti
dagli adulti, danneggino i mezzi lanciando sassi e
pietre, come sperimentato da altri viaggiatori conosciuti durante il viaggio. Harran è un piccolo e antichissimo villaggio, abitato da popolazione
araba, ove si dice siano vissuti e forse nati Abramo,
padre degli israeliani, e Giobbe, quello dall’immensa pazienza. La guida ci fa
visitare quella che si dice sia la fattoria di Giobbe e ci indica
un buco nella roccia con acqua sul fondo, dicendoci che quello era il pozzo di
Giobbe. Oltre al pozzo visitiamo il paese, costituito da case simili ai trulli pugliesi (ma i trulli sono molto più belli). La visita è
complessivamente deludente, le case sono brutte, la gente è esosa e chiede
soldi per ogni cosa, Fatte le solite fotografie, ce ne andiamo
di gran fretta e puntiamo verso il prossimo obiettivo, Birecick,
ove ci è stata segnalata la presenza di un’oasi naturalistica per la
riproduzione degli ibis, uccelli in pericolo di estinzione. L’oasi si trova
sulla sponda sinistra del fiume Eufrate, ma purtroppo il sito è affollato da
gitanti domenicali che si recano lì per il picnic, il parcheggio è angusto e
polveroso e infine gli ibis sono poco visibili perché “sistemati” in capienti
gabbie di legno che non consentono alcuna visuale dal basso. Ancora una volta delusi, ripartiamo per seguire l’autostrada che ci
porterà al mare Mediterraneo. Per la notte ci sistemiamo in un‘area di sosta
lungo l’autostrada. 30 maggio – Giornata infausta. Un componente
del gruppo denuncia una diarrea terribile,che obbliga ad una sosta prolungata. E pensare che il malato, di tutti noi, è quello che non ha toccato
cibo locale, non ha bevuto acqua e che si è tenuto lontano da qualsiasi
possibile contaminazione. Siamo costretti a passare la giornata in
un’area di sosta, dalla quale ci spostiamo per cercarne una più confortevole,
che troviamo nei pressi della città di Tarso (vi nacque S. Paolo). 31 maggio – Il malato si è prontamente ripreso e, pur
debole, è in grado di proseguire il viaggio verso la meta del giorno, Kitzkalesi, non molto distante da Tarso. Kitzkalesi è una piccola stazione balneare, parzialmente
deturpata dai palazzi per accogliere il turismo di massa, che tuttavia è in
posizione piacevole, dotata di spiagge e insenature
molto belle e circondata da antichità notevoli, tra cui spicca il castello
omonimo, situato su un’isoletta di fronte alla cittadina. Ci fermiamo al
campeggio Kervan Mocamp,
molto bello, direttamente sul mare, dotato di strutture di livello quasi europeo.
Piove e passiamo il tempo con il torneo di burraco. 1 giugno – Piove ancora. Gita a Silifke, città situata ai piedi di una catena
montuosa nella quale il fiume (ove morì affogato l’imperatore Barbarossa) ha scavato canyon grandiosi e spettacolari.
Lungo la strada ci sono i resti ben conservati di tombe lidie.
Pranziamo al ristorante del castello di Silifke, da
cui si gode di una vista a 360 gradi sulla città, sul
mare, sul fiume e sui monti. Pomeriggio di pioggia e conseguente prosecuzione
del torneo di burraco. 2 giugno – Siamo pronti per partire alla volta di Anamur, ma il motore di uno dei
nostri camper emette un fumo bianco intenso e persistente e produce un rumore
poco rassicurante. Dopo un rapido consulto, chiediamo al manager
del campeggio di chiamare un’officina meccanica. Egli ci rassicura che provvederà a chiamare un’officina di un suo amico
bravissimo. Nel giro di un’ora arrivano due meccanici che cominciano
immediatamente ad armeggiare intorno al motore. Ogni tanto smontano
un pezzo, poi provano il motore, ma senza successo. Il tutto va avanti
per circa un’ora, nella quale il prato intorno al veicolo si riempie di viti,
bulloni, coperchi ed altri pezzi. Poi i due chiamano ad aiutarli il capo di
un’officina specializzata in pompe d’iniezione. Poco dopo questi
arriva e si mette anche lui a smontare pezzi. Poi si porta via la pompa per un
controllo al banco e a metà pomeriggio arriva il responso
ufficiale: la pompa è a posto e invece è da sostituire la cinghia di
distribuzione. Dopo circa un’ora di attesa, e intanto
si erano fatte le sei del pomeriggio, arriva da Mersin
un meccanico dell’officina Iveco con la cinghia di
ricambio. Altro armeggiare intorno al motore, mentre il prato è ormai
completamente coperto di pezzi e di attrezzi. Il proprietario
del veicolo non dà segni di inquietudine e chiacchiera
amabilmente con noi, mentre la metà dei tedeschi presenti nel campeggio fin
dalla mattina ha circondato i meccanici al lavoro per osservarli all’opera.
Verso le otto attrezziamo un faro per il lavoro notturno. Alle nove il motore viene messo in moto e funziona perfettamente bene. Il
meccanico Iveco si accorge che nelle fasi di accelerazione c’è una fastidiosa fumata nera, problema
già presente prima del guasto e che avevamo notato anche noi. Dopo un quarto
d’ora di lavoro, anche questa fumata nera scompare e il motore gira tondo tondo che è una bellezza. In
dieci minuti vengono rimontati tutti i pezzi e si esce
per una prova su strada. Di ritorno dalla prova i meccanici stringono qualche
vite e presentano il conto al nostro amico. Per tutto l’intervento, compresi i
pezzi, la prova della pompa, il vai e vieni dei
meccanici, la manodopera e quant’altro, viene chiesta
la somma di 500 YTL, corrispondente a circa 300 euro. La serata si conclude con calorosi saluti ai meccanici, che si sono
rivelati competenti, onesti ed estremamente disponibili. 3 giugno – Il mattino gita a Kitzkalesi
per shopping e consultazione di Internet. Il paese,
con il tempo bello, si presenta grazioso, anche se votato al turismo (come
tanti nostri paesi sulle coste italiane). Ci sono moltissimi negozi, ove
acquistiamo maglie e magliette di marca a prezzi davvero invitanti, e un paio
di supermercati che nulla hanno da invidiare ai nostri. Poi entro in un
Internet Caffè, ove scopro che i problemi avuti negli
altri Internet point erano dovuti
al fatto che nelle tastiere turche il tasto i corrisponde alla loro i senza
puntino, mentre la nostra i col puntino sta al posto della nostra ò. Il
collegamento è veloce e in mezz’ora, sorseggiando un ottimo tè, completo il mio
lavoro al costo di mezza lira turca, cioè 30 centesimi
di Euro, cioè un decimo di quanto ho pagato per un analogo servizio in Italia e
in Grecia. La giornata prosegue nell’ozio più completo. Il tempo è bello ed il
campeggio si è rivelato ottimo per la sua bellezza e posizione. 4 giugno – Proseguiamo il viaggio fino ad Anamur. La strada è stretta e con moltissime curve, per cui la media è di circa 20-30 km/h. Circa 6 km prima di Anamur c’è un campeggio (Orman Pullu) molto bello,
adiacente la spiaggia dove le tartarughe vanno a depositare le uova, gestito dal servizio forestale turco. I
prezzi sono bassi (7 YTL), tuttavia preferiamo proseguire verso Anamur, ove effettuiamo una
piacevolissima visita al castello posto sulla riva del mare. Il pomeriggio
proseguiamo e ci fermiamo nell’ampio parcheggio di un ristorante in riva al
mare. La sera ceniamo a base di pesce, spendendo una piccola fortuna e
rimpiangendo la buona cucina italiana. Qui il pesce non viene
cucinato, ma semplicemente bruciacchiato sul braciere ove cuociono i kebab. 5 giugno – Restiamo al parcheggio fino alle 14,30, spendendo la mattinata sulla spiaggia. Il camper
intanto si è infuocato perché nel parcheggio non ci sono alberi. Si prosegue
verso Gazi Paşa,
ove tentiamo di sostare nella bella spiaggia, ampia e circondata da roccioni rossi. Nelle vicinanze c’è anche l’antica città di
Selinous, posta su un’altura che domina la
costa. E’ domenica e la spiaggia è affollata di famiglie turche che prendono il
sole o che fanno il loro bravo picnic all’aria aperta. Inoltre c’è una festa,
una specie di festival con tanto di striscioni, bandiere e canti. Il tutto non
piace ad alcuni nostri compagni di viaggio, che non amano
il contatto con i locali. Con dispiacere torniamo a Gazi
Paşa ove trascorriamo
la notte in un quieto parcheggio. 6 giugno – La mattina arriviamo ad Alanya, città ormai votata al turismo di massa, ove
parcheggiamo al porto e facciamo una piacevole breve passeggiata nel centro
cittadino. Poi si prosegue il viaggio e arriviamo ad Antalya
verso le 17. Con qualche difficoltà troviamo un bellissimo parcheggio alberato
in riva al mare, al costo di 2 YTL. Da lì con un taxi andiamo al porto vecchio
(Yat limani) e visitiamo il
centro storico con la cittadella. Non ci facciamo mancare un ottimo caffè in uno dei bar che si affacciano sul porto e che
offrono una splendida vista sullo stesso. Al ritorno apprendiamo che entro le
21.00 dobbiamo lasciare il parcheggio (sembra per disposizioni delle autorità)
e ci spostiamo al parcheggio di un ipermercato (Migros)
non lontano da lì. 7 giugno – Vogliamo visitare le rovine dell’antica
città di Termessos, a pochi chilometri da Antalya. Troviamo subito la strada giusta, ma purtroppo
dopo poche centinaia di metri la strada è interrotta per lavori. Non ci sono
segnalazioni per la deviazione e seguendo il flusso del traffico ci perdiamo in
un labirinto di strade tutte uguali e senza nome. Chiediamo indicazioni a più
persone ed anche alla polizia, ma nessuno ci sa indicare la strada giusta. Dopo
circa un’ora di giri a vuoto, chiediamo ad un tassì di guidarci (a pagamento)
verso la strada per Termessos. Grazie a questa iniziativa raggiungiamo la nostra meta, situata su un
monte a circa 1200 metri di altezza. La visita del sito è molto emozionante e
questo ci ripaga della fatica. Si procede tra stretti sentieri e ogni tanto
spuntano fuori dalla folta vegetazione i resti
dell’antica città. La cosa più impressionante è il teatro costruito al margine
di un precipizio di qualche centinaio di metri. Il
parcheggio del sito è bello ed ombreggiato, ideale per consumare il pranzo e
riposarci dalle fatiche della visita. Il pomeriggio ci dirigiamo a Çirali, ai margini di una baia incantevole,
delimitata da una parte dalle rovine dell’antica città di Olympos e dall’altra dalle colline di Chimeras, famosa perché dalle rocce fuoriesce un gas che s’incendia a contatto
dell’aria. Pernottiamo in un campeggio di fortuna, carissimo
e brutto, ma in bella posizione, vicino alla spiaggia e alle rovine di Olympos. 8 giugno – La mattina visitiamo i suggestivi
resti di Olympos, immersi in una ricca vegetazione e
dislocati lungo un torrente che scende dalle montagne. In questa località
avviene la separazione di un altro equipaggio. I due erano
poco interessati alle antichità e a questo punto del viaggio decidono di
fermarsi al mare e di proseguire lungo le coste per godersi in libertà le
bellezze marine della Turchia. A questo punto siamo rimasti in due equipaggi e
dopo la visita ad Olympos proseguiamo
verso Kaş. Durante il tragitto sostiamo brevemente a Myra, sede di una splendida
necropoli licia e luogo dove nacque S.Nicola, il santo che diede origine alla leggenda di Babbo
Natale, le cui spoglie furono trafugate e trasportate a Bari ove sono tuttora
conservate nella chiesa a lui dedicata. La strada verso Kaş
è pessima, con alcuni tratti impossibili e con continui lavori in corso. In
Turchia, quando devono rifare una strada, prima la distruggono del tutto, per
decine di chilometri, poi, dopo qualche mese, ci gettano sopra pietre, poi dopo
altri mesi, ricoprono le pietre con asfalto liquido ed ancora dopo qualche
tempo ci versano sopra altre pietre più piccole. Tutto
questo su entrambe le carreggiate contemporaneamente, per cui
non c’è scampo per i veicoli che devono procedere a 5 o 6 km l’ora per non
subire danni gravi. Noi siamo passati dopo la stesura dell’asfalto liquido e ci
siamo trovati con il camper completamente annerito
dagli schizzi di catrame. A Kaş andiamo ad un
campeggio a terrazze sul mare, vicino al paese, con qualche difficoltà per posizionare il camper su una delle piccole piazzole. La sera
visitiamo la cittadina, molto graziosa, frequentata da turisti non frettolosi e
di buon livello. Ci sono molti negozi con prodotti di buona qualità e ottimi
ristoranti, neanche tanto cari. 9 giugno – Gita in barca lungo la
costa frastagliata e ricca di baie e baiette, ove la
barca sosta per consentire di tuffarsi nelle acque cristalline.
Si giunge all’isola di Kekova dove sono
visibili i resti di un antico insediamento lidio,
parzialmente ricoperti dal mare. Il tutto dura otto ore, incluso il pranzo a
bordo. La gita è stata molto bella e faticosa, ma valeva
certamente il prezzo e la fatica. 10 giugno – Lasciamo Kaş
perché il campeggio è disagevole per un prolungato soggiorno marino e perché la
temperatura dell’acqua è piuttosto bassa. Nel primo pomeriggio arriviamo a Fethiye e puntiamo subito alla baia di Ölüdeniz, reputata la più bella della Turchia. In effetti dobbiamo riconoscere che la fama è meritata. Una
lingua di sabbia bianca si protende nel mare, dividendo la baia in due e
producendo uno stupendo effetto cromatico. Le acque sono limpide e riflettono
tutti i colori del cielo, con sfumature che vanno dal verde al turchino, a seconda dell’incidenza della luce e del tipo di fondale.
Nonostante ci avessero detto che in zona non ci sono
campeggi, non abbiamo incontrato difficoltà a trovarne ben due, direttamente
sulla baia e a poche centinaia di metri dal paese. Questo è moderno e pur
interamente dedito al turismo di massa, non manca di una sua bellezza e
piacevolezza. E’ dotato di una zona pedonale piuttosto ampia con decine di
ristoranti per tutti i gusti e tutte le tasche. 11 giugno – La giornata trascorre al mare,
direttamente su quella lingua di sabbia, diventata da qualche tempo un parco
nazionale. Si pagano 2 YTL a persona per entrare e 12 YTL per un ombrellone con
due lettini. Il luogo è frequentato, ma non affollato. E’
pulito, ordinato, ben messo, ci sono docce, bar e ristorante self service. La sabbia è bianca e finissima,
l’acqua non è caldissima, ma davvero limpida e godibile. Insomma
passiamo una giornata al mare in uno dei posti veramente più belli del mondo.
Il pomeriggio tardi ci dedichiamo alla pulitura del camper, con l’intento di
rimuovere con benzina la massa di bitume che si era
depositata lungo i bordi, nei passaruote,
sulle valvole di scarico delle acque chiare e nel tubo di scappamento del
veicolo. Tutte le mattine e le sere dei giorni seguenti saranno dedicate a
questa faticosa operazione. 12 giugno – Cedendo alla richiesta dei nostri
compagni, partiamo da Ölüdeniz per rispettare
rigorosamente il programma di viaggio che avevamo concordato.
In tarda mattinata arriviamo al parco nazionale (Inbükü
Milli Park) al centro della penisola di Datça,
dopo aver percorso strade molto panoramiche ma purtroppo molto
lente per il solito problema del fondo con avvallamenti e lavori in
corso. L’ultimo parte del percorso è costituita da 15
km di strada bianca e polverosa. All’arrivo, troveremo polvere dentro il camper
in ogni possibile angolo e perfino dentro i mobili. Il campeggio Inbükü è posto all’interno del parco,
direttamente sul mare, è molto bello e con molti alberi. Essendo in un
parco nazionale, non è consentito tagliare rami e men che mai tagliare alberi, così il campeggio non dispone
di piazzole vere e proprie e dobbiamo parcheggiare i nostri grossi camper tra
gli alberi. A parte la fatica di farlo, il risultato è una sistemazione
eccellente perché godiamo di ombra in abbondanza,
siamo a pochi passi dalla spiaggia e a breve distanza dai servizi. La spiaggia
è parte di sabbia nera e fine, parte di ciottoli, anch’essi neri. Trattasi
evidentemente di rocce laviche e tutta la zona, qualche milione di anni fa, doveva essere un grande complesso vulcanico. La
baia è bellissima e tranquilla, chiusa quasi da tutti i lati da isole, e
costituisce un luogo di attracco ideale per le
numerose barche da diporto che vi sostano. Il proprietario del campeggio è
molto cordiale ed espansivo e mantiene il sito con notevole cura, cosa
piuttosto rara in Turchia. Il campeggio costa solo 12 YTL al
giorno, ma il ristorante è piuttosto caro, però è situato in posizione
deliziosa in riva al mare. 13 giugno – La mattina ci risvegliamo con la
sensazione di essere in paradiso. E’ nostra intenzione rimanere sul posto per
almeno 6 giorni (come da programma), effettuando anche
qualche escursione verso la punta della penisola. Purtroppo questo piano fallisce miseramente, poiché il nostro compagno di viaggio, dopo il
bagno in mare, è colto da malore improvviso. Il medico
di casa, rintracciato telefonicamente, prescrive medicine che avevamo
fortunatamente con noi. Le medicine hanno un immediato effetto benefico, ma il medico consiglia
di accorciare il viaggio e rientrare in Italia per gli accertamenti del caso.
Considerando tutti gli aspetti della situazione, il nostro amico opta per un rientro con nave da Çeşme
a Brindisi. La prima nave disponibile partirà tra sette giorni, per cui ci sarà tempo per fare ancora qualche visita ai siti
più significativi. Ovviamente noi decidiamo di accompagnarlo fino a Çeşme, poiché in caso di nuovo malore non sarebbe in
grado di proseguire il viaggio. Questa decisione comporta la rinuncia alla
permanenza nella penisola di Datça e la rinuncia a
visitare Mileto, Didyma e Priene, che però noi già conoscevamo. 14 giugno – Il nostro amico sta decisamente
bene. La mattina partiamo alla volta di Aphrodisias, ove giungiamo a metà pomeriggio. Al
prezzo di 6 YTL parcheggiamo nel bel piazzale antistante l’ingresso al sito,
dopo aver accertato che sarà possibile anche pernottarvi. La visita all’antica
città, dedicata al culto di Afrodite, prende il resto
della giornata e parte del mattino successivo. 15 giugno – Prima di pranzo arriviamo
a Pamukkale, il sito le cui foto, con le belle
vasche di travertino, sono su tutti i depliant turistici. Al nostro
arrivo siamo assaliti da un nugolo di procacciatori che ci invitano
a sostare in uno dei numerosi pseudo-campeggi in
paese. Noi scegliamo di scegliere da soli e ci fermiamo in un campeggio
piuttosto assolato, ma di aspetto gradevole e con
un’enorme piscina. La visita alle vasche calcaree è una cocente delusione.
Tutte le vasche dei depliant sono asciutte e il bel colore bianco si è
trasformato in un triste grigio marrone per la polvere e l’inquinamento. L’acqua
scorre unicamente in alcune orribili vasche quadrate di cemento, dove i turisti
possono anche bagnarsi. Inoltre per la visita al sito è necessario togliersi le
scarpe e camminare a piedi nudi sulla roccia calcarea, cosa né agevole né
piacevole. Avevamo letto del degrado, dovuto alla selvaggia cementificazione
della zona con alberghi e ristoranti che succhiano
acqua per le proprie piscine, ma mai avremmo immaginato che la situazione fosse
giunta a tale livello. Gli unici turisti rimasti sono centinaia di russi
trasportati lì in autobus. Di tedeschi, francesi, italiani e così via non c’è
traccia e questo è il motivo per cui alberghi e
ristoranti sono vuoti e i pochissimi turisti come noi sono assaliti dai
procacciatori. Non torneremo mai più a Pamukkale e sconsigliamo chiunque di andarci perché non è solo una
perdita di tempo, ma un motivo di tristezza infinita. La natura ha impiegato
milioni di anni per costruire quello che uomini
assetati di guadagno hanno distrutto in un decennio. 16 giugno – In poche ore raggiungiamo la prossima
meta: Efeso. Per la sosta optiamo per un
campeggio a Selçuk, il Garden Camping, vicino
alla famosa moschea Isa Bey e ai margini della bella cittadina. Il proprietario
del camping ci viene incontro e ci accoglie con molta cordialità. Parla
perfettamente l’italiano e in pochi minuti ci racconta la storia della sua
vita. Le sue parole sono come un fiume in piena, ci fa l’elenco delle persone
che conosce in Italia, ci descrive la sua casa a Sirmione,
ci parla delle quattro figlie, di cui due vivono in Italia, ci descrive le sue
varie attività economiche. Con qualche difficoltà riusciamo a farlo tacere e
finalmente possiamo concordare la tariffa e possiamo
parcheggiare. Il posto è piacevole, silenzioso e decentemente pulito. Il pomeriggio
conosciamo l’Imam della vicina moschea, che ce la fa
visitare tutta, compresi gli interni in restauro. Poi
si va in paese per una sessione di shopping, durante la quale approfitto per farmi pulire le scarpe da uno sciuscià (in Turchia sono tuttora numerosi). Confesso
che mi sentivo imbarazzato per un servizio che in Italia consideriamo
umiliante, ma poi mi son detto che quell’uomo aveva bisogno di lavorare per portare i soldi a
casa, e questo non è umiliante. Debbo dire che il
servizio è stato eccellente e le scarpe sono tornate come nuove. 17 giugno – Con un taxi prenotato la sera prima ci
facciamo portare all’ingresso alto di Efeso alle 8.30, prima che comincino ad arrivare gli
autobus con i gruppi di turisti. Noi conoscevamo Efeso per esserci stati molti anni prima, ma la visita è egualmente piacevole per la
tranquillità e la frescura dovute all’ora. Dalla nostra precedente visita
ricordavamo quasi tutto (ben poco è cambiato), ma la
visione della biblioteca di Celso è uno spettacolo che si può gustare varie
volte nella vita. Prima di pranzo torniamo al campeggio a piedi, percorrendo in
un’ora il bel viale alberato che unisce Efeso a Selçuk.
Dopo pranzo partiamo alla volta di Çeşme,
dove il nostro amico acquista i biglietti della nave. Çeşme è una graziosa cittadina di mare, dominata da un
castello genovese. Il porto è più piccolo di come lo si
poteva immaginare sulla base dei numerosi traghetti che vi fanno scalo. Da lì
partiamo alla ricerca del campeggio Vecamp, che dispone di una grande piscina termale a ridosso della
spiaggia. Dopo lungo girovagare per strade strette e tortuose, finalmente
arriviamo a destinazione ma ad attenderci c’è una
brutta sorpresa: il campeggio è chiuso ed è in corso la trasformazione a Club
discoteca. Per fortuna un giovanotto che parla perfettamente il tedesco, e che
sembra il capo cantiere, acconsente a farci sostare per la notte, fornendoci
anche l’energia elettrica. Splendida ospitalità turca! Il campeggio era davvero
bello ed è un peccato che sia stato chiuso, come molti
altri in Turchia. 18 giugno – Ci trasferiamo al
campeggio Tursite, situato in riva al mare dalla
parte opposta della costa, a circa 8 km da Çeşme.
Il campeggio è poco ombreggiato, molto semplice e tuttavia molto
piacevole. E’ possibile camminare lungo la spiaggia di sabbia bianca e
ciottoli, è possibile fare il bagno nelle limpide e fredde acque della baia e
la sera non ci sono insetti, per cui è possibile fare
lunghe partite a carte all’aperto. Resteremo in questo campeggio fino al 21
giugno, dopo aver accompagnato il nostro amico al traghetto. 21 giugno – Partiamo da Çeşme
per dirigerci verso Sardi. Nel percorso, per un errore di navigazione,
lasciamo l’autostrada ed entriamo in Izmir
(l’antica Smirne). La città si presenta splendidamente, con un bellissimo ed
ordinato lungomare, ma purtroppo non ci sono indicazioni stradali di alcun tipo, per cui ci perdiamo al suo interno e con
molta difficoltà siamo riusciti a tornare sul lungomare. Da qui facciamo a
ritroso il percorso fino all’ingresso dell’autostrada con lo scopo raggiungere
e visitare Sardi, l’antica capitale della Lidia,
ove regnò quel Creso le cui ricchezze erano tali per cui nacque il detto:
“Essere ricchi come Creso”. A Sardi furono battute le prime monete d’oro e
argento, e questo era dovuto ai giacimenti auriferi
che fecero la fortuna della città, la cui ricchezza si evince anche dalla
qualità e quantità dei reperti archeologici. Sardi è
molto bella, quasi come Efeso, ma è poco conosciuta e assolutamente trascurata
dal turismo organizzato. Raccomandiamo una visita a chi si trovasse
a passare in Turchia. Dopo Sardi ci dirigiamo verso Foça
(l’antica Focea). La penisola di Foça
è molto bella e frastagliata, però le numerose e bellissime baie sono poco
accessibili per via dell’intensa attività edilizia, che ha riempito ogni
possibile accesso al mare con villette, ristoranti e
stabilimenti balneari. Percorriamo molti chilometri, da Eskifoça verso Yenifoça e
finalmente, prima del tramonto, troviamo un campeggio dall’aspetto
invitante. La tariffa è piuttosto alta, ma riusciamo a pagare meno perché non
ci colleghiamo alla rete elettrica e non usiamo acqua calda. Dopo esserci
sistemati, visitiamo meglio il sito e scopriamo che il campeggio è in fondo ad
una piccola baia al cui centro c’è un enorme allevamento di pesce. L’acqua
della baia è inquinata, di colore grigio opaco e non invita certo ad entrarvi.
Decidiamo di pernottare e di ripartire la mattina successiva. 22 giugno – Da Foça ci
dirigiamo ad Ayvalik, graziosissimo paesino
marino sulla costa dell’Egeo. Dopo una visita al centro e al
mercatino, riprendiamo il viaggio con destinazione Ören,
in cui sappiamo esserci un campeggio molto bello. Dopo
le solite difficoltà dovute all’assenza di segnalazioni stradali, troviamo il
campeggio Altin, che si rivela all’altezza della sua
fama. E’ stato il primo campeggio in Turchia, è molto ampio, ben messo,
con oleandri in fiore e
con molti alberi di alto fusto che, oltre a garantire ombra in abbondanza,
costituiscono il riparo per gli scoiattoli e le numerose specie di uccelli che
hanno scelto quel posto per viverci in pace. La tariffa non è bassissima, ma il
posto è davvero accattivante. La spiaggia è di sabbia bianca e sassi, il mare
limpido ma freddissimo. Nel campeggio troviamo altri equipaggi italiani e
tedeschi, con i quali abbiamo fatto amicizia. Ci fermeremo qualche giorno in
questo campeggio per riposarci prima del rientro a casa. 29 giugno – abbiamo trascorso sette giorni veramente
riposanti nel campeggio Altin. Il tempo è stato
bello, ma nonostante l’alta temperatura dell’aria (30°-32°), l’acqua è rimasta
fredda. Tutti gli equipaggi con cui avevamo fatto
amicizia sono partiti, per cui partiamo anche noi. La nostra destinazione è Çanakkale, ove prenderemo il traghetto per
traversare lo stretto dei Dardanelli. Percorriamo la
strada costiera, a tratti bella e panoramica, passando per Assos
(vista suggestiva) e Troia, che non visitiamo perché
l’ingresso è caro e la visitammo già anni addietro. Per la notte ci fermiamo a Güzelyali, grazioso paesino di villeggiatura a pochi
chilometri da Çanakkale, con belle ville sul mare e un
bel piazzale prospiciente la spiaggia, silenzioso e
defilato, ove sostiamo per la notte. 30 giugno – La mattina passiamo lo stretto dei Dardanelli e risaliamo verso la Grecia. La strada e il
paesaggio sono belli ed ordinati, fino all’incrocio con la statale 110, la quale è afflitta dai soliti lavori in corso. É in fase di
raddoppio, ma le due corsie nuove, sebbene appena finite e mai utilizzate, già
si stanno sgretolando. Dopo la solita assurda trafila alla dogana, entriamo in
Grecia. L’autostrada greca è come un tavolo da biliardo e finalmente le gomme e
le sospensioni del nostro camper possono prendersi un periodo di riposo. Per la
notte ci fermiamo nello stesso posto dove ci fermammo all’andata, cioè al porticciolo di Makri. 1 luglio – Da questo momento in poi il viaggio verso
casa diventa una vacanza nel mare di Grecia e ritengo inutile descriverla
perché non pertinente col resoconto del viaggio in Turchia. Posso solo dire che ci siamo fermati 11 giorni nell’isola di Thassos, dove abbiamo soggiornato piacevolmente nel
campeggio Pefkari. Il posto è pulito, ben tenuto,
ombreggiato e bagnato da acque cristalline e finalmente calde che è stato un
piacere entrarci dentro.
Viaggio effettuato a Maggio-Giugno-Luglio 2005 da Alberto Pietrangeli Potete trovare ulteriori informazioni sulle località toccate da questo itinerario nella sezione METE, e i più recenti aggiornamenti alla situazione delle aree di sosta nella sezione AREE DI SOSTA. |
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